Magistrati ordinari in tirocinio: come scegliere tra le funzioni

Palazzo di Giustizia; inaugurazione dell' Anno Giudiziario Tributario. Nella foto (MILANO - 2017-03-11, ENRICO BRANDI) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

Il 28 e il 29 marzo i magistrati ordinari in tirocinio (M.O.T.) nominati con il D.M. 2.3.2021 saranno chiamati a scegliere la prima loro sede di servizio. Una scelta da sempre vissuta come un delicato momento di passaggio dal periodo della formazione a quello dell’assunzione delle responsabilità connesse alla svolgimento delle funzioni giudiziarie.  Per i colleghi in tirocinio rappresenta un crocevia importante, sotto molti punti di vista, non ultimo quello di dover ripensare la propria organizzazione di vita, in particolare per coloro che, per scelta o per necessità, prenderanno possesso in una città diversa e lontana da quella in cui vivono attualmente.

Ma, soprattutto, la scelta della prima sede di servizio coincide, inevitabilmente, anche con la scelta delle funzioni che si intendono svolgere, quantomeno nei primi tre anni di esercizio della professione. Una scelta quindi molto importante anche sotto questo profilo e che, in questo caso, potrebbe assume una valenza ancora più significativa: come è noto, infatti, il 16 febbraio scorso la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile, tra gli altri, il referendum abrogativo sulla c.d. “separazione delle carriere tra Giudice e Pubblico Ministero”, il quale potrebbe produrre l’effetto di rendere la scelta delle funzioni che i M.O.T. andranno a compiere nei prossimi giorni, una scelta irreversibile e quindi definitiva, in quanto il quesito referendario, più che separare le carriere, che di fatto restano unite sotto tutti gli altri punti di vista, mira, invece, proprio ad eliminare la possibilità di cambiare funzioni, da giudicanti a requirenti e viceversa.

Non solo. Infatti, anche se il referendum non dovesse raggiungere il quorum o non dovessero prevalere i “si”, il disegno di legge (A.C. 2681) di riforma dell’ordinamento giudiziario, anche nella versione di recente emendata dal Governo, prevede la modifica dell’articolo 13, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 160 del 2006, con l’effetto che “Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa” che oggi “può essere richiesto dal magistrato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera”, sarà consentito soltanto due volte, sempre che il Parlamento non decida di intervenire per limitare ulteriormente questa possibilità.

Per cui, se attualmente la scelta della funzione, che si effettua al termine del periodo di tirocinio generico, è suscettibile di successive modifiche nel corso del percorso professionale, in quanto il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, sebbene poco praticato in concreto, è possibile per quattro volte nell’arco dell’intera carriera del magistrato, seppure con talune stringenti limitazioni (ossia solo “dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata e non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, ne’ con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni”), è probabile che, prima ancora che gli attuali M.O.T. prenderanno possesso della loro prima sede, le possibilità di cambiare successivamente funzioni verranno sensibilmente ridotte. E questo potrebbe contribuire a ridurre ulteriormente il tasso di serenità con cui già normalmente si effettua una scelta indubbiamente importante, come quella della prima sede di servizio, che potrebbe essere vissuta dai M.O.T. con maggiore apprensione di quanto finora non sia già avvenuto da parte dei collegi che li hanno preceduti.

L’Associazione Nazionale Magistrati, per il tramite della sua Rivista, vuole perciò provare a dare il suo contributo, per aiutare i giovani colleghi in tirocinio ad orientarsi in questa scelta, cercando di fornire loro quanti più strumenti possibili di valutazione e di selezione. E ha scelto di farlo chiedendo a tre magistrati di raccontare la loro esperienza, e, in particolare, i criteri che li hanno guidati nella scelta della prima sede di servizio e le ragioni per le quali hanno deciso di svolgere funzioni giudicanti o requirenti, nella consapevolezza che, di regola, i magistrati in tirocinio, che sono prossimi alla scelta della sede di prima nomina e quindi anche della funzione, si dividono grossomodo in tre categorie:

1) ci sono quelli, ma non sono moltissimi, che, in considerazione della posizione che occupano in graduatoria, potendo scegliere l’ufficio giudiziario in cui prendere servizio, hanno già le idee chiare anche su quale funzione andranno a svolgere, almeno come primo incarico;

2) poi ci sono quei colleghi, e anche questi per fortuna non sono moltissimi, che, sempre in considerazione della posizione che occupano in graduatoria, ma per ragioni opposte ai primi, non sanno, in anticipo rispetto al momento in cui verranno chiamati ad operare la loro scelta, tra quali sedi potranno scegliere e quindi quali funzioni potranno scegliere di svolgere nella loro prima sede di servizio;

3) infine, ci sono quelli, e sono la maggioranza, i quali o scelgono la funzione, e in base a quella orientano la scelta della sede, non necessariamente secondo criteri di vicinanza geografica con il luogo in cui vivono o dove stanno svolgendo il tirocinio; oppure scelgono la sede che, quando sarà il loro momento, sarà quella più vicina al posto in cui vivono o quella comunque più comodamente raggiungibile, qualunque sia la funzione che si troveranno a svolgere.

E se, forse, è soprattutto la scelta che effettueranno questi ultimi, che comunque costituiscono la maggioranza, a poter essere in qualche modo orientata da quello che leggeranno nelle tre testimonianze che seguono, siamo però convinti che i consigli che in esse vengono dispensati torneranno utili anche a chi ha già fatto la sua scelta.

Ma prima di entrare nel vivo delle tre testimonianze, riteniamo utile svolgere tre brevi considerazioni finalizzate a “sdrammatizzare” questa scelta:

  • la prima e forse più banale considerazione è che non esiste una scelta giusta, perché ogni magistrato in tirocinio si trova in una situazione esistenziale diversa dall’altro, ed è inevitabile che, mentre alcuni potranno scegliere senza condizionamenti, altri dovranno fare i conti con situazioni personali o familiari preesistenti che potrebbero vincolarli nella scelta della sede e, in alcuni casi, anche delle funzioni; per cui ogni scelta è giusta se fatta valutando, con il giusto slancio ideale, ma anche con la necessaria ponderazione, le proprie priorità;
  • la seconda considerazione parte da un dato: negli ultimi tre anni si sono verificati soltanto 81 passaggi dalla funzione giudicante a quella requirente e addirittura solo 41 mutamenti di funzioni da quella requirente a quella giudicante, e questo, se in parte può essere dipeso anche dalle limitazioni nel passaggio da una funzione all’altra previste dall’attuale sistema, dall’altro crediamo che dipenda, in larga parte, dalla consapevolezza che ciò che più conta non sono le funzioni che si svolgono, ma come le si svolge; in altre parole, ciò che conta non è essere Giudice o Pubblico Ministero, ma soprattutto essere un buon Giudice o un buon Pubblico Ministero, e per raggiungere questo risultato, sebbene è certamente vero che il passaggio da una funzione all’altra è fonte di arricchimento, è però altrettanto necessario che l’esperienza maturata nello svolgimento di talune specifiche funzioni non vada dispersa, per cui è naturale, oltre che responsabile, che normalmente si prosegua quel percorso di crescita professionale che si è faticosamente intrapreso;
  • la terza e ultima, ma forse anche la più importante considerazione è che, qualsiasi funzione svolgano, tutti i magistrati italiani, siano Giudici o Pubblici Ministeri, sono accomunati da quel fondamentale statuto di autonomia e indipendenza e di soggezione soltanto alla legge che i Padri Costituenti, con una visione lungimirante, hanno inteso riconoscere loro, non quale privilegio, ma come garanzia di funzionamento di quel delicato meccanismo di checks and balances tra i tre principali poteri dello Stato e di cui tutti noi magistrati abbiamo il dovere di fare buon esercizio.

Suggerimenti di lettura

In vista dell’ormai imminente scelta della prima sede di servizio e delle funzioni da svolgere da parte dei magistrati ordinari in tirocinio, suggeriamo di leggere le testimonianze di tre magistrati, un Giudice civile, un Giudice penale e un Pubblico Ministero, che questa scelta l’hanno compiuta qualche anno fa, nella speranza che il loro racconto e i loro consigli possano essere d’aiuto per i colleghi più giovani, che rappresentano il futuro, ma anche e soprattutto la speranza della Magistratura italiana, ovvero – per usare le parole con cui Piero Calamandrei, nella prefazione alla terza edizione della sua celebre opera “Elogio dei giudici scritto da un avvocato”, pubblicata nel 1954, descriveva i giovani magistrati – “quei magistrati che, spinti dalla vocazione, hanno appena varcato la soglia della Magistratura, e ai quali è affidato il compito di rendere sempre migliore, cioè sempre più umana, la Giustizia dell’avvenire”.

Per le testimonianze vai ai link: Il mestiere del giudice civile – Il mestiere del giudice penale – Il mestiere del Pubblico Ministero

 

Foto © Credito: ENRICO BRANDI / Fotogramma