Le “Fake News” al tempo della Pandemia

In questo periodo di “Pandemia” si è riproposto, con forza, il tema delle cd. “fake news” e delle conseguenze che esse possono avere sulla società, sulla politica, sull’economia e persino sulla giustizia, anzi si può dire che il fenomeno abbia subito un’improvvisa e violenta accelerazione che ha “trasceso” il semplice fenomeno della divulgazione di una o più notizie false, arrivando a fenomeni di vero e proprio “cyber bullismo di massa” ovvero alla nascita di movimenti di massa, fondati su false credenze, le cui condotte sono talora trascese nella commissione di veri e propri reati (di estrema attualità la “degenerazione” dei cd. movimenti “no-vax” passati da proteste pacifiche e folcloristiche su internet a atti di aggressione e violenza fisica a medici e giornalisti, nonché a veri e propri attentanti come quello incendiario, accaduto a Brescia, in un centro vaccinale.

Per capire l’ampiezza e l’impatto (nonché l’estrema pericolosità) che la divulgazione di false notizie, che un tempo sarebbero state liquidate sbrigativamente come innocue farneticazioni di qualche folle, ha assunto, occorre tornare al 6 gennaio 2021, giorno del cd. “assalto al Campidoglio” quando decine di migliaia di persone, moltissime delle quali armate di pistole ed addirittura di AR-15, ovvero di fucili semiautomatici che altro non sono che la versione “civile” del fucile automatico d’assalto M-16 in uso all’esercito degli Stati Uniti, fecero irruzione all’interno dei palazzi del complesso del Congresso degli Stati Uniti per impedire il completamento del processo elettorale, che prevedeva, quel giorno, la designazione del nuovo Presidente, devastando uffici e mettendo in atto quello che è stato, a ragione, definito un vero tentativo di colpo di Stato ai danni della più grande democrazia del mondo. Orbene moltissimi di quei manifestanti, e probabilmente la maggioranza di essi, era ferma seguace della teoria di Q-Anon ovvero una assurda teoria complottistica che sostiene che nel mondo è in atto una guerra sotterranea contro la “Cabala” ovvero un gruppo di pedofili e cannibali (Sigh!) formato dai democratici statunitensi, dai membri del cd. “star system” (attori, cantanti, ecc.), dalla Corona inglese, dal Vaticano ecc. che vuole schiavizzare il mondo e che (udite, udite!!) rapisce migliaia di bambini che poi incarcera in tunnel giganteschi sotterranei per torturarli ed ottenere “l’adenocromo” ovvero il sangue dei bambini ricco di una sostanza, prodotta dalla loro paura (lo so è difficile anche scriverle simili scempiaggini), che assicurerebbe agli “eletti” lunga vita. In questa guerra i Q-Anon sarebbero i “paladini del bene” (guidati a loro volta da personalità come l’ex Presidente U.S.A. Donald Trump, dal Presidente russo Putin, dal quello ungherese Orbán e da quello brasiliano Bolsonaro) ed infatti durante l’assalto al Campidoglio cercarono, senza successo per fortuna, di “catturare”, per giustiziarli, la “speaker” della Camera la democratica Nancy Pelosi ed altri parlamentari democratici e repubblicani reputati “traditori” e saccheggiarono gli uffici dei parlamentari alla ricerca di prove della loro partecipazione alla “Cabala”. Come si vede di tratta di una teoria assolutamente assurda, farneticante, illogica, ma dalla quale persino l’ex Presidente Trump non volle dissociarsi ed infatti durante un’intervista gli fu chiesto di dissociarsi dai Q-Anon e lui rispose soltanto che secondo lui erano sostanzialmente dei buoni patrioti (“persone che amano il nostro paese”)[ con questo dando implicita forza alle loro assurde teorie cospirazionistiche. Come si vede si tratta di una teoria talmente assurda che se arrivasse, sotto forma di esposto sulla scrivania, di un Pubblico ministero, nel nostro paese, questi, probabilmente, dopo una breve lettura l’iscriverebbe a mod. 45 (atti non costituenti notizia di reato) sotto il titolo di “esposto dal contenuto farneticante” e userebbe il potere di “cestinazione” per chiudere velocemente il fascicoletto. Per completezza di informazione il movimento Q-Anon, sebbene in forme meno violente, sotto forma di varie formazioni diffuse sui social network, esiste purtroppo anche in Italia e per esempio ha sostenuto, tra le altre amenità, che il “Governo Conte” ha usato un satellite militare per truccare le elezioni degli U.S.A. favorendo l’allora candidato Biden ai danni di Donald Trump, quindi probabilmente qualche esposto di tal fatta è effettivamente giunto a qualche Magistrato.

Al di là delle “farneticazioni” contenute in teorie complottistiche come quella di Q-Anon, ciò che è rilevante, al fine della disamina del fenomeno delle “fake news”, è mettere in evidenza che oramai, per effetto delle “forza devastante” che hanno i social network, che sono capaci di creare “connessioni” tra persone che vivono nei 5 continenti dando vita, in tempi brevissimi, ad aggregazioni di decine o centinaia di migliaia di persone, non è più possibile “liquidare” come “insignificanti o farneticanti”, ma sostanzialmente innocue nemmeno le teorie più assurde e paradossali perché si rischiano terribili conseguenze come quelle del citato 6 gennaio, in cui la sottovalutazione dei possibili “Riot” ovvero dei disordini, che sarebbero potuti accadere per effetto della convergenza su Washington di migliaia di fautori di questa assurda teoria basata su “fake news”, ha determinato morti e danneggiamenti e persino il pericolo che la più potente nazione del mondo cadesse vittima di un vero e proprio colpo di Stato.

Venendo all’esame del “fenomeno fake news” cerchiamo di individuare alcune definizioni che meglio aiutino a comprenderlo nella molteplicità delle accezioni in cui esso viene oggi “declinato”, infatti il termine inglese “fake news”, che tradotto letteralmente in italiano ha il significato di notizie false”, indica, in realtà, un fenomeno ben più complesso ed articolato della semplice creazione o diffusione di una notizia falsa (totalmente o anche solo parzialmente), poiché, sotto il suo “mantello”, vengono spesso ricondotti fenomeni diversi sia per genesi, che per modalità di divulgazione, o per le finalità che, attraverso esse, vengono perseguite.

In realtà più che di fake news per descrivere il fenomeno nella sua ampiezza sarebbe opportuno utilizzare i concetti di Infodemia, di disinformazione e di misinformazione.

Per chiarire tali concetti, senza avere la presunzione di fornirne una spiegazione approfondita e dettagliata, viene in aiuto un interessante articolo, recentemente pubblicato, il 20.07.2021, sul sito dell’accademia della Crusca nel quale il linguista Prof. Edoardo Lombardi Vallauri ci fornisce una spiegazione del significato dei termini “disinformazione” e “misinformazione” (traduzione letterale dell’inglese “misinformation”)

Il professore Vallauri osserva che la lingua inglese contemporanea “è bene attrezzata”, con due diverse parole, per designare le informazioni false e descriverne, di conseguenza, il fenomeno, infatti, con disinformation” si riferisce ad una informazione intenzionalmente falsa”, mentre con “misinformation” si riferisce a qualunque informazione errata, si essa creata o trasmessa “intenzionalmente o per mero errore”.

In questa accezione appare evidente che essendo il termine disinformation limitato alle false notizie “volutamente” false la nozione è compresa all’interni del  più ampio concetto di  “misinformation” di cui costituirebbe dunque un “sottoinsieme” e tuttavia dato che disinformation fa riferimento espressamente alle notizie diremmo noi “dolosamente” false, la “disponibilità di tale termine” ha di fatto determinato che il termine “misinformation” venga utilizzato nel significato più restrittivo di “notizia falsa non intenzionale”.

L’autore osserva poi come l’avvento dei social network abbia determinato un profondo mutamento del “rapporto” tra la diffusione di notizie deliberatamente false (disinformazione) e quelle false per errore, accidente o ignoranza (misinformazione) atteso che prima dell’era dei social “la diffusione di informazione su larga scala era prerogativa di entità bene organizzate (giornali, radio, televisioni), che quindi difficilmente potevano dare informazioni false in piena buona fede” e pertanto le notizie false “intenzionali” (disinformation) erano in numero molto superiore a quelle “accidentali” (semplice misinformation). Oggi invece, complici i social network, “”…qualsiasi persona ignara e ignorante ha i mezzi per diffondere qualunque informazione, e quindi, accanto alla mai tramontata malafede, è diventato più frequente che l’ampia diffusione di informazioni errate abbia per causa la semplice ignoranza….””

I fenomeni della disinformazione e della misinformazione sono a loro volta riconducibili a quella che è stata definita la “Infodemia” ovvero: la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili (cit. Treccani).

Deve evidenziarsi, poi, come mentre nella lingua inglese il termine misinformation” ha preceduto nell’uso quello di “disinformation essendo il primo in uso dalla fine del XIV secolo, mentre il secondo solo dal 1955, (verosimilmente tratto dal russo dezinformacija), nella lingua italiana viceversa il termine “disinformazione” esiste almeno dal 1983, mentre quello di “misinformazione” non ha ancora trovato pieno accoglimento tanto che il suo significato non è riportato nei vocabolari. Per questo motivo, come osserva Vallauri nel citato articolo, non esiste in italiano, allo stato, un singolo termine che significhi “informazione falsa non intenzionale” come “misinformation”, così come non c’è neanche un termine che significhi esclusivamente “informazione falsa intenzionale” come invece fa − in opposizione a misinformation − l’inglese disinformation e tuttavia, sebbene a fatica l’utilizzo dei due termini sta “guadagnando terreno”.

Va evidenziato, infine, che l’utilizzo dei due termini ora esaminati, nella loro duplice accezione sia di “dare falsa informazione”, intenzionale o meno, intendendo con ciò l’azione di fare “falsa informazione” (“”questa è informazione falsa”) sia di “dare una falsa informazione”, sempre  intenzionale o meno, (“”questa è una falsa informazione””) e quindi con riferimento al “contenuto” e non “all’azione” sarebbe preferibile rispetto all’uso del termine “fake news” che non consente di cogliere le vari “sfaccettature” del fenomeno della “Infodemia” e tuttavia per migliore

Fatta questa premessa sul fatto che il termine “fake news” appaia inadeguato per ricomprendere tutte le possibili accezioni e “declinazioni” del fenomeno della diffusione di false notizie nel prosieguo si continuerà a parlare di “fake news” per comodità in quanto come detto i concetti innanzi esaminati di disinformazione e misinformazione non sono ancora sufficientemente “assimilati” in relazione al fenomeno in esame.

Cercando di esaminare più nel dettaglio e nelle sue “sfaccettature” il fenomeno delle cd. “fake news” possiamo dire, in prima approssimazione, che, per “fake news”, convenzionalmente, si intendono articoli scientifici, giornalistici, divulgativi o di qualunque altra natura redatti, sia con informazioni del tutto inventate ed ingannevoli, sia con informazioni semplicemente “distorte” (pur partendo da una “base” oggettivamente vera). In realtà, il fenomeno delle “fake news” non è limitato ad “articoli”, ovvero a scritti di una certa consistenza (siano essi giornalistici o scientifici) con cui viene divulgata una certa “notizia”, intesa quale “informazione”, ma, sempre più spesso, al giorno d’oggi, le “fake news” assumono la “forma” di scritti brevissimi, assertivi e privi di ogni supporto logico e motivazionale, veicolati tramite i più vari mezzi di comunicazione, primi tra tutti i social network come Facebook, Twitter, Telegram ecc. (per esempio un “Post” sulla piattaforma Facebook in cui si dice “la scienza conferma che il 5g causa il cancro”). Occorre comunque evidenziare che la diffusione di false notizie per i più vari scopi siano essi leciti (ad esempio per fare della satira) o illeciti (dalle semplici truffe fino all’incitazione alle rivolte di massa) non è fenomeno legato alle nuove tecnologie, anche se da esse ha ricevuto un formidabile impulso alla sua diffusione, impulso che ne ha amplificato a dismisura i possibili effetti soprattutto quelli negativi.

Un po’ di storia (e di letteratura)

Come si è appena detto il fenomeno delle “fake news” non nasce con l’era digitale attuale, ma ha radici radicate nel tempo ed addirittura alcune di esse hanno trovato esaltazione in opere letterarie di prim’ordine.

Un primo esempio “storico” sull’esistenza e sulle conseguenze di “fake news”, ben prima “dell’era internet”, è fornita dall’episodio avvenuto alla Borsa di Londra nel 1814, quando un uomo, vestito da ufficiale, si presentò in una locanda a Dover e dichiarò che Napoleone Bonaparte era stato sconfitto ed era morto. La clamorosa notizia arrivò, opportunamente veicolata tramite dispacci e lettere, velocemente a Londra (ed in particolare fu “fatta arrivare” alle “orecchie” degli operatori di borsa) e, sebbene non vi fosse alcuna certezza della sua veridicità, all’apertura della Borsa valori molti azionisti si precipitarono ad investire in buoni governativi convinti del fatto che Napoleone fosse ormai defunto, lasciando così il trono ai Borbone. Tuttavia molto presto si scoprì che la notizia era falsa ed anzi che era stata frutto di una deliberata truffa elaborata da tale Charles Random de Berenger, probabilmente in complicità con altri soggetti. Infatti nel mentre la notizia “girava” e non era stata ancora smentita alcune persone avevano già venduto i propri titoli governativi realizzando un profitto di più di un milione di sterline (cifra astronomica per l’epoca). Gli autori della truffa furono comunque individuati e condannati. La vicenda rende evidente come una semplice notizia falsa, diffusa tramite una lettera, possa aver causato una confusione tale da mandare in “tilt” la borsa valori inglese che all’epoca era la più importante del mondo.

Altro esempio “storico” di “fake news”, ben più tragico per le sue conseguenze, che ancora oggi allungano la loro sinistra ombra, è la pubblicazione del libello “I Protocolli dei Savi Anziani di Sion”; si tratta (come si rileva dalla enciclopedia Treccani) di uno scritto frutto di una falsificazione propagandistica antisemita, redatta probabilmente dalla polizia segreta russa, apparsa in forma abbreviata nel 1903, e poi integralmente nel 1905, ma diffusasi soprattutto negli anni successivi alla Prima guerra mondiale. Essa consiste nel presunto resoconto di alcune sedute segrete tenute a Basilea al tempo del congresso sionista del 1897, nelle quali sarebbe stato elaborato un piano di dominio mondiale degli Ebrei attraverso l’alta finanza e l’agitazione terrorista. In realtà l’opera, come dimostrato già nel 1921, era in gran parte un riadattamento in chiave antisemita di un libello contro Napoleone III del 1864. Nonostante la comprovata falsità, i “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” sono stati più volte ripubblicati, fino ai giorni nostri, ed hanno continuato a costituire uno dei maggiori strumenti di propaganda antisemita (utilizzati peraltro da nazisti e fascisti per giustificar le persecuzioni contro gli ebrei) tanto che sono tuttora alla base delle più bieche teorie antisemite e posti a fondamento di teorie negazioniste da parte dei ambienti neofascisti e neonazisti. Per capire la gravità e “i danni” che una simile “fake news” può aver determinato estendendo la sua sinistra influenza dal 1864 ad oggi ancora nel gennaio del 2019 un Senatore della Repubblica italiana “twittava” il seguente messaggio “Gruppo dei Savi di Sion e Mayer Amschel Rothschild, l’abile fondatore della famosa dinastia che ancora oggi controlla il Sistema bancario internazionale, portò alla creazione di un manifesto: I Protocolli dei Savi di Sion”.

Nemmeno la letteratura, quella “alta”, appare esente dalle “fake news” tanto il radicamento che alcune di esse possono aver nella realtà sociale come dimostrato da un brano di uno dei capolavori della letteratura “I Malavoglia” del Verga laddove nel capitolo IV “Padron Cipolla” attribuisce ai “pali del telegrafo” la causa della mancanza di pioggia; il brano è il seguente:

“”Padron Cipolla lo sapeva lui perchè non pioveva più come prima. — Non piove più perchè hanno messo quel maledetto filo del telegrafo, che si tira tutta la pioggia, e se la porta via. — Compare Mangiacarrubbe allora, e Tino Piedipapera rimasero a bocca aperta, perchè giusto sulla strada di Trezza c’erano i pali del telegrafo; ma siccome don Silvestro cominciava a ridere, e a fare ah! ah! ah! come una gallina, padron Cipolla si alzò dal muricciuolo infuriato e se la prese con gli ignoranti, che avevano le orecchie lunghe come gli asini. — Che non lo sapevano che il telegrafo portava le notizie da un luogo all’altro; questo succedeva perchè dentro il filo ci era un certo succo come nel tralcio della vite, e allo stesso modo si tirava la pioggia dalle nuvole, e se la portava lontano, dove ce n’era più di bisogno; potevano andare a domandarlo allo speziale che l’aveva detta; e per questo ci avevano messa la legge che chi rompe il filo del telegrafo va in prigione. Allora anche don Silvestro non seppe più che dire, e si mise la lingua in tasca. – Santi del Paradiso! si avrebbero a tagliarli tutti quei pali del telegrafo, e buttarli nel fuoco! – incominciò compare Zuppiddo, ma nessuno gli dava retta, e guardavano nell’orto, per mutar discorso.””.

A ben leggere il brano del Verga si colgono innumerevoli ed inquietanti similitudini sia con vari articoli, recentemente comparsi sul Web, in cui viene messa in correlazione la diffusione del Coronavirus con l’installazione delle antenne per la nuova tecnologia delle telefonia mobile 5g, sia con la “fake news” sempre verde delle “scie chimiche”. La “similitudine” tra la vicenda narrata dal Verga e da quella realmente accaduta della “fake news” sul 5g trova corrispondenza anche nelle “conseguenze” derivate da queste “bufale” ed infatti all’auspicato abbattimento dei pali del telegrafo ed al loro incendio prospettata da “compare Zuppiddo” nell’opera verghiana, hanno “fatto eco” nella realtà odierna  la distruzione di alcune torri del 5g (il povero Verga probabilmente pensava che la crescita culturale avrebbe nel futuro eliminato simili “scempiaggini” e purtroppo se leggesse le notizie di oggi mal se ne avrebbe).

Definizione delle “fake news”, la poliedricità del fenomeno

Al fine di fare “un po’ d’ordine” all’interno di un fenomeno, come detto, complesso, dalle mille “sfaccettature”, e, si sottolinea, senza ovviamente alcuna pretesa di “completezza”, è opportuno ed utile cercare di fare una “categorizzazione” delle varie tipologie di “fake news”.

Per quanto riguarda l’oggetto possiamo distinguere tra:

  • False notizie di natura scientifica: es. “non siamo mai andati sulla luna” e, tra esse, come sottocategoria, le più pericolose sono quelle di natura “medica”: quelle che affermano che “i vaccini causano l’autismo”, “il Covid-19 non esiste”, “il bicarbonato cura il cancro” ecc.
  • False notizie di natura politica: es. il complotto delle “scie chimiche” (“fake news” del tutto “assurda” ma che ha generato persino interrogazioni parlamentari) oppure quella che sostiene che gli attentati dell’11 settembre 2001 furono un “inside job” (letteralmente “lavoro interno”) fatto dalla C.I.A. e dal Mossad).
  • False notizie di natura economica: es. quella diffusa tra gli “no-euro” che vorrebbe che il “marco tedesco” all’atto di entrata in vigore dell’Euro sia cambiato in rapporto 1:1 mentre la “lira italiana” sia stata cambiata a 1936,27 il tutto per danneggiare l’Italia (in realtà il “marco” fu cambiato ad 1,955 in rapporto con l’euro quindi ai tedeschi “andò peggio”)

Relativamente al contenuto delle notizie possiamo distinguere tra:

  • Falsità totale: notizie il cui contenuto è completamente falso e costruito per trarre in inganno.
  • Falsità parziale: notizie il cui contenuto è soltanto parzialmente falso (e dunque in parte è vero) ma le “informazioni” contenute nella notizia sono “assemblate” in modo tale da veicolare un messaggio non veritiero e, dunque, trarre in inganno i destinatari.

Relativamente alle “modalità” con cui vengono “costruite” le fake news possiamo poi distinguere:

  • Notizie con falsi titoli o immagini e ma “contenuti” veri: si tratta di notizie in cui titoli, immagini o didascalie veicolano messaggi falsi che differiscono dal reale contenuto della notizia e delle informazioni in essa riportate. Questo tipo di notizia sfrutta il “meccanismo” per cui molto spesso coloro che “condividono” notizie sui social network non approfondiscono il contenuto della notizia ma si “accontentano “del titolo” o “dell’immagine” ad effetto.
  • Notizie false con “fonti inesistenti” a supporto: si tratta di notizie in cui il contenuto “falso”, ovvero le informazioni “false” in essa contenute, viene “spacciato” come proveniente da fonti realmente esistenti, al fine di dare una “parvenza” di “veridicità” ma che in realtà non esistono (es. fonte il prof. “Tal dei Tali” membro dell’Università di Giacarta, mentre in realtà non esiste nessun professore con quel nome).
  • Notizie da fonti realmente esistente ma anch’esse “fake” ovvero false nei contenuti: si tratta di notizie che contengono “informazioni” tratte da articoli pubblicati su fonti “create”, a loro volta, al solo scopo di dare una parvenza di affidabilità o di scientificità alle notizie da esse pubblicate o comunque veicolate: ad esempio una notizia che citi come fonte un articolo tratto da un sito che “imiti” nel titolo una testata giornalistica esistente ed autorevole, ad es. “La Rebubblica” scritto volutamente con la “b” al posto della “p” ma che nella fretta con cui si fruiscono le notizie viene confuso col sito di “La Repubblica”; oppure una notizia tratta da una rivista scientifica cd. “predatoria”, cioè una rivista (nella maggior parte dei casi esistente solo on-line) priva di un comitato di redazione che, dunque, non effettua alcun controllo su ciò che viene pubblicato e pubblica qualunque articolo gli venga proposto dietro pagamento di una congrua somma. Deve osservarsi che tali riviste, operanti soprattutto in campo della medicina e della biologia, hanno visto negli ultimi anni una grande proliferazione sul Web ed esse spesso nel titolo “imitano” reali riviste scientifiche ingenerando così profonda confusione nei profani che leggono notizie che citano ricerche pubblicate su di esse come fossero “avvallate” dalla comunità scientifica mentre in realtà esse sono del tutto prive di “peer review” e di controllo da parte di un serio comitato di redazione
  • Notizie “manipolate”: ovvero notizie in cui avviene un “manipolazione” dell’informazione reale o dell’immagine anch’essa reale, in questi casi l’immagine o l’informazione esiste ma viene in tutto e/o in parte volutamente “decontestualizzata” al fine di trarre in inganno il destinatario o i destinatari (ad esempio le foto di una sommossa popolare in “argentina” ai tempi della crisi del debito sovrano di alcuni anni fa pubblicate come se fossero foto di protesta contro l’attuale governo in Italia per le misure di contrasto al Coronavirus).
  • Notizie apparentemente “satiriche”: ovvero notizie il cui contenuto “satirico” viene utilizzato per trarre in inganno i lettori, questo fenomeno accade soprattutto per siti o gruppi dei social network che dichiarano di essere dei “siti di satira”, e questo per evitare conseguenze dalla divulgazione di false notizie, ma poi nella pubblicazione delle notizie le costruiscono in modo tale da essere “credibili” e non far capire al “fruitore medio” che si tratta di “satira”.
  • Notizie dal contenuto “fuorviante” o dal contesto ingannevole: quando si fa uso ingannevole dell’informazione per inquadrare un problema o una persona, per esempio “parcellizzando” la notizia e prendendo solo le parti che interessano (cd. Cherry Picking) al fine di sostenere la propria tesi “ammantandola” della copertura di presunte ricerche scientifiche, ovvero quando il contenuto reale è accompagnato da informazioni contestuali false. Un esempio di questo tipologia di notizie possiamo averlo nella “fake news” che in questi giorni circola sul fatto che i vaccinati, in base ai dati della sanità del Regno Unito sarebbero 251 volte più infettivi dei non vaccinati ovvero sarebbero dei “super diffusori” mentre in realtà la ricerca parla di persone “251 volte più infettive” ma con riferimento a tutti i contagiati dalla “varante Delta” e non solo i vaccinati che anzi hanno meno possibilità di infettarsi con la variante Delta e quindi di diventare “super diffusori”, in questi casi il contenuto fuorviante può essere dettato da una traduzione errata per mera ignoranza o dal deliberato intento di diffondere notizie false favorevoli alla “narrativa no-vax”. Va evidenziato che questa categoria potrebbe ricadere nel più ampio “genus” delle notizie manipolate

Deve evidenziarsi, poi, che tutte queste varie tipologie di “fake news”, poi, possono essere o meno inserite in un quadro “complottistico” ovvero all’interno di uno schema più ampio di falsificazione (deliberata e per ignoranza) della realtà che riconduce la notizia falsa all’interno dell’affermazione dell’esistenza di un “complotto” portato avanti da un gruppo più o meno ampio di soggetti (individuati, individuabili o ignoti a seconda dei casi). Per esempio le varie notizie false sull’asserita dannosità dei vaccini e in particolar modo oggi dei vaccini contro il virus “SarsCov2” da molti vengono inserite all’interno del “complotto” ordito da “Big Pharma” (ovvero un fantomatico cartello formato da tutte le industrie farmaceutiche del mondo) per lucrare sulla salute della gente. L’inserimento o meno di una “fake news” all’interno di una “narrazione complottistica” non è senza conseguenze atteso che il “complottismo” tende a creare “strutture stabili” (si veda il gruppo Q-Anon citato all’inizio), strutture destinate a produrre non solo nuove “fake news” per alimentare il loro “serbatoio di adepti” ma che, per la loro stabilità ed organizzazione potrebbero “degenerare” nella costituzione di vere e proprie “associazioni a delinquere”, si pensi ai gruppi no-vax che in questi giorni su canali Telegram stanno organizzando non solo manifestazioni di massa con l’intento dichiarato di “bloccare i treni” (commettendo così il delitto di cui all’art. 340 c.p.) ma si organizzano per inondare di email, telefonate e messaggi sui social medici ed altri operatori che si impegnano per le vaccinazioni. Appare evidente che ove, di fatto, si venisse a creare una stabile struttura, con divisione dei compito e dei ruoli (quindi con soggetti qualificabili come capi, organizzatori, promotori e semplici partecipi) che si desse un programma destinato a commettere un numero indeterminato di reati (quali minacce, diffamazione, calunnia, atti persecutori, danneggiamenti ed altro) non si potrebbe non considerare tali strutture, per quanto aventi una organizzazione embrionale, vere e proprie associazioni a delinquere.

Le Fake news e l’effetto Dunning-Kruger

Quando si parla di diffusione di notizie false, come visto innanzi in relazione ai termini anglosassoni disinformation e misinformation si distingue tra false notizie deliberatamente diffuse (il soggetto sa che sono false ma vuole egualmente diffonderle) e quelle diffuse per errore o per ignoranza (il soggetto non sa o non si rende conto che sta diffondendo una falsa notizia), in realtà all’interno della categoria delle notizia false “non intenzionali” occorrerebbe inserire anche quelle dovute ad una “macroscopica sopravvalutazione della propria intelligenza”. Il fenomeno ha un nome preciso e si chiama “effetto Dunning-Kruger”, dallo psicologo David Dunning, della Cornell University, e dal suo studente, Justin Kruger che lo ipotizzarono e studiarono. Sebbene alla fine il cd. Effetto Dunning-Kruger possa ricondursi alla mera ignoranza il suo esame ci consente di comprendere perché certi errori che portano alla diffusione di false notizie siano tanto radicati e coloro che vi cadono siano assolutamente “refrattari” a “redimersi” dall’errore. Al fine di dare una definizione del fenomeno, possiamo dire che per effetto Dunning-Kruger si intende “una distorsione cognitiva a causa della quale individui poco esperti in un dato campo tendono a sopravvalutare le proprie abilità ritenendosi, a torto, grandi esperti in quel campo. Diversamente le persone davvero competenti in un dato campo tendono a sminuire o sottovalutare le proprie reali competenze. Come detto il corollario di questa teoria, è che spesso gli incompetenti si dimostrano estremamente supponenti” e refrattari ad ammettere di essere caduti in errore.

La genesi della ricerca che portò alla teorizzazione dell’effetto Dunning-Kruger è alquanto “comica” e bizzarra (del resto come tutto ciò che riguarda la “fake news”) ma ci consente di capire, meglio della sua definizione appena data, di cosa si tratta. La leggenda vuole che nel 1995, un uomo di mezza età, corpulento e massiccio, compisse due rapine in banca a Pittsburgh, il tutto in pieno giorno, senza indossare né maschera né altri tipi di camuffamento e, addirittura arrivò a sorridere alle telecamere di sorveglianza. Data l’assoluta imprudenza del rapinatore non passo molto tempo prima che la polizia individuasse l’incauto rapinatore e lo arrestasse, ma quando gli agenti gli fecero vedere i video delle rapine per dimostragli le prove “granitiche” della sua colpevolezza con grande stupore degli agenti il sig. McArthur Wheeler (questo il nome del nostro rapinatore) si mostrò assolutamente esterrefatto e disse: “Ma mi ero messo il succo addosso.”. Il sig. Wheeler, infatti, come precisò dopo era convinto che strofinarsi del succo di limone sulla faccia l’avrebbe reso invisibile. Tutti conosciamo il cd. “inchiostro invisibile” per cui si scrive con il succo di limone qualcosa che diverrà visibile solo con una fiamma) e costui credeva fermamente che se non si fosse avvicinato ad una fonte di calore, sarebbe rimasto invisibile. Quella che potrebbe essere classificata come l’azione di un folle in realtà come dimostrarono le indagini non lo era perché l’arrestato non era né pazzo né sotto effetto di stupefacenti era soltanto fermamente convinto della sua idea.

Questo vicenda attirò l’attenzione dello psicologo David Dunning della Cornell University, che insieme al suo studente Justin Kruger idearono alcuni test che sottoposero poi ad alcuni studenti di vari corsi di laurea della loro università, test che prevedevano una serie di domande su grammatica, logica e persino barzellette, dopodiché domandarono a ciascun studente di dare una valutazione del proprio punteggio totale anche rispetto a quello degli altri studenti.

La cosa interessante che emerse è che gli studenti che avevano avuto il punteggio più basso nei test cognitivi erano anche quelli che si erano dati le valutazione “migliori” sia in termini generali che relativi (infatti quelli che erano più in basso nella graduatoria dei risultati ritenevano viceversa di essere andati meglio dei restanti, molto ottimistici. I ragazzi che erano finiti nell’ultimo quartile avevano pensato di essere andati meglio dei due terzi degli altri studenti.

I due studiosi estesero la loro ricerca ed i loro test anche ad altri ambiti come per esempio i frequentatori di poligoni per il tiro ed anche qui coloro che avevano risposto meno correttamente a domande sulle armi invece ritenevano di essere i migliori sovrastimando di molto la loro competenza. Possiamo definire l’effetto Dunning-Kruger quindi anche come “illusione della competenza”. Senza entrare nel dettaglio nell’analisi dello studio dei due psicologi quello che importa evidenziare qui che anche a fronte dell’asserzione delle teorie più assurde (“la terra è piatta”, “la regina della Gran Bretagna è un rettiliano” ecc.) non si deve necessariamente parlare di farneticazioni o di follia perché potremmo essere appunto dinnanzi ad una “illusione di competenza”.

  1. Le conclusioni cui giunsero i ricercatori è che una dato un ambito di competenza, le persone inesperte in dato settore:
  2. tenderebbero a sovrastimare il proprio livello di abilità
  3. non si renderebbero conto dell’effettiva capacità degli altri;
  4. non si renderebbero conto della propria inadeguatezza;
  5. si renderebbero conto e riconoscerebbero la propria precedente mancanza di abilità qualoraricevessero un addestramento per l’attività in questione.

 Le fake news ed il diritto penale

Come già accennato innanzi il fenomeno oggi etichettato genericamente come “fake news” va ben oltre la mera creazione e/o divulgazione di una notizia falsa e presenta una molteplicità di accezioni alle quali corrispondono, di conseguenza, problematiche molto diverse sul piano del diritto positivo. Così, per esempio, in punto di diritto penale si deve distinguere tra i casi in cui la “fake news” integri di per sé reato, perché in tutto o in parte costituisce la condotta tipica di una data fattispecie criminosa (come nel caso della contravvenzione di cui all’art. 656 c.p. o per il delitto di cui all’art. 501 c.p.), da quei casi in cui la falsa notizia costituisce l’antefatto, il presupposto di un determinato reato (si pensi al reato di cui all’art. 414 c.p. istigazione a delinquere, ad esempio l’istigazione ad incendiare e distruggere le torri della telefonia mobile 5G basate sulla falsa notizia che esse servano ad “asservire la popolazione” insieme ai vaccini, sembra una cosa assurda ma è successo!). Proprio prendendo spunto da notizie come quella delle torri 5G che interagiscono coi vaccini occorre rivisitare, in primo luogo, alcune categorie giuridiche come quella del reato “impossibile” atteso che di fronte a teorie talmente assurde (il microchip nei vaccini oppure l’adenocromo dei Q-Anon)  potremmo essere indotti a scartarle dal novero delle condotte passibili di integrare una data fattispecie di reato, relegandole nella categoria del reato impossibile (per inidoneità dell’azione) di cui all’art. 49 co 2 c.p., ma in realtà le connessioni e le interazioni a livello “globale” attraverso il web che “gonfiano” i fenomeni delle fake news a dismisura hanno determinato una mutazione “genetica” delle false notizie che da assurde ed “innocue” proprio perché “apparentemente” nessuno potrebbe prenderle sul serio invece, a causa della loro diffusione esponenziale, assumono una “nuova e diversa realtà” che le rende potenzialmente pericolosa.

di Stefano Latorre, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sondrio

Tratto da Spunti di riflessione di diritto penale, parte I

In foto: Claude Monet, Il Parlamento di Londra, Musée d’Orsay, Parigi