La riforma al rush finale al Senato, corsa contro il tempo del centrodestra

foto dell'aula del Senato della Repubblica

Al Senato è questione di giorni. La riforma Nordio, che prevede la separazione delle carriere, lo sdoppiamento del Csm e l’introduzione dell’Alta Corte disciplinare dovrebbe avere il via libera entro i primi giorni di luglio. Complice il testo blindato e la tecnica del canguro utilizzata anche in Commissione per far decadere in modo rapido gli emendamenti. Ciononostante l’obiettivo auspicato dal ministro della Giustizia di arrivare all’approvazione definitiva entro il 2025 potrebbe non essere scontato.

A Montecitorio infatti il calendario è ingolfato di decreti in scadenza e dunque, per l’inizio della seconda lettura, se ne riparlerà dopo la pausa estiva. A quel punto l’approvazione definitiva potrebbe slittare al nuovo anno, considerando che alla fine dell’anno il Parlamento è impegnato con il complesso iter della manovra economica. Al momento ipotesi e scenari, che prenderanno forma nelle prossime settimane.

Per Nordio e la maggioranza non si tratta di un passaggio da poco. La fretta di questi mesi è infatti dettata non solo dalla volontà di arrivare al referendum nella primavera del 2026 ma anche da un altro elemento: la scadenza dell’attuale Csm. Per scongiurare il rinnovo con le attuali regole che la riforma si propone di superare bisognerebbe, negli auspici di Via Arenula, approvare presto anche con i regolamenti attuativi. Nel mezzo c’è però pur sempre un referendum confermativo il cui esito la maggioranza continua a dare per scontato, ma che scontato non è affatto. 

In questo quadro l’ultimo passaggio a Palazzo Madama ha visto il ministro Nordio protagonista di un nuovo attacco nei confronti della magistratura e dell‘Anm, nonostante il testo della riforma viaggi blindato da quando è uscito dal Consiglio dei ministri.

Il guardasigilli ha accusato la magistratura associata di aver avuto sin dall’inizio un atteggiamento di chiusura. E di essere stata, negli anni passati, troppo morbida nei confronti dell’ex presidente Luca Palamara. Netta la replica del presidente Cesare Parodi che ricorda come l’Associazione abbia “cercato in tutti modi un proficuo confronto con il governo e con le istituzioni, incontrando il ministro e gruppi parlamentari e dimostrando un’assoluta apertura verso la soluzione di problemi fondamentali dell’architettura costituzionale del Paese. In questo senso vi è stato ascolto ma nessuna forma di concreto dialogo”. Rilancia il segretario generale Rocco Maruotti:”È stato il governo a dichiarare sin dall’inizio che il testo della riforma non era in alcun modo modificabile e lo ha ribadito negli incontri istituzionali che si sono svolti in questi mesi”.

Quanto a Palamara, il presidente Parodi ricorda che quel caso è stato scoperto dalla magistratura che ha agito con durezza. E che l’Anm ne ha deciso l’espulsione prima ancora che i procedimenti a suo carico si concludessero.

I lavori in Senato riprendono il primo luglio. Dopo l’approvazione il testo passerà all’esame di Montecitorio, con ogni probabilità dopo l’estate.