
Nordio in Turchia
In questi giorni il ministro Nordio è stato in Turchia. Una visita istituzionale con una serie di incontri con le autorità locali, fra cui quello con il suo omologo Yilmaz Tunç. Ed è stato lo stesso Guardasigilli a riportare alcune frasi pronunciate dal ministro turco: “Oggi in Turchia, parlando con il mio omologo, il ministro di Giustizia turco, quando ho detto che probabilmente i magistrati italiani faranno uno sciopero, lui è rimasto sorpreso e mi ha domandato ‘ma è legale?’”.
Preoccupa la sentita necessità del ministro Nordio di rimarcare lo stupore nelle parole del Ministro Tunç a proposito dello sciopero proclamato dai magistrati italiani. In Turchia sono stati arrestati centinaia di magistrati ritenuti colpevoli di aver difeso lo stato di diritto e i valori della democrazia. La Cedu ha già condannato la Turchia per queste condotte, ma le decisioni di Strasburgo non hanno avuto esecuzione. Non solo. In Turchia sono tanti anche gli avvocati finiti in carcere e accusati a vario titolo di reati contro lo Stato. Anche loro vittime di una repressione. Secondo The Arrested Lawyers Initiative sono stati più di 400 gli avvocati condannati.
Il caso Arslan
Fra quelli relativi ai magistrati, il caso più eclatante è quello di Murat Arslan, in detenzione dal 2016. Arslan è un ex relatore della Corte costituzionale turca ed è stato l’ultimo presidente dell’ormai disciolta Associazione per l’Unione dei giudici e dei pubblici ministeri turchi (Yarsav). E’ un fervente sostenitore dell’indipendenza della magistratura, tanto da essergli stato conferito nel 2017 il Premio dei diritti umani Václav Havel: premio che viene assegnato annualmente dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa come segno di riconoscimento di azioni eccezionali della società civile a favore dei diritti umani.
Murat Arslan è stato condannato alla pena detentiva di dieci anni di reclusione per il suo impegno profuso a favore di una magistratura indipendente e dei diritti umani. Ad oggi Arslan ha espiato quasi nove anni di detenzione e gli è stata rifiutata la liberazione anticipata, come ha spiegato il magistrato turco Murat Durmaz in una missiva di sensibilizzazione diffusa la scorsa primavera: “In circostanze normali, secondo il diritto penale turco, un detenuto che ha scontato tre quarti della pena è idoneo alla liberazione condizionale, a meno che non vi siano motivi sostanziali contrari o che rappresenti una minaccia per la società”, spiega Durmaz. “Storicamente – continua – le Amministrazioni penitenziarie si sono attenute a questo principio, concedendo automaticamente la liberazione condizionale, come previsto dalla legge. Tuttavia, nei casi in cui le sentenze sono influenzate da motivazioni politiche, abbiamo assistito a una tendenza preoccupante. Alcune amministrazioni penitenziarie hanno iniziato a esercitare i loro poteri discrezionali in modo arbitrario, respingendo le richieste di liberazione condizionale senza una valida giustificazione”. Parole che evidenziano una preoccupazione che è dell’intera comunità internazionale.
Le azioni dell’IAJ
Nel 2024, in occasione del meeting di Varsavia, l’Associazione europea dei magistrati (EAJ) ha adottato una dichiarazione sul rilascio di Arslan e in questi anni l’Associazione internazionale dei magistrati (IAJ, di cui l’EAJ fa parte quale gruppo regionale) si è più volta espressa a sostegno di Murat Arslan anche chiedendo un impegno agli organismi internazionali e creando sul proprio sito istituzionale una sezione speciale dedicata proprio a queste iniziative. Altro dato preoccupante: in diversi procedimenti penali contro giudici turchi, l’EAJ è stata qualificata come un’organizzazione terroristica e, per questo motivo, i membri del Consiglio dell’EAJ si astengono dal recarsi in Turchia.
Non è lo sciopero dei magistrati italiani a dover suscitare stupore: è un loro diritto. Ciò che deve davvero allarmare è questo scenario di repressione dello Stato di diritto e dei valori democratici.