Doppio cognome, a quasi tre anni da sentenza Consulta manca ancora legge

PALAZZO DI GIUSTIZIA (MILANO - 2013-03-15, MAURUIZIO MAULE)

Nel 2022 la Corte Costituzionale ha cambiato le regole per l’attribuzione del cognome ai nuovi nati, con una sentenza storica, invitando il legislatore a rivedere il quadro normativo. Ma a quasi tre anni dalla sollecitazione della Consulta la legge ancora non c’è. Ripercorriamo in questo articolo l’evoluzione della normativa, con un focus conclusivo sui nodi che una nuova legge dovrebbe affrontare.

Uno sguardo al passato, la riforma del diritto di famiglia

In Italia, la legge prevede all’art. 6 del cod.civ. che ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome e il cognome. Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati. Per cui il cognome può essere cambiato solo con le formalità previste dalle legge e solo per chi ha la cittadinanza italiana.
L’art. 262, prima comma, secondo periodo cod. civ., nel regolare l’attribuzione del cognome al figlio nato fuori del matrimonio, prevedeva che «se il riconoscimento è effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre».

La norma rifletteva la disciplina sull’attribuzione del cognome del figlio nato nel matrimonio: la formulazione, antecedente alla riforma del 1975 (legge 19 maggio 1975, n. 151, recante «Riforma del diritto di famiglia»), dell’art. 144 cod. civ., con un testo identico a quello dell’art. 131 del codice civile del Regno d’Italia del 1865 disponeva che: «il marito è capo della famiglia; la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede opportuno di fissare la residenza».
In tale contesto, il cognome del marito imposto alla moglie era quello della famiglia, il che rendeva superfluo esplicitare la sua trasmissione ai figli nati nel matrimonio.

La riforma del diritto di famiglia del 1975 ha introdotto l’art. 143-bis cod.civ., prevedendo l’aggiunta e non più la sostituzione del cognome del marito a quello della moglie, disposizione univocamente interpretata nel senso che attribuisca a quest’ultima una facoltà e non un obbligo ( riguardo all’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti, per la durata dell’unione civile, possono stabilire di assumere un cognome comune, scegliendolo tra i loro cognomi ai sensi dell’ art. 1, comma 10, l. n. 76 del 2006 e art. 70 octies d.P.R 396 del 2000). La nuova disciplina, pur evidenziando un persistente riflesso della vecchia potestà maritale, ha iniziato a mitigare l’immagine del cognome del marito quale cognome identificativo della famiglia. La riforma della filiazione, introdotta dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219 (Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali) e dal d.lgs 28 dicembre 2013, n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219) non ha riguardato detta norma, forse ritenendo non ancora pronta la società alla riforma di un carattere così radicato.

Gli interventi della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale è stata chiamata più volte a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 262 cod. civ.:
– nel 1988, con riferimento al cognome del figlio nato nel matrimonio, ha rilevato che «sarebbe possibile, e probabilmente consentaneo all’evoluzione della coscienza sociale, sostituire la regola vigente in ordine alla determinazione del nome distintivo dei membri della famiglia costituita dal matrimonio con un criterio diverso, più rispettoso dell’autonomia dei coniugi, il quale concili i due principi sanciti dall’art. 29 della Costituzione, anziché avvalersi dell’autorizzazione a limitare l’uno in funzione dell’altro» (ordinanza n. 176 del 1988).
– nel 2006 ha ribadito che «l’attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna» (sentenza n. 61 del 2006, ripresa dalla successiva ordinanza n. 145 del 2007).
– nel 2016 preso atto che, a «distanza di molti anni [dalle citate] pronunce, un “criterio diverso, più rispettoso dell’autonomia dei coniugi”, non [era] ancora stato introdotto» (sentenza n. 286 del 2016), la Corte, «in attesa di un indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità» ha accolto le questioni di legittimità che le erano state sottoposte e, negli stretti limiti tracciati dal petitum, ha, dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma, nella parte in cui non consentiva «ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno», estendendo, in via consequenziale, i suoi effetti sia all’art. 262, comma 1, secondo periodo, cod.civ., sia a quella sull’attribuzione del cognome all’adottato (maggiore d’età) da parte di coniugi (art. 299, comma 3, cod. civ.).

La sentenza della Corte Costituzionale del 2022

Nel 2022 la Corte venne chiamata nuovamente a giudicare della legittimità costituzionale dell’art. 262, cod.civ. sotto un duplice profilo: a seguito di rinvio – ordinanza iscritta al n. 78 del reg. ord. 2020 – da parte del Tribunale di Bolzano, con il quale veniva denunciata l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non consentiva di attribuire, con l’accordo fra i genitori, il solo cognome della madre; si invocava quindi, un intervento additivo avente contenuto radicalmente derogatorio della regola generale sull’automatica trasmissione del cognome paterno;
in via pregiudiziale, con ordinanza iscritta al n. 25 del reg. ord. 2021, prospettata dalla medesima Corte quale giudice remittente, nella parte in cui, in attesa di un intervento legislativo/sostitutivo della norma, era ancora prevista, in mancanza di diverso accordo tra i genitori, l’attribuzione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi.

I parametri costituzionali violati erano evidentemente riconducibili all’art. 2 Cost., in relazione alla tutela dell’identità del figlio, e all’art. 3 Cost., a difesa del principio di eguaglianza nei rapporti fra i genitori, ma anche il contrasto con gli obblighi internazionali, come sottolineati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, sulla protezione dell’identità personale del figlio, mediata dall’art. 8 CEDU, e sul divieto di discriminazioni, di cui all’art. 14 CEDU.
“Il cognome infatti, insieme con il prenome, rappresenta il nucleo dell’identità giuridica e sociale della persona: è costante nella giurisprudenza della Corte Cost. l’affermazione secondo cui il nome è «“autonomo segno distintivo della […] identità personale” (sentenza n. 297 del 1996), nonché “tratto essenziale della […] personalità” (sentenza n. 268 del 2002; nello stesso senso, sentenza n. 120 del 2001)» (sentenza n. 286 del 2016), «riconosciuto come un “bene oggetto di autonomo diritto dall’art. 2 Cost.” [e, dunque, come] “diritto fondamentale della persona umana” (sentenze n. 13 del 1994, n. 297 del 1996 e, da ultimo, sentenza n. 120 del 2001)» (sentenza n. 268 del 2002).” (cfr. 131 del 2022 Corte Cost.).

L’art. 262 cod.civ. riguarda, in particolare, il momento attributivo del cognome, che, di regola, è legato all’acquisizione dello status filiationis, il momento in cui l’individuo viene collegato alla formazione sociale che lo accoglie; esso deve, pertanto, radicarsi nell’identità familiare e, al contempo, riflettere la funzione che riveste, anche in una proiezione futura, rispetto alla persona (sentenza n. 286 del 2016), testimoniando la persona, ma anche l’identità familiare del figlio, la quale deve rispecchiare e rispettare l’eguaglianza e la pari dignità dei genitori e dei loro rami parentali.

La selezione della sola linea parentale paterna oscurava unilateralmente il rapporto genitoriale con la madre, atteso che, in ipotesi di riconoscimento contemporaneo del figlio, l’automatismo imposto dal’art. 262 cod.civ. evidenziava la diseguaglianza tra i genitori.

Sul punto giova ricordare che la Corte, sin dalla sentenza 286 del 2016 e n.61 del 2006, ebbe modo di chiarire che la norma sull’attribuzione del cognome del padre è il «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia», il riflesso di una disparità di trattamento che, concepita in seno alla famiglia fondata sul matrimonio, si è proiettata anche sull’attribuzione del cognome al figlio nato fuori dal matrimonio, ove contemporaneamente riconosciuto.

Detto automatismo non trovava più alcuna giustificazione né nei valori viventi della società, né tantomeno nelle norme della carta costituzionale, né nell’art. 3 Cost., sul quale si fonda il rapporto fra i genitori, uniti nel perseguire l’interesse del figlio, né nel coordinamento tra principio di eguaglianza e «finalità di salvaguardia dell’unità familiare, di cui all’art. 29, comma 2 , Cost., che si riverbera sull’unità della famiglia fondata sul matrimonio (la quale si basa «sugli stessi diritti e sui medesimi doveri» dei coniugi (art. 143 cod.civ.), sulla reciproca solidarietà e sulla condivisione delle scelte (cfr. nuova formulazione dell’art. 144 cod.civ.).

L’«importanza di un’evoluzione nel senso dell’eguaglianza dei sessi» veniva, del resto, sottolineata anche dalla CEDU, che invita alla «eliminazione di ogni discriminazione […] nella scelta del cognome», sul presupposto che «la tradizione di manifestare l’unità della famiglia attraverso l’attribuzione a tutti i suoi membri del cognome del marito non p[uò] giustificare una discriminazione nei confronti delle donne (si veda, in particolare, Ünal Tekeli, [paragrafi] 64-65)» (CEDU, sentenza 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo contro Italia, paragrafo 66).

Tanto premesso si osserva che la pronuncia della Corte Costituzionale del 2016 che demandava all’accordo in funzione derogatoria tra i genitori circa le valutazioni sul cognome del nascituro non era comunque sufficiente ad assicurare parità tra i genitori, atteso che “a fronte di una disciplina che garantisce l’attribuzione del cognome del padre, la madre è posta in una situazione di asimmetria, antitetica alla parità, che, a priori, inficia le possibilità di un accordo, tanto più improbabile in quanto abbia a oggetto l’attribuzione del solo cognome materno, ossia il radicale sacrificio di ciò che spetta di diritto al padre”.
Di conseguenza, la Corte, preso atto delle numerose proposte di riforma legislativa, presentate a partire dalla VIII legislatura, non portate a compimento, con la pronuncia del 27.4.2022 invece ha concluso che il cognome del figlio deve comporsi con i cognomi dei genitori, salvo loro diverso accordo.

Si è discusso a lungo sulla necessità di individuare un ordine di attribuzione dei cognomi dei due genitori compatibile con i principi costituzionali e con gli obblighi internazionali, tenendo conto che il paradigma della parità conduce all’ordine concordato dai genitori, soluzione adottata anche negli altri paesi europei che prevedono l’attribuzione del doppio cognome (in primis la Spagna). In ipotesi di disaccordo, in mancanza di diversi criteri che solo il legislatore potrà prevedere, la Corte Cost. rinvia allo strumento che l’ordinamento giuridico già appronta per risolvere il contrasto fra i genitori.

Dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 262, comma 1, secondo periodo, cod.civ. e delle norme collegate in tema di adozione e affidamento (art. 299, comma 3 cod.civ., sull’adozione da parte dei coniugi del maggiore d’età, alla disciplina sull’ordinamento dello stato civile, laddove vieta di assegnare al bambino lo stesso nome del padre o del fratello o della sorella viventi), deriva, allo stato un “doppio binario” tra i nati prima e dopo la sentenza della Corte Costituzionale, essendo pacifica l’irretroattività della disposizione.
Per i bimbi nati dopo l’1.06.2022 vi sarà la scelta dei genitori sia in ordine al cognome/cognomi da imporre al neonato, sia in relazione all’ordine, se c’è il consenso di entrambi i genitori; per chi è nato prima, eventuali richieste di modifica del cognome, salvo specifici interventi del legislatore, dovranno seguire la procedura regolata dall’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000, come sostituito dall’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 54 del 2012.
La disciplina è identica per le coppie di fatto.

In sintesi:
Dal 2022 ai nuovi nati è possibile così comporre il proprio cognome:
1. Cognome paterno + cognome materno (anche senza il consenso del padre, che infatti non può opporsi al doppio cognome). L’ordine dei cognomi prevede quindi prima quello del padre;
2. Cognome materno + cognome paterno (se c’è il consenso di entrambi i genitori);
3. Solo cognome materno (se c’è il consenso di entrambi i genitori);
4. Solo cognome paterno (se c’è il consenso di entrambi i genitori).

Problemi de iure condendo

Uno dei problemi che si porrà al legislatore è quello legato a impedire che l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori comporti, nel succedersi delle generazioni, un meccanismo moltiplicatore che sarebbe lesivo della funzione identitaria del cognome. Nel corso del tempo, sul punto sono intervenute circolari finalizzate ad omogeneizzare gli interventi sul punto della PA: Ministero dell’interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, circolare n. 21 del 30 maggio 2006, recante «Problematiche inerenti all’attribuzione del cognome materno»; circolare n. 15 del 12 novembre 2008, recante «Chiarimenti in merito alle istanze di cambiamento del nome e del cognome di cui agli art. 84 e seguenti del D.P.R. n. 396/2000»; circolare n. 14 del 21 maggio 2012, recante «D.P.R. n. 54 del 13 marzo 2012, modifiche al D.P.R. n. 396/2000 in materia di procedimento di cambiamento del cognome»; oltre alla modifica dell’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000 a opera dell’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2012, n. 54, «Regolamento recante modifica delle disposizioni in materia di stato civile relativamente alla disciplina del nome e del cognome prevista dal titolo X del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396».

Altro quesito che spetterà al legislatore risolvere concerne l’interesse del figlio a non vedersi attribuito – con il sacrificio di un profilo che attiene anch’esso alla sua identità familiare – un cognome diverso rispetto a quello di fratelli e sorelle, prevedendo che le scelte relative all’attribuzione del cognome al momento del riconoscimento contemporaneo del primo figlio della coppia (o al momento della sua nascita nel matrimonio o della sua adozione), siano vincolanti rispetto ai successivi figli riconosciuti contemporaneamente dagli stessi genitori (o nati nel matrimonio o adottati dalla medesima coppia).

A seguito della pronuncia di incostituzionalità del 2022 per i bimbi nati dopo il 1.06.2022, al momento della nascita, è possibile aggiungere (solo) il cognome materno tramite una dichiarazione all’ufficiale di stato civile poiché “il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due. In mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l’intervento del giudice in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico.

Doppio cognome per i nati prima del 2022 o in tutti i casi in cui ci sia già stata la dichiarazione di nascita

Allo stato per i minorenni, l’istanza deve essere presentata dal genitore esercente la responsabilità genitoriale sul minore.
In questi casi, l’unico modo per poter aggiungere un doppio cognome è presentare un’istanza (rinvenibile sul web) alla Prefettura competente per territorio.

Procedura presso la Prefettura

1. presentare un’istanza scritta alla Prefettura della propria provincia di residenza o dove si trova l’atto di nascita. L’istanza deve essere presentata con una marca da bollo da 16 euro, mentre per i casi in cui il cognome è ridicolo o vergognoso l’istanza può essere presentata gratuitamente. Per i minorenni, il doppio cognome dovrà essere chiesto dai genitori (o tutore). La modulistica è rinvenibile sul sito della Prefettura, di solito, o a specifica richiesta;
2. la Prefettura potrebbe comunicare che vi sono motivazioni ostative (art. 10-bis legge 241/90) e quindi richiedere di trasmettere delle osservazioni scritte o documenti integrativi;
3. se invece la Prefettura comunica che l’istanza è presa in considerazione, emetterà un decreto che autorizza le affissioni. Questo decreto potrà essere ritirato alla Prefettura consegnando una marca da bollo da 16 euro;
4. chiedere al comune di nascita e di residenza l’affissione del sunto della domanda nell’albo pretorio per 30 giorni consecutivi. Entro questo termine, eventuali interessati possono fare opposizione (si tratta di casi rarissimi);
5. dopo i 30 giorni dall’affissione, i comuni rilasceranno un verbale che attesta l’affissione;
6. si potrà comunicare alla Prefettura i verbali di affissione al Comune;
7. la Prefettura emetterà il decreto conclusivo che concederà il doppio cognome (su questo decreto, al fine di conseguire validità, dovrà essere apposta un’altra marca da bollo da 16 euro);
8. nei rari casi in cui vi erano stati opponenti, il decreto dovrà essere loro notificato a loro e poi fornita la prova della notifica alla Prefettura;
9. si potrà chiedere all’ufficio dello stato civile del comune di residenza la modifica del cognome;
10. il comune di residenza farà l’annotazione del cambio del cognome nell’atto di nascita, nell’atto di matrimonio (ove coniugati) e negli atti di coloro che ne hanno derivato il cognome (se si hanno figli minorenni, mentre per i maggiorenni vige la libertà di scelta di modificare il cognome come quello del padre o di lasciarlo invariato). Se il comune di residenza è diverso da quello di nascita o della celebrazione del matrimonio, allora il comune di residenza si occuperà di fare le comunicazioni d’ufficio agli altri comuni.

Raffaella Maria Gigantesco è magistrato addetto all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte Suprema di cassazione.