Reati dove le fake news sono solo una delle possibili condotte incriminate
Venendo alla trattazione di quei reati in cui la comunicazione o diffusione di una falsa notizie non costituisce la condotta tipica, ma solo una delle possibili forme di condotte sussumibili nella fattispecie incriminatrice, la prima norma che viene in evidenza รจ sicuramente quella della โdiffamazioneโ.
Art. 595 c.p. (diffamazione)
In materia di โfake newsโ infatti la norma dellโart. 595 c.p. (diffamazione) che punisce โโchiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con piรน persone offende l’altrui reputazioneโโ รจ quella che viene โinvocataโ per prima, in quanto appare evidente che la diffusione di una falsa notizia su una o piรน determinate persone sia potenzialmente idonea a offenderne la reputazione determinando il โdiscreditoโ di essa o di esse allโinterno della cerchia sociale, dellโambiente lavorativo etc..
Lโart. 595 c.p. prevede peraltro una serie di circostanze aggravanti laddove lโoffesa consista โnell’attribuzione di un fatto determinatoโ oppure se sia โrecata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicitร ovvero in atto pubblicoโ ed ancora se โsia recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autoritร costituita in collegioโ.
Deve premettersi che, in questa sede, non si ripercorrerร tutta la sterminata dottrina e giurisprudenza sul delitto di diffamazione (che peraltro non sarebbe nemmeno possibile), ma si prenderanno in esame alcuni argomenti, trattati dalla giurisprudenza che appaiono rilevanti in relazione al fenomeno delle โfake newsโ ed alla loro diffusione a mezzo dei social network e, piรน in generale. a mezzo โinternetโ. Infatti come si vedrร di qui a poco รจ proprio in materia di diffamazione che la giurisprudenza di legittimitร ha enucleato una serie di principi sul concetto di veritร o falsitร della notizia che consentono di circoscrivere e/o comunque di meglio di definire che cosa si intenda per notizia โfalsaโ e quando questa โfalsitร โ rilevi per il diritto penale.
In primo luogo, come giร detto innanzi, il delitto di diffamazione non punisce direttamente la diffusione di false notizie, ben potendo il delitto sussistere anche con la diffusione di notizie โvereโ, con le eccezioni dellโesercizio del diritto di cronaca, critica e satira come configurate dalla giurisprudenza di legittimitร . A tal proposito espressamente l’art.ย 596ย c.p., al comma 1, prevede che lโautore del reato di diffamazione, non possa dimostrare, a sua discolpa, laย veritร ย o laย notorietร ย delย fattoย attribuito alla persona offesa, principio che prevede alcune eccezioni nel caso la persona offesa sia pubblico ufficiale, se risulta aperto un procedimento penale per il fatto considerato diffamatorio ed infine se รจ la stessa persona offesa a chiedere che il giudizio si estenda ad accertare la veritร o la falsitร del fatto ad essa attribuito. In tema di diffamazione a mezzo della divulgazione di notizie vere, la Cassazione, per esempio, ha stabilito che โโla comunicazione contenente i nominativi dei condomini morosi affissa al portone condominiale integra il reato di cui all’art. 595 cod. pen., non sussistendo alcun interesse da parte dei terzi alla conoscenza di tali fatti ancorchรฉ veri.โโ (cfr. Cassazione penale, Sez. feriale, Sentenzaย n. 39986 del 28/08/2014 e nello stesso senso Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 35543 del 26 settembre 2007).
Deve comunque evidenziarsi che, in ogni caso, la condotta della diffamazione per integrare la fattispecie dellโart. 595 c.p. deve essere โillegittimaโ ovvero non deve essere giustificata dall’adempimento di un obbligo giuridico o dall’esercizio di un diritto soggettivo o di unย interesse legittimo, nรฉ, tantomeno, dal consenso della persona che potrebbe risultarne offesa, ma questo non dovrebbe essere un problema per la tematica qui trattata perchรฉ non si vede come la diffusione di una โfake newsโ possa integrare lโesercizio di un diritto o ancor di piรน di un obbligo di legge.
In relazione ad ulteriori scriminanti nel delitto di diffamazione deve evidenziarsi che lโart. 598ย c.p. prevede come causa di esclusione della punibilitร il fatto che le offese siano contenute negliย scrittiย presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi ad un Autoritร giudiziaria o amministrativa, sempre che le โoffeseโ concernano l’oggetto della causa o del ricorso amministrativo, mentre il secondo comma dell’art. 599 c.p., prevede, come causa di esclusione della punibilitร . lโaver commesso il fatto in โstato d’ira determinato da unย fatto ingiusto altrui e subito dopo di essoโ.
Venendo brevemente alla descrizione della struttura del delitto di diffamazione, a differenza del delitto di cui allโart. 594 c.p. (ora depenalizzato) che richiede la persona offesa percepisca direttamente lโinsulto, la condotta incriminata viene messa in atto in โassenzaโ della persona offesa intendendosi con ciรฒ non solo un persona fisicamente non presente nel momento in cui la frase offensiva viene pronunciata ma anche non in grado di percepire lโoffesa (ovvero nel caso in cui la persona offesa sia presente nel luogo e nel momento in cui lโoffesa viene pronunciata ma non la percepisca, per esempio perchรฉ detta a bassa voce oppure in una lingua che non comprende ma che gli altri presenti comprendono) ed รจ proprio tale โassenzaโ, che comporta lโimpossibilitร dellโoffeso di difendersi immediatamente a determinare una maggiore potenzialitร offensiva della diffamazione rispetto alla meraย ingiuriaย e quindi un trattamento sanzionatorio piรน grave ed รจ probabilmente la ragione per cui la diffamazione non รจ stata depenalizzata al pari del reato di ingiuria.
In ordine al concetto di โfatto determinatoโ la dottrina รจ divisa sul suo significato in quanto, secondo parte di essa, che sposa una tesi piรน โrestrittivaโ del concetto, un fatto รจ da definirsi โdeterminatoโ quando esso รจ ben definito nelle sue accezioni temporali, spaziali e di modo, cosรฌ da essere sostanzialmente โirripetibileโ (teoria cd. dell’irripetibilitร ), mentre secondo altra parte della dottrina, per aversi fatto determinato basta che esso non sia espresso in termini โvaghiโ (teoria della concretezza).
Secondo la giurisprudenza, invece, il fatto determinato รจ quello che โ..venga specificato nelle sue linee essenziali, di modo che risulti maggiormente credibile e che le espressioni adoperate evochino alla comprensione del destinatario della comunicazione azioni concrete e dalla chiara valenza negativaโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7599 del 11 giugno 1999), sebbene quando la condotta sia โsufficientemente specificataโ non rileva che vengano precisati il tempo o il luogo dell’azione stessa (Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5667 del 7 maggio 1980), in sostanza per definire il concetto di โfatto determinatoโ la Cassazione fa riferimento alla descrizione di una specifica โazioneโ che si assume avere connotati โinfamantiโ non essendo invece sufficiente โโฆla generica attribuzione di qualitร o di attivitร disonorantiโฆ”. (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10510 del 23 novembre 1981).
Riguardo al bene giuridico tutelato, comโรจ noto, la disposizione trova il proprio fondamento nella necessitร di garantire la reputazione dell’individuo, ovvero l’onore inteso in senso soggettivo, quale considerazione che il mondo esterno ha del soggetto stesso, il bene giuridico oggetto di tutela infatti รจ laย reputazioneย della persona offesa, che puรฒ essere lesa dall’uso di parole aventi appunto contenuto diffamatorio. Deve evidenziarsi che con โreputazioneโ la giurisprudenza intende non la mera considerazione che ciascuno puรฒ avere di sรฉ o il semplice โamor proprioโ ma essa va identificata โโฆ con il senso della dignitร personale in conformitร all’opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storicoโฆโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3247 del 24 marzo 1995).
Ulteriore elemento perchรฉ possa ritenersi integrato il delitto di diffamazione รจ che vi siano almeno due persone, con esclusione dellโagente e della persona offesa,ย in grado di percepire le parole diffamatorie (esclusi il soggetto agente e la persona offesa).
Poichรฉ l’evento tipico del reato di diffamazione รจ rappresentato dalla percezione dell’offesa da parte di due o piรน persone a cui sia rivolta la comunicazione penalmente rilevante, non รจ sufficiente la mera esternazione senza percezione (per es. a persone distratte da altro e non in grado di percepire le frasi).
Occorre altresรฌ evidenziare che, come oramai pacificamente ammesso da dottrina e giurisprudenza, la comunicazione della frase diffamatoria possa essere fatta a piรน persone sia โcontemporaneamenteโ che in momenti successivi tra loro con la conseguenza che il reato si considererร ย consumatoย con la percezione dell’offesa da parte del secondo soggetto a cui sia stata comunicata e questo determinerร sia il luogo che il tempo di consumazione del reato, rilevante soprattutto nelle ipotesi di diffamazione a mezzo dei social network in cui i soggetti che percepiscono la frase diffamatoria possono essere tra loro molto lontano ed apprenderla in tempi ben diversi.
Proprio in relazione alla diffamazione tramite diffusione di affermazioni โvia internetโ la giurisprudenza ha precisato che โโฆla diffamazione, che รจ reato di evento, si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l’espressione ingiuriosa e dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano state immesse sul web, nel momento in cui il collegamento viene attivatoโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 25875 del 25 luglio 2006). In realtร col termine โattivazione del collegamentoโ piรน che alla generica attivazione del collegamento web (mi connetto con il mio router web ma non โnavigoโ ovvero non fruisco dei contenuti tramite lโaccesso ad uno o piรน siti) la sentenza deve essere intesa come accesso allo specifico sito web dove la frase diffamatoria รจ stata pubblicata e ancora piรน nello specifico come โvisualizzazioneโ della frase (in un sito web vi possono essere centinaia anzi migliaia di contenuti e dunque atteso che come si รจ detto il delitto de quo si consuma con la percezione da parte di un secondo soggetto occorre quantomeno la prova della โvisualizzazioneโ del contenuto offensivo).
Sempre la giurisprudenza di legittimitร ha chiarito che โin tema di diffamazione commessa mediante scritti, sussiste il requisito della comunicazione con piรน persone, necessario per integrare il reato, anche quando le espressioni offensive siano comunicate ad una sola persona ma destinate ad essere riferite almeno ad un’altra persona, che ne abbia poi effettiva conoscenzaโโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 31728 del 21 luglio 2004).
Per quanto attiene allโelemento psicologico del delitto sebbene non sia necessario un dolo specifico occorre tuttavia: โโฆnon solo nella consapevolezza di pronunziare o di scrivere una frase lesiva dell’altrui reputazione ma anche nella volontร che la frase denigratoria venga a conoscenza di piรน personeโฆโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 36602 del 13 ottobre 2010).
Come ha chiarito sempre la giurisprudenza poi โโฆnon รจ necessario che la persona cui l’offesa รจ diretta sia nominativamente designata, essendo sufficiente che essa sia indicata in modo tale da poter essere individuata in maniera inequivocaโฆโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3900 del 26 aprile 1993). Questa sentenza viene โparticolarmente utileโ in materia di โfake newsโ diffuse a mezzo social. in quanto, molto spesso, coloro che diffondono tali notizie, contestualmente, โinsultanoโ e โdiffamanoโ chi si oppone alle loro teorie (si pensi in questi giorni agli attacchi dei no-vax contro i virologi ed i medici che sostengono lโimportanza dei vaccini), ma sono convinti di non incorrere nel delitto de quo non nominando espressamente le persone, ma sostituendo i nomi con โnomignoliโ che in realtร non โschermanoโ per nulla lโidentitร del โbersaglioโ delle offese (per esempio un virologo, molto noto alle cronache per aver intrapreso da tempo una battaglia contro le โfake newsโ in campo medico, viene spesso etichettato dai suoi detrattori come โBuBuโ, pensando che mediante lโuso di questo โnomignoloโ vadano esenti da responsabilitร penale, ma รจ evidente che, sulla base del contenuto dei โpostโ รจ perfettamente individuabile lโoggetto delle offese).
Come si รจ giร detto innanzi, in tema di diffamazione, di per sรฉ, la veritร o veridicitร delle frasi proferite non costituisce scriminante, eccezion fatta, come visto, per i casi espressamente previsti dallโart. 596 c. 2 e 3 c.p., in realtร la giurisprudenza, in materia di frasi asseritamente o potenzialmente diffamatorie, quando esse siano inserite nellโambito del cd. diritto di cronaca (e dei collegati diritti di critica e satira) ritiene che la โveritร della notizia espostaโ possa, entro certi limiti, scriminare lโoffesa alla reputazione e mandare indenne da pena lโautore dellโarticolo. Tale indirizzo giurisprudenziale รจ diretta applicazione del principio per cui i giornalisti sono i cd. โcani da guardia della democraziaโ ovvero svolgono un insostituibile ruolo nellโinformare lโopinione pubblica anche di fatti gravi (per es. la condanna per corruzione di un politico, episodi di pedofila ecc.), tanto che deve riconoscersi un vero e proprio โdiritto di cronacaโ, come tale, scriminabile ex art. 51 c.p..
Secondo la giurisprudenza di legittimitร (orientamento ormai costante), ai fini della configurabilitร dellโesercizio del diritto di cronaca (di critica e di satira) come scriminante nel delitto di diffamazione, il contenuto di un articolo o comunque di uno scritto deve rispettare, contestualmente tre principi:
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Il principio della Veritร che trova la sua realizzazione nella piena corrispondenza rigorosa dei fatti accaduti con quelli narrati, secondo il principio della veritร :
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Il principio della Pertinenza ovvero che esista un oggettivo interesse per lโopinione pubblica alla conoscenza dei fatti narrati
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Il principio della Continenza che si realizza con la โcorrettezzaโ e nella โcompostezzaโ del modo con cui i fatti vengono riferiti in modo che vengano evitate gratuite aggressioni all’altrui reputazione.
(ex plurimis Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2113 del 6 marzo 1997).
Tra i tre โenucleatiโ dalla giurisprudenza il principio della โVeritร โ della notizia รจ quello che maggiormente si presenta di immediato interesse per la tematica delle โfake newsโ perchรฉ appare del tutto evidente che le notizie false, violando tale principio, non potranno mai essere scriminate sulla base del diritto di cronaca, eppure il problema non รจ di cosรฌ facile soluzione perchรฉ, come si รจ visto innanzi, che vi sono vari โlivelliโ e โmodiโ di โfalsificazioneโ della realtร e, inoltre, spesso, in materia di โfake newsโ, soprattutto quando esse si innestino in una piรน ampia โnarrazioneโ complottistica, si cerca di affermare che รจ proprio la โfake newsโ ad essere la veritร โ.
Secondo la giurisprudenza per ยซveritร ยป in tema di diffamazione โโฆdeve intendersi la sostanziale corrispondenza (adaequatio) tra fatti come sono accaduti (res gestae) e i fatti come sono narrati (historia rerum gestarum). Solo la veritร come correlazione rigorosa tra il fatto e la notizia soddisfa alle esigenze dell’informazione e riporta l’azione nel campo dell’operativitร dell’art. 51 c.p., rendendo non punibile (nel concorso dei requisiti della pertinenza e della continenza) eventuale lesione della reputazione altrui. Il principio della veritร , quale presupposto dell’esistenza stessa del diritto di cronaca oltrechรฉ del suo legittimo esercizio, comporta, come suo inevitabile corollario, l’obbligo del giornalista, non solo di controllare l’attendibilitร della fonte, ma altresรฌ di accertare la veritร della notizia, talchรฉ solo se tale obbligo sia stato scrupolosamente adempiuto, l’esimente dell’art. 51 c.p. potrร essere utilmente invocataโฆโ (Cfr. Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7632 del 6 luglio 1992).
Come indicato innanzi nella sentenza 7632 del 1992 non basta affermare di aver controllato lโattendibilitร delle fonti per soddisfare il principio di โVeritร โ ma occorrerร accertare la veritร della notizia al di lร della mera fonte, cosicchรฉ lโautore della notizia non potrร invocare a sua scriminante la circostanza che, ad esempio, la notizia sia giร stata riportata da un giornale o diffusa per esempio da uno scienziato (se la notizia riguarda materie scientifiche) o da un economista o da un politico se la notizia riguarda i loro settori di competenza.
Sempre in tema di controllo delle โfontiโ la giurisprudenza ha rimarcato che per ritenere โattendibileโ il soggetto che fornisce una determinata notizia รจ sempre โโฆnecessario accertare l’identitร di tale persona, le funzioni ricoperte, la concreta possibilitร per la stessa di essere a sicura conoscenza dei fattiโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7252 del 24 giugno 1992). Corollario della necessitร di identificazione dellโautore della notizia รจ che non sarร mai invocabile la scriminante del diritto di cronaca quando la fonte resta anonima perchรฉ essa non assicura la reale possibilitร di controllare lโattendibilitร della fonte stessa e la veridicitร della notizia (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 5545 del 12 maggio 1992).
La verifica delle fonti ed il principio di โveritร โ sono un argomento particolarmente importante e delicato quando si parla di โfake news diffuse a mezzo internetโ, perchรฉ il Web รจ un luogo ove si possono trovare le piรน svariate fonti di notizie, ma non tutte hanno la stessa โattendibilitร โ e ciรฒ si vede chiaramente in questi tempi laddove, per esempio, le notizie diffuse dai cd. no-vax vengono accompagnate dalla citazione di โapparentiโ ricerche scientifiche che, invece, ad un attento controllo si rivelano essere mere opinioni personali (sebbene anche di scienziati e medici) del tutto sfornite della benchรฉ minima โricerca scientificaโ a loro conferma. In materia scientifica, infatti, non esiste il cd. โPrincipio di Autoritร โ ovvero lโassunto per cui le affermazioni di un luminare in una data branca scientifica, di un famoso scienziato e finanche di un premio Nobel sol perchรฉ da lui sostenute non debbano essere sottoposte alla cd. โpeer reviewโ ovvero alla procedura di valutazione e di controllo dei dati posti alla base delle affermazioni (di regola la โpeer rewiewโ segue la pubblicazione di un articolo scientifico su una rivista e vedremo che nel mondo delle fake news anche questo sta diventando un problema). Facendo un esempio lโaffermazione fatta in un articolo di giornale che โil dott. Tizio รจ un ignorante perchรฉ รจ a favore dei vaccini ed invece essi causeranno la morte entro due anni della maggioranza delle persone come dice il prof.. Tal dei Tali esimio professore universitario e premio Nobelโ (affermazione purtroppo realmente circolante anche se sembra che il citato Nobel non lโabbia mai detta), non soddisfa il Principio di Veritร perchรฉ infatti la circostanza che un valente scienziato possa affermare che โi vaccini causeranno la morteโ senza alcuna pubblicazione scientifica a sostegno di essa non puรฒ essere di per sรฉ presa come โnotizia attendibile e dunque veraโ e poter scriminare lโeventuale affermazione che un altro scienziato che sostiene il contrario sia โun ignoranteโ.
In relazione alla fonte cd. โautorevoleโ tuttavia la giurisprudenza sembra non aver compreso che la โcompetenzaโ in un dato campo (soprattutto a livello scientifico) persino se riconosciuta a livello internazionale non dovrebbe โdi per sรฉโ esimere da un lato โlโespertoโ dal motivare sulla base di precisi riferimenti scientifici le sue asserzioni e dallโaltro il giornalista che voglia citare, come โfonteโ del suo articolo, le dichiarazioni del suddetto esperto dal โverificareโ lui stesso se esse sono conformi a quanto stabilito dalla comunitร scientifica, soprattutto nel caso in cui esse se ne distacchino profondamente. Infatti la Cassazione, in tema di diffamazione a mezzo stampa, ha ritenuto che โโโฆ integra l’esimente putativa dell’esercizio del diritto di cronaca (art. 51 c.p.) il controllo della notizia attraverso il riferimento a fonti di sicura qualitร ed affidabilitร , che trova attuazione allorchรฉ il giornalista, prima di pubblicare la notizia di un determinato fatto, avente natura di pubblico interesse, provveda ad intervistare in ordine allo stesso un soggetto particolarmente qualificato, in virtรน della qualitร istituzionale rivestita, il quale, nell’esprimere la propria opinione dia implicitamente per pacifico il fatto stesso, in tal caso, sempre secondo la giurisprudenza il riferimento a fonte attendibile ed autorevole rappresenta, infatti, attuazione dell’obbligo di controllo sulla veritร della notizia percepita, quale esigibile dal giornalista, e correlativamente integra, sussistendo gli altri requisiti della pertinenza e della continenza, gli estremi di un incolpevole ed involontario errore percettivo del giornalista sulla corrispondenza al vero del fatto esposto che determina l’esenzione da responsabilitร โโ. (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 37435 del 23 settembre 2004). Il problema (ed il limite) di questo arresto giurisprudenziale รจ proprio nel fatto che per la Suprema Corte sarebbe sufficiente che โlโespertoโ dia โimplicitamente per pacifico il fatto stessoโ, orbene come si รจ detto anche il massimo esperto in un campo scientifico che faccia unโaffermazione (es. โi vaccini causano piรน miocarditi del virus SarsCov2โ) deve fornirne prova ad esempio citando la ricerca che avalla le sue affermazioni (non si puรฒ dire โรจ cosรฌ perchรฉ lo dico io che sono espertoโ) soprattutto quando le ricerche scientifiche reali dicono il contrario. La problematica รจ tuttโaltro che โteoricaโ ed astratta perchรฉ in questo periodo, soprattutto in relazione alla tematica dei vaccini, vi sono numerosi soggetti che hanno anche una loro โautorevolezzaโ, per esempio in campo medico o scientifico, che stanno rilasciando interviste e dichiarazioni tese a โcriminalizzareโ i vaccini e di conseguenza a diffamare coloro che ne sostengono lโutilitร arrivando ad ipotizzare interessi economici occulti o dicendo che chi sostiene i vaccini รจ un incompetente.
Riguardo alle โfonti su internetโ e sul โlivelloโ di controllo su di esse, la giurisprudenza, peraltro, ha giร avuto modo di chiarire come esse non sono tutte uguali. Secondo la Suprema corte infatti โโฆIn tema di diffamazione a mezzo stampa o mediante pubblicazioni di tipo giornalistico “on line”, ai fini della configurabilitร della scriminante putativa del diritto di cronaca o di critica, non รจ sufficiente, ai fini dell’adempimento dell’onere di verifica dei fatti riportati e delle fonti, la consultazione dei piรน noti motori di ricerca e dell’enciclopedia web “Wikipedia”, trattandosi di strumenti inidonei a garantire la necessaria completezza informativaโฆโโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 38896 del 20 settembre 2019).
La verifica della fonti se, come detto, da sola, non esaurisce lโonere di accertare la โveritร o quantomeno la veridicitร dei fatti esposti, sicuramente costituisce un presupposto ineludibile nella valutazione della condotta dellโautore del reato di diffamazione quando la notizia o lo scritto si siano rivelati falsi (nella molteplicitร delle accezioni sin qui viste) e cosรฌ in materia di critica โstoricaโ la giurisprudenza ha affermato che โโฆl’esercizio del diritto di critica storica postula che l’autore utilizzi fonti attendibili e verificabili, segua un percorso logico non pretestuoso e si esprima con termini appropriati e continenti, non assumendo, invece, rilievo in sede penale la completezza delle fonti bibliografiche compulsate, nรฉ la perspicacia dei giudizi formulatiโฆโโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 42755 del 17 ottobre 2019).
Tra le forme di โfalsificazioneโ delle notizie la giurisprudenza ha precisato che vi rientra anche il โmodoโ in cui viene โveicolataโ la notizia specificando che โโฆai fini della sussistenza dei requisiti della scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca, occorre avere riguardo non solo alla veritร del fatto narrato, ma anche alle modalitร con cui la notizia viene offerta (commenti, aggiunte, insinuazioni) dal giornalista, che sono suscettibili di deformare la veritร stessa.โโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10257 del 27 ottobre 1992). Questa sentenza appare estremamente importante per quanto si รจ detto innanzi sulle โfake newsโ che possono consistere nella manipolazione di notizie vere che vengono โdeformateโ a tal punto che, alla fine, il messaggio (falso) che โpassaโ รจ totalmente โdistanteโ dallโinformazione originaria (vera) da cui lโautore รจ partito.
Sempre in materia di โmanipolazioneโ delle notizie e quindi della loro โfalsificazioneโ, premesso che un giornalista o comunque lโautore di uno scritto con cui si vuole diffondere una notizia, puรฒ fare โaccostamentiโ tra diverse notizie vere in un medesimo scritto, tuttavia la loro โcombinazioneโ non deve determinare un risultato ulteriore (diverso, in sostanza, dalla semplice somma delle stesse) che โtrascendaโ la notizia stessa e che, pertanto, si riveli โfalsoโ nella misura in cui si โattribuiscaโ al soggetto un โpensieroโ diverso da quello reale ovvero dia una rappresentazione degli accadimenti diversa da quella realmente verificatasi. Secondo la giurisprudenza quando ciรฒ avviene occorre, pertanto, fare riferimento al risultato che il detto accostamento determina e, qualora esso consista in un mero corollario o dato logico, pur insinuante e suggestivo, l’effetto denigratorio รจ da escludere. Viceversa, ove l’effetto consista in una notizia sostanzialmente nuova, grava sul giornalista l’onere di accertarne la rispondenza al vero. (Fattispecie in cui l’articolo oggetto della contestazione era stato frutto di accostamenti tra alcune affermazioni rese sul blog dalla persona offesa e l’esistenza di criminalitร nella cittร di Brindisi, con l’effetto di aver determinato in concreto l’attribuzione alla P.O. di opinioni e giudizi sui cittadini della cittร di Brindisi che invece non risultava aver espresso) (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 22193 del 8 maggio 2017 e nello stesso senso Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3236 del 24 marzo 1995).
In ordine alla โdeformazione della realtร โ la Cassazione ha affermato, poi, che una notizia โโโฆnon puรฒ ritenersi fedele al requisito della veridicitร dei fatti qualora la ricostruzione degli avvenimenti avvenga in modo da travisare la consecuzione degli stessi, omettendo il riferimento di fatti rilevanti nella proposizione delle notizie e, per contro, proponendone taluni in una luce artificiosamente emblematica, al di lร della loro obiettiva rilevanza, in modo da tentare di indirizzare il giudizio del lettore.โโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 15176 del 23 aprile 2002), ovvero anche lโartificiosa costruzione di una โconsecutioโ degli avvenimenti diversa da quella che รจ stata la reale scansione temporale degli stessi (ed anche lโomissione di alcuni di essi) puรฒ โviolareโ il principio di โveritร โ e quindi integrare il concetto di โfalsitร โ.
Si รจ giร parlato in principio di una notizia falsa perchรฉ corredata di una foto totalmente โsvincolataโ dal contenuto (notizia manipolata) e, proprio in materia di diffamazione la giurisprudenza ha preso in considerazione tale fenomeno per affermare che โโฆnon ricorre l’esimente del diritto di cronaca nel caso in cui si pubblichi una notizia in sรฉ vera, relativa ad un grave fatto di sangue, corredandola della foto di una persona estranea ad esso, in quanto l’ambito di operativitร di detta esimente รจ circoscritto al contenuto dell’articolo ovvero a fatti di cronaca diligentemente e professionalmente valutati nella loro veritร , e non puรฒ certamente estendersi sino ad escludere l’antigiuridicitร del fatto ulteriore consistito nella pubblicazione della foto sbagliata, la cui capacitร lesiva รจ indubbia ed, in quanto tale, idonea ad integrare l’elemento oggettivo del delitto di diffamazioneโฆโย (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 36283 del 14 settembre 2004). Questa sentenza al pari di altre in materia di diffamazione ci consente di approfondire il concetto di โfake newsโ nella giurisprudenza e si puรฒ ritenere estensibile ad altre fattispecie come per esempio quella dellโart. 656 c.p. quando si cerchi di delimitare il concetto di โfalsitร โ della notizia.
Un problema in relazione al delitto di diffamazione e, piรน in generale, a quello delle false notizie si puรฒ porre per il cd. โdiritto di satiraโ, questo perchรฉ nella pratica accade che molte testate online, blog o gruppi sui social dediti sistematicamente alla disinformazione ed al cd. โavvelenamento dei pozziโ se si va a vedere nelle informazioni che forniscono sulla loro attivitร si definiscono spesso โriviste satiricheโ o โgruppi dediti alla satiraโ ma di fatto i messaggi e le notizie da loro diffuse non hanno nessuna โintenzioneโ satirica. In materia la giurisprudenza ha chiarito che โโฆ.In tema di diffamazione a mezzo stampa, l’esimente del diritto di critica nella forma satirica sussiste quando l’autore presenti, in un contesto di leale inverosimiglianza, di sincera non veridicitร finalizzata alla critica e alla dissacrazione di persone di alto rilievo, una situazione e un personaggio trasparentemente inesistenti, senza proporsi alcuna funzione informativa, e non quando si diano informazioni che, ancorchรฉ presentate in veste ironica e scherzosa, si rivelino storicamente falseโฆโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 34129 del 26 luglio 2019). Come si vede i Giudici della Suprema Corte hanno correttamente distinto la โsatiraโ che si ha quando la notizia sia connotata da โleale inverosimiglianzaโ e โsincera non veridicitร โ ovvero sia esposta in modo tale che il messaggio veicolato non possa mai essere โfraintesoโ e ritenuto โveroโ dalla circostanza in cui la notizia presenti una โfunzione informativaโ sebbene in veste scherzosa che non puรฒ essere scriminata come satira se veicola un messaggio falso.
Va detto che non vi sono dubbi, ormai, che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di social network integri un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 c. 3 c.p., in quanto siamo in presenza di un’offesa arrecata “con qualsiasi altro mezzo di pubblicitร ” diverso dalla stampa. Come ha chiarito la Cassazione infatti โโโฆsebbene la condotta in tal modo realizzata sia potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone e tuttavia non puรฒ dirsi posta in essere “col mezzo della stampa”, non essendo i social network destinati ad un’attivitร di informazione professionale diretta al pubblico. Nel caso di specie si trattava di un messaggio โpostatoโ sulla bacheca di “Facebook” (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4873 del 1 febbraio 2017).
Conseguenza del fatto che i social network non sono considerati โstampaโ รจ che la tutela di essi non trova il limite costituzionale dellโart. 21 c. 3 e 4 Cost. sul sequestro della โstampaโ ed infatti come ha chiarito la Cassazione โโฆรจ legittimo il sequestro preventivo di un “blog” che integra un “mezzo di pubblicitร ” diverso dalla stampa, per cui non trova applicazione la normativa di rango costituzionale e di livello ordinario che disciplina l’attivitร di informazione professionale diretta al pubblico, che rimane riservata, invece, alle testate giornalistiche telematicheโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 27675 del 20 giugno 2019).
In ordine alla โconsumazioneโ del delitto di diffamazione su โinternetโ secondo la Cassazione, trattandosi di reato di evento, esso si verifica nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono le espressioni offensive e quindi, โโโฆnel caso in cui frasi o immagini lesive siano state inserite in un messaggio di posta elettronica diretto a piรน destinatari, non รจ sufficiente il mero inserimento nella rete, ma occorre quanto meno la prova dell’effettivo recapito dello stesso, ovvero che il messaggio sia stato “scaricato” mediante trasferimento sul dispositivo del destinatario.โโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 55386 del 11 dicembre 2018). Sempre in relazione allโimmissione di scritti o immagini lesivi dell’altrui reputazione nel sistema โinternetโ, deve evidenziarsi che molto spesso i โserverโ sui quali viene immesso lo scritto lesivo si trovano allโestero. In tal caso la Cassazione applicando sempre il principi per cui il delitto di diffamazione almeno una seconda persona โpercepisce il messaggioโ ha affermato che โโฆqualora l’immissione sia avvenuta all’estero, trova applicazione, ai fini della perseguibilitร del reato in Italia, la regola dettata dall’art. 6, comma secondo, c.p., dovendosi intendere come โeventoโ del reato la percezione del messaggio diffamatorio nel territorio nazionale da parte di una indistinta generalitร di soggetti abilitati ad accedere al sistema โinternetโ, nulla rilevando che tra costoro vi sia o possa esservi lo stesso soggetto diffamatoโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4741 del 27 dicembre 2000).
Deve comunque evidenziarsi che oltre allโorientamento giurisprudenziale secondo cui la competenza per territorio si determina sulla base del luogo dove viene โpercepita lโoffesaโ vi รจ un diverso orientamento secondo il quale โโฆla competenza per territorio, per il reato di diffamazione commesso mediante la diffusione di notizie lesive dell’altrui reputazione allocate in un sito “web”, va determinata in forza del criterio del luogo di domicilio dell’imputato, in applicazione della regola suppletiva stabilita dall’art. 9, comma secondo, c.p.p.โ(Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2739 del 26 gennaio 2011).
Una particolare โformaโ del reato di diffamazione รจ quella relativa alla diffusione di notizie false โin forma dubitativaโ con il chiaro intento di aggirare la norma. In relazione al tali notizie false la giurisprudenza ritiene che โโla pubblicazione di una notizia falsa ancorchรฉ espressa in forma dubitativa, puรฒ ledere l’altrui reputazione allorchรฉ le espressioni utilizzate nel contesto dell’articolo siano ambigue, allusive, insinuanti ovvero suggestionanti, e perciรฒ idonee ad ingenerare nella mente del lettore il convincimento della effettiva rispondenza a veritร dei fatti narrati, con la conseguenza che tale indagine รจ rimessa al giudice di merito e se giustificata da adeguata motivazione รจ incensurabile in sede di legittimitร .โโ (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 45910 del 19 dicembre 2005 e nello stesso senso Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8848 del 5 agosto 1992).
di Stefano Latorre, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sondrio
Tratto da Spunti di riflessione di diritto penale, parte VIII. Leggi le parti I, II, III, IV, V, VI,VII su https://lamagistratura.it/penale-e-sorveglianza/le-fake-news-al-tempo-della-pandemia/
In foto: Sandro Botticelli, La calunnia, Galleria degli Uffizi, Firenze.