Le fake news e i reati di “aggiotaggio”

Reati dove le fake news costituiscono la “condotta incriminata”

Art. 501 c.p.; art. 2637 c.c. e art. 185 del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF): i reati di “aggiotaggio”

Le tre norme innanzi riportate vanno esaminate congiuntamente in quanto nel loro insieme tutelano l’economia, nel suo complesso, dalle “fake news” ed anzi quello economico è probabilmente il settore per il quale il legislatore si è posto con maggior forza il problema dell’impatto negativo che la divulgazione di false notizie può avere, e così:

  • l’art. 501 c.p. sanziona colui che “…al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose o adopera altri artifici atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato…”.

  • L’art. 2637 del codice civile sanziona invece colui che “ … diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari…”.

  • L’art. 185 del TUF infine sanzione colui che “…diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari…”.

Come è possibile osservare dalla comparazione dei testi delle norme ora citate, mentre nelle fattispecie di cui agli art. 2637 c.c. e 185 TUF la condotta incriminata è quella di “diffondere notizie false” nel caso dell’art. 501 c.p. vengono sanzionate (al pari di quanto previsto in altre norme codicistiche come gli artt. 265 e 656 c.p. di cui si è parlato innanzi) le condotte di chi “…pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose…”. In realtà, al di là di apparenti differenze terminologiche, la condotta sanzionata è la stessa, in quanto, in primo luogo, il concetto di “diffusione” (cui fanno riferimento l’art. 2637 c.c. e l’art. 185 TUF) sicuramente ricomprende in sé anche la condotta di “pubblicare” (alla quale fa riferimento l’art. 501 c.p.) in quanto la pubblicazione è soltanto un modo di “diffusione” di una notizia che si contraddistingue per il mezzo utilizzato che nel caso specifico è quello della stampa. In secondo luogo come già ripetuto più volte innanzi poiché la locuzione “notizie false, esagerate e tendenziose”, di cui all’art. 501 c.p. (in conformità all’interpretazione che gli è stata data dalla Corte costituzionale nella sentenza nr. 19 del 16 marzo 1962) deve essere intesa in senso unitario (e non come tre condotte diverse) e riferita pertanto ad ogni notizia che sia comunque in grado di alterare la realtà dei fatti, appare evidente che tale condotta sia la medesima incriminata nelle altre due norme citate in cui si fa riferimento sic et simpliciter a “notizie false”.

Come già detto innanzi il complesso delle tre norme sembra configurare un vero e proprio “scudo” di protezione del sistema economico nazionale dal turbamento che possa derivare dalla diffusione di false notizie ed infatti l’art. 501 c.p. incrimina la diffusione di false notizie che possano “…cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato…”, mentre l’art. 2637 c.p. sanziona quelle false notizie che possano “…provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari…” ed infine l’art. 185 TUF punisce la diffusione di false notizie idonee “… a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari…”, nonché punisce (al co. 2-ter art. cit.) le false notizie che vadano ad incidere su: “fatti concernenti i contratti a pronti su merci che non sono prodotti energetici all’ingrosso, idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo o del valore degli strumenti finanziari di cui all’articolo 180, comma 1, lettera a)”, su “fatti concernenti gli strumenti finanziari, compresi i contratti derivati o gli strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito, idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo o del valore di un contratto a pronti su merci, qualora il prezzo o il valore dipendano dal prezzo o dal valore di tali strumenti finanziari” ed infine su: “fatti concernenti gli indici di riferimento (benchmark)”.

L’attenzione posta dal legislatore sugli effetti “nocivi” che possa avere, sul sistema economico, la diffusione di false notizie, con appunto la previsione di ben tre fattispecie penali, rende evidente la pericolosità del fenomeno per la nostra società atteso che spesso dietro la diffusione di false notizie vi sono interessi economici.

In relazione all’art. 185 TUF un problema si pone in relazione al co. 1-bis del predetto articolo in base al quale “Non è punibile chi ha commesso il fatto per il tramite di ordini di compravendita o operazioni effettuate per motivi legittimi e in conformità a prassi di mercato ammesse, ai sensi dell’articolo 13 del regolamento (UE) n. 596/2014”. Orbene l’art. 13 del regolamento afferma che il divieto dell’art. 15 del citato regolamento europeo (ovvero il divieto di effettuare manipolazioni di mercato o tentare di effettuare manipolazioni di mercato) “…non si applica alle attività di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a)…” e, poiché l’art. 12 paragrafo 1 lett. a) punto i) prevede la condotta di chi “…invii, segnali falsi o fuorvianti in merito all’offerta, alla domanda o al prezzo di uno strumento finanziario ….”, apparentemente, quindi, sembrerebbe che venga esclusa dal “cono” della sanzione una specifica categoria di “false notizie” atteso che nel concetto di “segnali falsi e fuorvianti”” ben possono rientrare false notizie (ed anzi sicuramente vi rientrano) tese a determinare distorsioni sul mercato. In realtà a ben guardare l’impianto normativo del regolamento europeo si deve escludere che “false notizie” possano essere utilizzate in operazioni finanziarie, infatti in primo luogo è lo stesso art. 13 reg. cit. che afferma che la non applicazione del divieto di cui all’art. 15 avviene solo a “…condizione che la persona … dimostri che tale operazione, ordine o condotta sono giustificati da legittimi motivi e sono conformi a una prassi di mercato ammessa, come stabilito a norma del presente articolo”. Appare evidente che la diffusione di una falsa notizia non potrà mai avere a suo fondamento un “legittimo motivo” perché, in particolare, in campo economico e nello specifico in materia di tutela dei mercati, nessuna “motivazione” può giustificare l’alterazione della realtà atteso che uno dei “canoni” essenziali per il corretto funzionamento dell’economia è proprio la trasparenza dei mercati e l’affidamento che gli operatori possono fare sulla veridicità delle informazioni veicolate. In secondo luogo sempre l’art. 13 afferma che una condotta, al fine di essere esclusa dal divieto di cui all’art. 15 (e pertanto non essere considerata “manipolativa” del mercato), debba essere conforme “… a una prassi di mercato ammessa, come stabilito a norma del presente articolo…”.

In relazione alle “prassi di mercato” ammesse proprio l’art. 13, al comma da 2, prevede tutta una serie di criteri (che si devono ritenere assolutamente cogenti) a cui si debba attenere un’Autorità regolatrice nell’istituire, appunto, una nuova prassi di mercato e così si prevede, tra l’atro, che l’autorità debba verificare se la nuova prassi istituenda preveda o meno un notevole grado di trasparenza rispetto al mercato (lett. a)), se sia in grado di assicurare o meno un elevato livello di garanzie del gioco delle forze di mercato e della corretta interazione tra offerta e domanda (lett. b)), se sia in grado di avere o meno un impatto positivo sulla liquidità e sull’efficienza del mercato (lett. c)) ed ancora se la nuova prassi possa creare “o meno rischi per l’integrità dei mercati direttamente o indirettamente connessi” (lett. e)). Appare evidente che una notizia falsa non potrà mai rispettare i criteri di “trasparenza”, di “corretta integrazione tra domanda ed offerta” ed ancora una falsa notizia mai potrà determinare un impatto positivo sull’efficienza del mercato, cosicché si deve escludere “in nuce” che possano essere emanate prassi che possano contemplare la diffusione di false notizie perché le “fake news” devono ritenersi “intrinsecamente incompatibili” col sistema europeo di tutela dei mercati e della libera concorrenza.

di Stefano Latorre, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sondrio

Tratto da Spunti di riflessione di diritto penale, parte V. Leggi la I, II, III e IV parte su https://lamagistratura.it/categoria/penale-e-sorveglianza/

In foto: Palagio Pelagi, La Verità che scaccia la Frode e fa smascherare da un genio la Calunnia, 1775/ 1860, Museo Civico d’Arte Antica di Bologna