L’editoriale

Editoriale del n. 2/2023 de La magistratura

di Cecilia Bernardo, direttore della rivista La magistratura

 

Lo scorso 25 novembre si è celebrata la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Si tratta di una ricorrenza volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle varie forme di violenza che le donne subiscono in tutto il mondo, inclusa la violenza domestica, la tratta di esseri umani, la mutilazione genitale femminile e altre forme di violenza di genere.

Tale data è stata scelta per commemorare l’assassinio delle sorelle Mirabal, tre attiviste politiche della Repubblica Dominicana, avvenuto nel 1960, ed ha, quale obiettivo principale, la promozione di azioni concrete per porre fine a questa forma di violenza e discriminazione, attraverso l’introduzione di adeguati interventi normativi, la sensibilizzazione e la formazione soprattutto delle nuove generazioni, nonché il sostegno alle vittime.

Purtroppo, e quasi per un crudele scherzo del destino, pochi giorni prima di tale ricorrenza abbiamo assistito all’ennesimo brutale omicidio di una giovane donna, una ragazza di soli 22 anni, uccisa da chi sosteneva di amarla. Giulia Cecchettin è la vittima di femminicidio numero 105 dall’inizio del 2023, ma, a differenza di altri simili episodi, il suo ha scosso maggiormente l’opinione pubblica. Ci sono, forse, due particolarità che distinguono questo triste evento dagli altri. Di solito, infatti, si apprende di un femminicidio quando questo è stato ormai consumato, mentre la vicenda di Giulia Cecchettin è iniziata circa una settimana prima della scoperta del terribile esito. In questo periodo, tutti siamo stati emotivamente coinvolti negli accorati appelli delle famiglie, che ancora attendevano il ritorno a casa dei due ragazzi, scomparsi da giorni. In secondo luogo, la sorella della vittima, al termine di una fiaccolata, ha preso coraggiosamente la parola, trasformando il suo dolore privato in una questione politica, chiedendo che la società assuma su di sé la responsabilità di un futuro cambiamento.

L’editoriale di questo numero, quindi, non può non essere dedicato ad una riflessione su questa vicenda, perché i femminicidi sono la punta dell’iceberg di violenze e sopraffazioni che colpiscono milioni di donne di qualsiasi classe sociale e ovunque nel mondo, alimentata da stereotipi di genere nocivi e radicati. In questi giorni, molti esperti, sui giornali e in televisione, spiegano che i femminicidi non sono raptus, non succedono all’improvviso, ma sono preceduti da un crescendo di abusi fisici e psicologici, tentativi di manipolazione, ricatti, stalking, gaslighting, comportamenti ossessivi e controllanti, che possono andare avanti per mesi o anni e che sono perlopiù tollerati dalla società.

La domanda che mi pongo allora è come si possa accettare che continuino ad accadere fatti così terribili e come si possa fermare una strage che ha il volto e il sangue di tante donne. La prima risposta che mi viene alla mente è la prevenzione, perché il dolore, l’indignazione e la repressione non bastano più, non sono più sufficienti ed i più recenti fatti di cronaca lo dimostrano.

Si parla in questi giorni della necessità di sradicare la “cultura tossica del patriarcato”. Nel cercare informazioni su questo argomento, al fine di comprendere le origini di questa cultura, mi sono imbattuta in un articolo online, che riportava un manifesto ecclesiastico del 1895, contenente l’elenco dei doveri delle spose. In 17 punti, il manifesto riassumeva drammaticamente il ruolo che, all’epoca, la donna ricopriva all’interno della famiglia, essendo tenuta a:

  1. Voler bene al marito
  2. Rispettarlo come capo
  3. Obbidirlo come nostro superiore
  4. Assisterlo con premura
  5. Ammonirlo con reverenza
  6. Rispondergli con grande mansuetudine
  7. Tacere quando è alterato
  8. Pregare per esso il signore
  9. Sopportare i difetti
  10. Schivare la familiarità con altri uomini
  11. Non consumare la roba in vanità
  12. Essere sottomessa alla madre dei mariti ed ai suoi vecchi
  13. Umile e paziente con le cognate
  14. Prudente con quelli della famiglia
  15. Amante della casa
  16. Riservata nei discorsi
  17. Osservatrice dei doveri religiosi.
“Doveri della famiglia cristiana”, riprod. stampa del 1895, conservata nel ristorante “Casa Baroni” – Fellicarolo-MO – fonte e notizie radiocittadelcapo.

Mi trovo a disagio anche a commentare i diciassette doveri che ho qui trascritto. Essi riflettono l’immagine di una figura femminile, che da tempo non c’è più. Per fortuna, molte donne, nell’arco dell’ultimo secolo, hanno dimostrato il loro valore in tutti i campi. Molta strada è stata fatta dai diciassette doveri delle spose, elencati in questo manifesto del 1895, per il riconoscimento, anche alle donne al pari degli uomini, di diritti basilari, che oggi riteniamo scontati, come ad esempio il diritto di voto, il diritto allo studio ed all’accesso alle scuole, il diritto alla partecipazione ai concorsi pubblici ed alle cariche pubbliche, e così via.

Questo lungo percorso, tuttavia, non può dirsi concluso, perché dal riconoscimento dei diritti è necessario assicurare anche la promozione di una cultura di rispetto e di uguaglianza di genere. Combattere il femminicidio richiede un impegno collettivo per cambiare le mentalità e superare stereotipi che, ancora oggi, scopriamo radicati nella nostra società.

Questi crimini, inoltre, non colpiscono solo le vittime dirette, ma hanno anche un impatto devastante sulle famiglie, le comunità e la società nel suo complesso.

Il percorso, quindi, deve necessariamente passare non solo attraverso una adeguata risposta normativa, ma anche attraverso l’educazione e la sensibilizzazione, in particolare dei giovani, al fine di promuovere una maggiore consapevolezza sui problemi legati al femminicidio ed alla violenza di genere.

Anche noi, come Associazione Nazionale Magistrati, possiamo dare il nostro contributo. Per questo, abbiamo deciso di dedicare interamente il prossimo numero della nostra rivista al tema del femminicidio. E’ importante, infatti, fornire un quadro della legislazione vigente, sia in ambito penale che civile, e delle problematiche che essa pone, al fine di stimolare un dibattito critico ed analizzare le possibili soluzioni alternative. Come è nostra abitudine, cercheremo di improntare tale dibattito al pluralismo culturale, accogliendo e confrontando punti di vista diversi e coinvolgendo anche altre professionalità, diverse da quelle prettamente giuridiche, proprio perché il tema del femminicidio pone problematiche trasversali, che non possono essere limitate al solo mondo del diritto.

Il contributo che possiamo dare è quello di mantenere alta l’attenzione su questa delicata problematica, convinti che la formazione e l’educazione passino necessariamente attraverso l’informazione e la circolazione delle idee.

 

Leggi qui l’intero fascicolo n. 2/2023 de La magistratura https://lamagistratura.it/fascicolo-n-2-2023/

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In foto: Il ratto di Proserpina di Gian Lorenzo Bernini, Galleria Borghese di Roma
© Cecilia Bernardo