Commento all’art. 15 della Costituzione
La libertà e la segretezza delle comunicazioni
di Licia Califano, Professoressa ordinaria di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
Art.15 Cost.: “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.
Sommario: 1. L’inviolabilità della libertà e della segretezza della corrispondenza nel disegno costituzionale: profili introduttivi. – 2. La complessa proiezione costituzionale dell’ambito oggettivo della libertà. – 3. Tra libertà e segretezza delle comunicazioni e diritto alla riservatezza: i nuovi confini tracciati dall’innovazione tecnologica. – 4. Gli strumenti di garanzia: riserva di legge e di giurisdizione.
- L’inviolabilità della libertà e della segretezza della corrispondenza nel disegno costituzionale: profili introduttivi
La disciplina costituzionale dei diritti e delle libertà è un fattore determinante nella costruzione dei rapporti tra Stato e società civile.
Osservazione, questa, che ci consente di sottolineare non solo quanto le trasformazioni delle concezioni dello Stato incidano nella definizione dell’ambito di applicazione delle garanzie costituzionalmente sancite ma, per altro verso, di comprendere la profonda incidenza svolta dalla giurisprudenza nella modulazione del perimetro oggettivo e soggettivo di esercizio del diritto così come delle forme di “bilanciamento” nei rapporti “conflittuali” fra diritti.
L’art. 15 Cost. tutela la libertà e la segretezza di ogni forma di comunicazione, a partire da quella più classica e tradizionale rappresentata dalla corrispondenza.
Un diritto che tutela l’individuo nella sfera più intima e che rientra tra i valori supremi dell’ordinamento, come tale sottratto alla stessa funzione di revisione costituzionale nel suo contenuto essenziale. [Corte cost. sent. n. 366/1991]
Una inviolabilità della libertà e segretezza che stabilisce un collegamento immediatamente percepibile con l’art. 2 Cost. e qualifica il diritto in parola quale espressione del nucleo essenziale dei valori della personalità, il cui contenuto “non può subire restrizioni o limitazioni da alcuno dei poteri costituiti se non in ragione dell’inderogabile soddisfacimento di un interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante” e “sempreché l’intervento limitativo posto in essere sia strettamente necessario alla tutela di quell’interesse” e nei limiti stabiliti dallo stesso art. 15 Cost. [Corte cost. sent. n. 366/1991]
Una disciplina costituzionale coerente che, letta e interpretata in connessione logico-sistematica con gli articoli 13 e 14 Cost. (tutela della libertà di personale e della libertà di domicilio) e con la garanzia della doppia tutela della riserva rinforzata di legge e della riserva di giurisdizione (che riconduce sempre alla volontà dell’autorità giudiziaria l’atto limitativo della libertà costituzionale), compone un disegno volto a delineare e garantire una sfera di inviolabilità dei diritti della persona che, non a caso, segue una linea di socialità progressiva coerente rispetto al sistema democratico voluto dal costituente.
Ne discende, in primo luogo, che la libertà di corrispondenza e di comunicazione è diritto dell’uomo in quanto tale, prescindendo tanto dalla qualifica di cittadino, straniero o apolide, quanto dal luogo di residenza o domicilio. E significa altresì che titolari della libertà in questione sono anche le formazioni sociali individuate nella Costituzione italiana e, più ampiamente, i soggetti collettivi. [1]
Se la natura del diritto di libertà consente di riconoscerne la titolarità anche ai minori, ciò nondimeno restrizioni sono possibili in relazione al diritto/dovere riconosciuto ai genitori di educare la prole, così come forme di limitazione legislativamente stabilite possono derivare dalla peculiare posizione giuridica di alcuni soggetti come, ad esempio, la corrispondenza diretta ai falliti, agli infermi di mente, ai detenuti ed ai militari.
In secondo luogo, poiché la corrispondenza e la comunicazione presuppongono un rapporto comunicativo, la norma costituzionale tutela il rapporto in quanto tale; in altri termini la protezione costituzionale riguarda sia il mittente che il destinatario e, più ampiamente, tutti i soggetti che partecipano al rapporto comunicativo.
Per altro verso occorre specificare, ancora, che la previsione costituzionale non comporta il diritto di disporre di qualsiasi mezzo di comunicazione, ma che, in relazione ai mezzi posti a disposizione, siano assicurate la libertà e la segretezza dell’attività comunicativa in modo che quest’ultima non sia assoggettata a limiti legislativi ingiustificatamente fissati.
La libertà e la segretezza sono assicurate dalla Costituzione a tutte le forme interpersonali e intersoggettive di comunicazione (siano esse veicolate attraverso parole o altri segni, siano scritte o orali, trasmesse per posta, telefono o in via telematica) a condizione che lo strumento utilizzato sia idoneo a garantire la segretezza del messaggio.
L’art. 15 Cost., cioè, definisce il paradigma costituzionale per l’espressione del proprio pensiero che sia intenzionalmente riservato ad un numero determinato e individuabile di soggetti. Una linea di demarcazione non sempre facilmente individuabile con la libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.), cui corrisponde una tutela costituzionale delle espressioni che il soggetto intende diffondere ad un numero indeterminato di destinatari.
Al di là delle posizioni a volte divergenti espresse dalla dottrina, la prospettiva interpretativa che pone in relazione sistematica (e non in contrapposizione) gli artt. 15 e 21 Cost. conduce ad una ricostruzione delle libertà in parola quale fattispecie complessa che comprende più libertà, diverse ma tra loro convergenti ed i cui criteri distintivi vanno ricercati nella determinatezza dei destinatari, nella infungibilità e delimitazione dei medesimi.[2]
Va da ultimo ricordata la sostanziale conformità della sfera soggettiva della libertà riconosciuta dalla Costituzione italiana rispetto alla CEDU il cui art. 10 analogamente riconosce ad ogni persona la libertà “di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza influenza alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza considerazioni di frontiera”.
Conforme anche la configurazione della natura della libertà come strumentale rispetto alla vita privata e familiare (e quindi alla tutela della riservatezza) sancita dall’art. 8.1 CEDU.
Più ampia la formula costituzionale italiana nel delineare i contorni della garanzia a fronte della previsione dell’art. 8.2 CEDU di formule restrittive (sicurezza nazionale, pubblica sicurezza, benessere economico del paese, difesa dell’ordine, prevenzione dei reati, protezione della salute o della morale, protezione dei diritti e libertà altrui) che per la loro indeterminatezza hanno dato luogo a non poche difficoltà interpretative.
Anche all’interno del sistema dei diritti dell’UE il diritto alla segretezza delle comunicazioni si configura quale strumentale al rispetto della vita privata e familiare. Da un lato l’art. 7 della Carta di Nizza riproduce, nella sostanza, il contenuto normativo dell’art. 8 CEDU, per l’altro la giurisprudenza della Corte di giustizia aveva già da tempo positivizzato la segretezza della corrispondenza quale principio generale del diritto comunitario.
- La complessa proiezione costituzionale dell’ambito oggettivo della libertà
La formulazione dell’art.15 Cost. lascia spazio a diversi orientamenti interpretativi in relazione vuoi all’ambito oggettivo dei modi attraverso cui un soggetto si pone in relazione con altri soggetti, sia in rapporto all’oggetto dell’inviolabilità con particolare riferimento alla segretezza della comunicazione.
In primo luogo, la norma costituzionale chiarisce che l’ambito oggettivo tutelato è quello della “corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione”: un’accezione ampia che, alla tradizionale formula della corrispondenza epistolare, affianca una formula (clausola) aperta che consente di ricondurre nell’alveo della tutela costituzionale i mezzi di comunicazione esistenti all’epoca costituente, i mezzi di comunicazione resi oggi disponibili dall’innovazione tecnologica, ma anche i mezzi di comunicazione che il futuro ci offrirà.
Una lettura estensiva della garanzia offerta dall’art. 15 Cost. analogamente alla nozione di corrispondenza elaborata in sede penalistica. L’art. 616.4 cod. pen., così come modificato dall’art. 5 della l. n. 547/1993 qualifica come corrispondenza “quella epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza” e punisce “chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta”, ma anche chi sottrae la corrispondenza, anche se aperta, al fine di violarne la segretezza, oppure la distrugge.
Di qui la nozione di comunicazione quale genus nel cui ambito la corrispondenza si configura come species ma, soprattutto, l’indifferenza ai fini della individuazione puntuale dell’oggetto della medesima, del mezzo, del contenuto, nonché delle forme utilizzate.
Di qui, in sintesi, rientrano nella garanzia disposta dall’art. 15 Cost. tutte le comunicazioni del pensiero che della corrispondenza in senso stretto presentano due caratteristiche fondamentali: l’intersoggettività, nel senso che la comunicazione dev’essere indirizzata ad uno o più soggetti determinati, nonché la sua attualità, nel senso che la comunicazione del pensiero conserva la sua natura privata e personale anche successivamente al recapito ed alla visione del messaggio da parte del destinatario (ma può successivamente venir meno per il decorso del tempo, assumendo un significato storico, artistico o letterario).
Per altro verso, può ritenersi circoscrivibile la tutela costituzionale alle sole comunicazioni che, non solo presentino il requisito imprescindibile dell’intersoggettività, ma siano altresì sottratte alla conoscenza dei terzi con le normali cautele da parte del mittente.
In questo senso è possibile distinguere fra comunicazioni che assicurano la volontà di segretezza e che, come tali, sono da considerarsi costituzionalmente tutelate (così si pensi ad una busta chiusa) e comunicazioni che, in ragione del mezzo prescelto, perdono il requisito intrinseco della segretezza (si pensi ad una cartolina postale), risolvendosi in manifestazioni del pensiero a destinatario determinato cui l’art. 15 Cost. non fornirebbe diretta garanzia.[3]
In secondo luogo va osservato che la norma costituzionale pone l’accento contemporaneamente sulla libertà e sulla segretezza, entrambe definite come inviolabili: scelta certamente legata alla volontà di segnare una discontinuità forte rispetto alle pratiche di ispezione della corrispondenza, di ascolto delle comunicazioni private che caratterizzarono l’esperienza del ventennio.
Ora, va però osservato che libertà e segretezza pur nella loro reciproca connessione presentano profili distinti sul piano delle possibili violazioni e della relativa disciplina normativa.
Così possono darsi ipotesi di interferenza nella libertà che non si traducono anche in interferenze sulla segretezza (ad esempio il fermo della corrispondenza) e violazioni della segretezza che non comportano lesioni della libertà (ad esempio le intercettazioni telefoniche).
Ma i due termini possono anche intendersi come un’endiadi, oppure far riferimento a due autonome posizioni soggettive: nel primo caso la norma costituzionale tutelerebbe la libertà di comunicare e corrispondere segretamente; nel secondo caso la libertà di corrispondere e comunicare da un lato (libertà in senso stretto) ed il diritto di corrispondere e comunicare segretamente dall’altro.
In proposito va osservato che la scomposizione concettuale del diritto in due distinte situazioni giuridiche di vantaggio è funzionale, per un verso, a stabilire una più agevole graduazione dell’intervento normativo in rapporto alle garanzie offerte dall’art. 15 Cost.
Si è infatti sottolineato che mentre il momento dinamico è suscettibile di una tutela graduale, consentendo cioè anche temporanei fermi che siano strumentali all’intervento dell’autorità giudiziaria, il profilo della segretezza esige invece una tutela assoluta; o si garantisce la segretezza delle comunicazioni verso tutti i soggetti diversi dal destinatario (con l’esclusione, perché espressamente prevista dall’art. 15 Cost. dell’autorità giudiziaria) oppure di segretezza non è lecito parlare.[4]
Affinché il rapporto comunicativo sia tutelato dall’art. 15 Cost. il mittente dovrà servirsi di una forma espressiva e di un mezzo che siano convenzionalmente riconoscibili come segreti; ma la pretesa che restino esclusi dalla comunicazione soggetti estranei al rapporto è questione che dev’essere riconsiderata alla luce di una innovazione tecnologica che ha reso vieppiù difficile tracciare una linea netta di demarcazione fra comunicazioni interpersonali e comunicazioni al pubblico.
Per altro verso, dunque, la distinzione concettuale proposta risulta assorbita nel suo momento dinamico dalla evoluzione comunicativa nel segno della simultaneità telematica e, quanto alla segretezza, da una progressiva relativizzazione del concetto, risultando meno visibile e, talvolta, anche meno evitabile, la presenza del terzo che diviene partecipe non desiderato del rapporto comunicativo.
In questa prospettiva la libertà in questione pone il problema della sua possibile sovrapposizione e confusione con la libertà di manifestazione del pensiero e, per questa via, la conseguente necessità di stabilire l’ambito di applicazione della protezione costituzionalmente garantita dall’art. 15 Cost. ai nuovi rapporti comunicativi.[5]
A ben vedere la questione dell’alternativa tra l’applicabilità dell’art. 15 Cost. e il ricorso alla disciplina generale dell’art. 21 Cost. (e la sua diversa disciplina quanto ai poteri d’urgenza dell’autorità pubblica e il limite del buon costume) presenta aspetti problematici di non poco momento anzitutto in ragione della oggettiva difficoltà di fornire parametri distintivi certi che consentano di mantenere differenziate le due fattispecie e, al tempo stesso, di coprire (e quindi fondare e delimitare) costituzionalmente l’intero spettro delle attività di interconnessione comunicativa tra due o più soggetti.
I social network sono un esempio emblematico della difficoltà di utilizzare queste categorie più tradizionali. Si registra, infatti, un incremento del ricorso a forme di comunicazione che, seppur destinate ad un numero più ampio di destinatari – come avviene per alcune tipologie di social network – muovono da un animus comunque di tipo comunicativo piuttosto che da una volontà di esprimere liberamente un’opinione o di un pensiero.
Pertanto, forse, tenuto conto di quanto la nostra società tecnologica produca un costante cambiamento e aggiornamento delle forme di comunicazione, può concordarsi con l’interpretazione che attribuisce al concetto di comunicazione un contenuto più ampio di quello di manifestazione del pensiero, potendosi così attribuire alla prima, e non alla seconda, carattere generale e residuale.
Un quadro ricostruttivo che consente l’adeguamento delle forme espressive e dei mezzi di comunicazione che le contengono al carattere “aperto” della formula costituzionale capace di ricomprendere nella tutela costituzionale qualsiasi strumento che attribuisca alla comunicazione il crisma della riservatezza secondo l’intenzione dei protagonisti del rapporto. Impostazione che non comporta una svalutazione dell’idoneità tecnica del mezzo a mantenere la segretezza, ma considera tale idoneità non in termini assoluti ma anche con riferimento alle effettive intenzioni ed esigenze di riservatezza dei soggetti del rapporto comunicativo.
In questo senso, pur nella consapevolezza di una linea di confine a volte sfumata, piuttosto che considerare la distinzione fra comunicazione riservata e manifestazione del pensiero superata dal processo tecnologico, è possibile accogliere la prospettiva metodologica che, senza mettere in contrapposizione fra loro le due previsioni costituzionali, accolga e valorizzi la segretezza del rapporto comunicativo e la conseguente applicazione delle relative garanzie costituzionali.
Una nozione di segretezza che, ad una valutazione della idoneità tecnica del mezzo utilizzato (intesa non in senso assoluto ma, convenzionalmente, secondo aspettative obiettivamente ragionevoli) accompagni la valutazione, caso per caso, legata alla effettiva volontà dei soggetti del rapporto comunicativo, alla determinatezza (in senso quantitativo) dei destinatari, nonché alla fungibilità o commutabilità del rapporto, quale astratta possibilità che il destinatario diventi a sua volta mittente all’interno del medesimo rapporto comunicativi.
Un punto di equilibrio possibile, insomma, fra l’idoneità tecnica del mezzo a garantire la segretezza della comunicazione e l’intenzione soggettiva di chi invia e riceve il messaggio.
In questa prospettiva, malgrado una giurisprudenza di merito non ancora consolidata, la valutazione della norma costituzionale applicabile può risultare facilitata, a fronte di una casistica in cui, con sempre maggiore frequenza, le forme di comunicazione utilizzate risultano di difficile collocazione sistematica. Così, ad esempio, una mailing list che presenti un numero altissimo di destinatari perde il requisito della determinatezza e scivola sul terreno della manifestazione del pensiero; analogamente il video on demand privo del requisito dell’infungibilità.
- Tra libertà e segretezza delle comunicazioni e diritto alla riservatezza: i nuovi confini tracciati dall’innovazione tecnologica
L’inviolabilità della libertà e segretezza della corrispondenza si configura quale riferimento centrale, anche se non esclusivo, per delimitare costituzionalmente la nozione di riservatezza intesa, anzitutto e in origine, quale protezione giuridica di quella peculiare sfera delle vicende umane che si qualifica come privata, intima e, in questo senso appunto “riservata”.
Senza la previsione dell’inviolabilità della comunicazione privata verrebbe pregiudicato lo spazio vitale che circonda la persona e, con esso, la stessa possibilità di esistere e svilupparsi in armonia con i postulati della dignità umana.
Nell’art. 15 Cost. trova, dunque, immediato ancoraggio il diritto a svolgere la propria personalità senza intrusioni derivanti dalla curiosità sociale e senza coercizione alcuna di provenienza pubblica.
La permeabilità e la complessità del rapporto fra la dimensione individuale e quella pubblica, o comunque sociale della libertà costituzionale, appare qui in tutta la sua evidenza e, anzi, risulta accresciuta dalla difficoltà, già sottolineata, di distinguere dogmaticamente l’ambito della comunicazione pubblica (cui è applicabile l’art. 21 Cost.) da quello della comunicazione privata protetta dall’art. 15 Cost. [6]
Ancora una volta dal punto di vista classificatorio l’esigenza di riservatezza rappresenta il denominatore comune di due situazioni giuridiche soggettive: la segretezza delle comunicazioni e il diritto alla riservatezza oggi declinato prevalentemente quale diritto alla protezione dei dati personali.
Una evoluzione della nozione di riservatezza che, nel suo progressivo affermarsi, si è allontanata dall’originario right to privacy, quale espressione della sola tensione a mantenersi isolati dall’ambiente pubblico (right to be let alone).
Non più uno ius escludendi alios, una difesa passiva e statica dalle ingerenze altrui, quanto il riconoscimento in capo agli individui di un potere autonomo, attivo e dinamico, di scegliere quale ambito di circolazione riconoscere alle informazioni di carattere personale che li riguardano (c.d. autodeterminazione informativa).
Un diritto caratterizzato da una intrinseca pluralità contenutistica, fonte di garanzie giuridiche per assicurare che le situazioni individuali ed i rapporti sociali si mantengano e si svolgano nel rispetto della conoscenza riservata delle vicende umane, considerate come proprie di ciascun componente della collettività.
Un diritto di sicura natura costituzionale (che oggi ha trovato una compiuta definizione nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE) il cui baricentro si è spostato, in ragione della rapida affermazione dell’innovazione tecnologica delle comunicazioni elettroniche e della globalizzazione delle relazioni interpersonali, economiche, finanziarie e sociali, nella direzione della difesa della libertà e dignità della persona. Insomma, l’introduzione e la crescente applicazione di tecniche di raccolta, conservazione e consultazione delle informazioni che ci riguardano (attraverso sistemi automatizzati di archiviazione e trattamento dati) rischia di infrangere gli ambiti più intimi delle vicende umane.
Facile comprendere quanto risulti determinante, ancorché sfumata, la definizione dei contenuti giuridici di ciascuna delle forme e modalità di tutela predisposte dall’ordinamento.
Si può in proposito osservare che la segretezza della comunicazione è mirata ad evitare l’illegittima conoscenza del contenuto del messaggio da parte di terzi, a fronte della tutela della privacy rivolta contro l’abuso che consegue alla legittima conoscenza sia del contenuto, sia degli elementi esteriori della corrispondenza.
In tal modo, tra istanze proprie della riservatezza e garanzie costituzionali poste a presidio del rapporto comunicativo coperto dalla tutela dell’art. 15 Cost., la segretezza sarebbe funzionale all’azione comunicativa intersoggettiva, e solo le situazioni astrattamente riconducibili alla libertà di comunicare riservatamente potranno godere della riserva di giurisdizione espressamente prevista dall’art. 15 Cost. [7]
Tanto premesso, espressione emblematica della complessità definitoria indicata, la riflessione sull’estensione del contenuto della libertà di comunicazione ai c.d. dati esterni delle comunicazioni telefoniche e telematiche; dati riferiti all’utenza chiamata e chiamante, alla data, all’ora, alla durata e al luogo della conversazione telefonica e, quando si tratta di comunicazioni telematiche, alle tracce lasciate dagli utenti sui servers che sono: identità dei clienti, data e durata dell’allacciamento in rete e servizio richiesto.
Sul punto la Corte costituzionale [sentt. nn. 81/1993, 281/1998, 372/2006] ha esteso ai segni esteriori delle comunicazioni (nel caso di specie ai dati desumibili dai tabulati telefonici) la copertura costituzionale dell’art. 15 Cost., osservando in particolare che “la stretta attinenza della libertà e della segretezza della comunicazione al nucleo essenziale dei valori della personalità […] comporta un particolare vincolo interpretativo, diretto a conferire a quella libertà, per quanto possibile, un significato espansivo”. [sent. n. 81/12993]
Un’argomentazione che produce un’espansione della libertà in parola e che induce a interrogarci se anche i dati di traffico, il tracciamento dei siti visitati e delle ricerche effettuate, ma anche i dati legati alla geolocalizzazione, siano o meno riconducibili alla protezione offerta dall’art. 15 Cost. [8]
In altre parole, i dati che siano strumentali alla comunicazione riservata uscirebbero dal territorio del diritto alla protezione dei dati personali, acquisendo la copertura dell’art. 15 Cost., quantomeno nella misura in cui, oltre ad essere necessari all’attuazione del momento comunicativo, si possano considerare connessi al messaggio in relazione tanto all’intenzione dei soggetti del rapporto comunicativo, quanto dell’idoneità tecnica del mezzo utilizzato.
Ma, in ogni caso, e senza poter entrare in questa sede nel merito di argomentazioni complesse, non possono non rilevarsi due ordini di criticità.
Torna, per un verso, il tema del delicato equilibrio costituzionale fra libertà di comunicazione e libertà di manifestazione del pensiero in rete, in rapporto alle garanzie ed ai differenti livelli di tutela,[9] e acquista rilievo particolare, per altro verso, la definizione di una linea di demarcazione meno incerta tra il diritto alla segretezza del contenuto del rapporto comunicativo e protezione dei dati personali quale diritto a che soggetti terzi non vengano a conoscenza di fatti e dati riguardanti la vita privata di una persona.
Difficile, pensando a comunicazioni interpersonali che sempre più utilizzano i servizi di comunicazione elettronica via internet, la ricerca di soluzioni che, peraltro, oggi sempre più alla dimensione normativa e giurisprudenziale nazionale intrecciano le garanzie poste dall’ordinamento europeo. [Carta dei diritti fondamentali, Trattati, Regolamento 679/2016, Direttiva 680/2016]
- Gli strumenti di garanzia: riserva di legge e di giurisdizione
La garanzia costituzionale della libertà e segretezza della corrispondenza è costruita, come già accennato, sui due istituti posti a presidio dei diritti di libertà: riserva di legge e riserva di giurisdizione.
Alla proclamazione della inviolabilità della libertà in parola il precetto costituzionale fa seguire l’affermazione che ogni loro limitazione possa avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla legge.
Dunque, affinché lo Stato possa legittimamente interferire nell’esercizio della libertà di corrispondenza occorre l’intervento della legge e, solo successivamente, il provvedimento dell’autorità giudiziaria, con esclusione del riconoscimento di poteri preventivi dell’autorità di pubblica sicurezza (predeterminati dal legislatore e salva sempre la convalida del giudice) come invece consentito dagli artt. 13 e 14 Cost.
Si tratta di una riserva di legge assoluta che richiede al legislatore una disciplina dettagliata della materia, sottratta all’intervento di fonti secondarie se non limitatamente ai regolamenti di stretta esecuzione.
Va poi considerato il riferimento, nel disposto costituzionale, alle “garanzie”, da interpretarsi nel senso che la previsione legislativa debba accompagnare all’individuazione dei casi e modi (art. 13 Cost.) le garanzie tecniche e giuridiche idonee a limitare l’esercizio della libertà fondamentale e tutelare i protagonisti del rapporto comunicativo. [10]
Per altro verso la disposizione costituzionale riserva all’autorità giudiziaria (da intendersi come pubblico ministero, giudice per indagini preliminari, giudice del dibattimento) la concreta limitazione della libertà e della segretezza, escludendo l’intervento di organi e poteri diversi, così come la richiesta che il provvedimento sia motivato per assicurare il controllo giurisdizionale nei gradi successivi di giudizio.
Una articolazione delle garanzie il cui rispetto l’art. 15 Cost. richiede, con norma precettiva, tanto sul versante dei requisiti soggettivi di validità in ordine agli interventi nella sfera privata (atto motivato dell’autorità giudiziaria diretto a dimostrare la sussistenza in concreto di esigenze istruttorie), quanto il rispetto di requisiti oggettivi (sussistenza e adeguatezza delle motivazioni in relazione ai fini probatori perseguiti, durata limitata e mezzi tecnici idonei a dimostrare, ad esempio, che si procede limitatamente alle intercettazioni autorizzate), spettando poi al singolo giudice applicare questi parametri al caso di specie.
Diversamente dagli articoli 13 e 14 Cost., l’art. 15 Cost. non prevede espressamente l’intervento preventivo, nel caso di urgenza, dell’autorità di pubblica sicurezza.
Superata l’idea che possa essersi trattato di una “svista” del Costituente, ma, al contrario, di una scelta tanto consapevole quanto razionale e osservato che, con tutta evidenza, le limitazioni alla libertà di comunicazione possono subire, con maggiore facilità, il rischio di abusi, occorre sottolineare che le misure restrittive della libertà in parola possono determinare una compressione della sfera giuridica, costituzionalmente tutelata, di un altro soggetto (mittente o destinatario a seconda dei casi) del tutto estraneo alle vicende che legittimano l’interferenza pubblica.
Una valenza tassativa della riserva di giurisdizione su cui la dottrina si è interrogata, contrapponendo alla inammissibilità di qualsivoglia intervento non proveniente dall’autorità giudiziaria, la possibilità di una maggiore graduabilità della libertà in senso lato di comunicare (momento dinamico). Così l’eventuale fermo della corrispondenza esercitabile dall’autorità di pubblica sicurezza nel corso di un’ispezione personale o domiciliare.
La stessa giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la legittimità della previsione legislativa (legge n. 1114/1966 che ha sostituito l’art. 13 r.d. 465/1936 – codice postale) che consente all’amministrazione postale di procedere al solo fermo della corrispondenza, considerando tale attività “meramente strumentale, diretta esclusivamente a sollecitare l’intervento del giudice” (Corte cost. sent. n. 100/1968).
Tassativo, per contro, il previo intervento del giudice sul versante dell’inviolabilità della segretezza delle comunicazioni.
Sul punto, ad una giurisprudenza costituzionale che è intervenuta fissando, come già osservato, specifiche garanzie alle limitazioni apponibili con legge alla segretezza – in ragione di valutazioni legate ad effettive esigenze di amministrazione della giustizia – ha fatto seguito la disciplina legislativa delle intercettazioni (telefoniche, informatiche e telematiche) rilevanti a fini probatori.
Ma, anche in punto di limiti, torna la necessità di affrontare la prospettiva aperta dai nuovi mezzi di comunicazione resi disponibili da internet.
Non sempre facile, ancora una volta, l’estensione delle garanzie alle comunicazioni interpersonali telematiche (e-mail, chat, servizi VOIP, instant messaging ) con la necessità di misure, differenti dagli strumenti tradizionali (sequestro, intercettazioni), quali ad esempio il blocco dei contenuti, l’oscuramento delle pagine web, l’utilizzo di software spia e sniffer.
Peraltro, considerata la quantità di informazioni acquisibili, che vanno ben al di là del contenuto di una conversazione, le garanzie costituzionali poste a presidio della libertà di comunicazione si intersecano con le garanzie , sancite a livello sovranazionale oltre che nazionale, poste a presidio della protezione dei dati personali.
Note
[1] Sull’art.15 Cost. in generale Cfr.: F. DONATI, Art.15, in Commentario della Costituzione, a cura di R. Bifulco – A. Celotto – M. Olivetti, vol. I, Torino, Utet, 2006, 362ss.; G. M. SALERNO, La protezione della riservatezza e l’inviolabilità della corrispondenza, in I diritti costituzionali, vol. II, a cura di R. Nania – P. Ridola, Torino, Giappichelli, 2006, 617ss.; A. VALASTRO, Libertà di comunicazione e nuove tecnologie, Milano, Giuffrè, 2001; A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali, vol. II, Padova, Cedam, 1992, 241ss.; ID., Art. 15, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca- A. Pizzorusso, Bologna – Roma, Zanichelli, 1977; P. CARETTI, voce Corrispondenza (libertà di), in Dig. disc. Pubbl., vol. IV, Torino, Utet, 1989, 200 ss.; C. TROISIO, voce Corrispondenza (Libertà e segretezza della), in Enc. Dir., vol. IX, Roma, Istituto dell’enciclopedia italiana, 1988, 80ss.; V. ITALIA, Libertà e segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni, Milano, Giuffrè, 1963; P. BARILE – E. CHELI, voce Corrispondenza (libertà di), in Enc. Dir., vol. X, Milano, Giuffrè, 1962, 743ss.
[2] Cosi in particolare A. VALASTRO, Op. cit. 155ss.
[3] È ben vero che tale affermazione non è immediatamente e perfettamente replicabile nella sua interezza al complesso mondo delle comunicazioni elettroniche, le quali per natura implicano il coinvolgimento di soggetti terzi quali, per esempio, i provider di posta elettronica ovvero l’applicazione di programmi aggiuntivi quali gli anti-virus o altri tipi di mail scanning.
[4] Sul punto ampiamente C. CARUSO, La libertà e la segretezza delle comunicazioni nell’ordinamento costituzionale, in Forum Quaderni Costituzionali, 2013, e bibliografia ivi citata.
[5] Sulle problematiche aperte dall’innovazione tecnologica cfr.: R. ZACCARIA – A. VALASTRO – E. ALBANESI, Diritto dell’informazione e della comunicazione, Padova, Cedam, 2016; M. OROFINO, Profili costituzionali delle comunicazioni elettroniche nell’ordinamento multilivello, Milano, Giuffrè, 2008.
[6] Cfr.: A. CERRI, Riservatezza (diritto alla), III) Diritto costituzionale, in Enc. Giur., Istituto dell’Enciclopedia Italiano, Roma, 1995; ID., Telecomunicazioni e diritti fondamentali, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 1996, 785 ss.; G. M. SALERNO, La protezione della riservatezza e l’inviolabilità della corrispondenza, cit., 455 ss.
[7] Così in particolare C. CARUSO, Op. cit, 7
[8] Sul punto M. OROFINO, Art. 15, in F. CLEMENTI, L. CUOCOLO, F. ROSA, G.E. VIGEVANI, La Costituzione italiana. Commento articolo per articolo, Bologna, Il Mulino, 2021,108ss.
[9] Ampiamente sul punto P. COSTANZO, Le nuove forme di comunicazione in rete: internet, in Informatica e diritto, XXIII annata, Vol. VI, 1997, n. 1, 21ss.
[10] Così A. PACE, Art. 15, in Commentario della Costituzione, cit., 106.
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Licia Califano è Professoressa ordinaria di Diritto costituzionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.
Dal 2012 al 2020 è stata componente del Collegio dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.
Dal 2020 è Prorettrice agli Affari Giuridici e Istituzionali presso l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo e Direttrice del Dipartimento di Giurisprudenza nel medesimo ateneo.
Presso il medesimo Dipartimento è docente titolare del corso di Diritto costituzionale e di Tutela e protezione dei dati personali.
È componente del Consiglio scientifico della rivista Cultura giuridica e diritto vivente (Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo); Componente del Comitato dei revisori della rivista Studi parlamentari e di politica costituzionale (Edistudio, Roma); Componente del Comitato scientifico della Rivista trimestrale di Scienza dell’amministrazione scolastica (Euroedizioni, Torino); Componente del Comitato scientifico della Rivista quadrimestrale di diritto dei media “Medialaws” (rivista online); componente del Comitato scientifico della Rivista History, law & legal history (Palermo University Press); componente del Consiglio scientifico della rivista giuridica on line ISSIRFA-CNR Italian papers on federalism.
È Componente del Collegio di Dottorato in Global Studies. Economy, Society and Law dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
È autrice di numerose monografie, articoli, saggi, note a sentenza e ha curato l’edizione di volumi collettanei.
Ha pubblicato, tra l’altro, i seguenti volumi: Innovazione e conformità nel sistema regionale spagnolo (Giuffrè, 1988); Le commissioni parlamentari bicamerali nella crisi del bicameralismo italiano (Giuffrè, 1993); Argomenti di Diritto costituzionale (ESI, 2000); Il contraddittorio nel processo costituzionale incidentale (Giappichelli, 2003); Privacy: affermazione e pratica di un diritto fondamentale (Editoriale Scientifica, 2016).
Ha inoltre pubblicato, con A. Barbera, Saggi e materiali di Diritto regionale (Maggioli, 1997); con G. M. Salerno, Lineamenti di diritto costituzionale della regione Marche (Giappichelli, 2012); con C. Colapietro, Le nuove frontiere della trasparenza nella dimensione costituzionale, (Editoriali Scientifica, 2014) e Innovazione tecnologica e valore della persona. Il diritto alla protezione dei dati personali nel Regolamento UE 2016/679, (Editoriale Scientifica, 2017), con M. Rubechi, Guida ragionata alla Costituzione italiana (Maggioli, 2019).
Ha curato, tra l’altro, Corte costituzionale e diritti fondamentali (Giappichelli, 2004); Donne, politica e processi decisionali (Giappichelli, 2004) e La costruzione giurisprudenziale delle fonti del diritto (Aras, 2010).
Tra i saggi pubblicati più recentemente: Il ruolo di vigilanza del Garante per la protezione dei dati personali, in Federalismi.it n. 33/2020; Parità dei diritti e discriminazioni di genere, in Federalismi.it n. 7/2021.