Il ricordo di Bruno Caccia, il giudice ucciso dalla ‘ndrangheta al Nord

Il 26 giugno 1983 la ‘ndrangheta uccide il procuratore di Torino, Bruno Caccia. Dopo essersi occupato a lungo dei terroristi delle Brigate Rosse, Caccia aveva avviato delle indagini sui traffici della ‘ndrangheta in Piemonte.

Erano anni in cui nessuno sospettava della presenza della criminalità organizzata sul territorio piemontese. “Io – racconta la figlia di Bruno Caccia, Paola – non avevo mai sentito la parola ‘ndrangheta. Sapevo che c’erano dei clan in Sicilia e in Calabria, ma non immaginavo che costituissero un pericolo per la vita di mio padre”. Quella sera del 1983 il Procuratore di Torino era uscito di casa per fare due passi insieme al suo cane, quando da un’auto con due uomini a bordo furono sparati quattordici colpi di pistola. “Mio padre – racconta la figlia Cristina Caccia – era una persona semplice: sapeva distinguere tra bene e male”.

“Era un uomo onesto – aggiunge Paola Caccia – è per questo che continuiamo a raccontare i suoi valori nelle scuole. Sperando che possano essere da modello per i cittadini del futuro”.