Il 25 novembre si celebra la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, data scelta dalle Nazioni Unite in memoria delle sorelle Mirabal, attiviste dominicane uccise nel 1960. L’occasione in ogni Paese per una riflessione collettiva su un fenomeno drammatico, in parte anche sommerso, che richiede un approccio complessivo, integrato e multilivello.
In Italia, come raccontano le cronache e le statistiche, la strada da fare è ancora lunga, nonostante un quadro normativo considerato tra i più avanzati in Europa.
Sull’opportunità di introdurre altri strumenti il dibattito è aperto, così come sulla possibilità di riunire tutte le leggi in un codice unico che metta in ordine gli interventi che si sono susseguiti negli ultimi anni. Dal 2013 il nostro Paese si è dotato di un insieme di leggi di contrasto a partire dalla ratifica della convenzione di Istanbul al Codice rosso varato nel 2019 e ulteriormente rafforzato nel 2023. Di seguito un sintetico sguardo d’insieme alle misure più importanti.
Dalla ratifica della Convenzione di Istanbul al Codice rosso
L’evoluzione della normativa italiana in materia di violenza sulle donne parte dalla ratifica della Convenzione di Istanbul (ratificata in tutto da 37 Stati e dall’Ue) e recepita con la legge numero 77 del 2013, con l’obiettivo di mettere in campo, anche nel nostro Paese, una strategia su molteplici livelli contro il fenomeno, come indicato dallo stesso trattato. La Convenzione è stato il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, in cui per la prima volta la violenza sulle donne viene definita come violazione dei diritti umani.
Pochi mesi dopo l’adozione della Convenzione di Istanbul, l’Italia ha varato il cosiddetto decreto legge anti femminicidio (numero 93 del 2013) che ha introdotto l’adozione periodica di Piani di azione contro la violenza di genere, oltre ad una serie di modiche sia del codice penale che di procedura penale.
Devono trascorrere alcuni anni però per arrivare al cosiddetto Codice rosso, la legge numero 69 del 2019. Il provvedimento ha disegnato una procedura a tutela delle vittime e introdotto 4 nuovi reati: deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; il cosiddetto revenge porn, ovvero la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti; costrizione o induzione al matrimonio; violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Con il Codice rosso sono state aumentate le pene per i reati più frequenti contro le vittime di genere femminile come maltrattamenti, atti persecutori e violenza sessuale, con l’introduzione per quest’ultima di un’aggravante quando gli atti siano commessi con minori di 14 anni in cambio di denaro o altra utilità. E si è reso tale delitto procedibile d’ufficio. La legge ha inoltre rafforzato le tutele processuali delle vittime, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica e ha disposto una procedura specifica per i reati commessi contro vittime di genere femminile, per rendere più veloce l’instaurazione del relativo procedimento penale. Con il Codice rosso si è introdotto anche l’obbligo per il giudice penale di trasmettere al giudice civile i provvedimenti nei confronti di una delle parti, se sono in corso procedimenti di separazione o cause relative all’affidamento di minori. Quanto al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ha previsto l’applicazione del braccialetto elettronico.
Le altre leggi dopo il Codice rosso
Un altro intervento cardine per la lotta alla violenza femminile è la legge n. 53 del 2022 con cui il Parlamento ha disciplinato la raccolta di dati e informazioni sulla violenza di genere, dando ulteriore seguito ad uno dei principi della Convenzione di Istanbul. Introducendo, tra l’altro, l’obbligo per i soggetti pubblici e privati che partecipano all’informazione statistica ufficiale di fornire i dati e le notizie e di rilevare e di elaborare e diffondere i dati relativi alle persone disaggregati per uomini e donne. Anche tutte le strutture sanitarie pubbliche sono chiamate a fornire i dati e le notizie relative alla violenza contro le donne.
La legge delega 134 del 2021, la cosiddetta riforma Cartabia, interviene ancora sul codice penale e di procedura penale, con una serie di disposizioni per il rafforzamento degli istituti di tutela della vittima del reato. In particolare le disposizioni previste dal Codice rosso a tutela delle vittime sono state estese anche alle vittime di tentato omicidio e alle vittime dei delitti spia, se realizzati in forma tentata. L’intervento sul piano processuale è stato accompagnato da un ulteriore inasprimento delle pene dei reati che costituiscono tipiche manifestazioni di un ambiente domestico o relazionale degenerato. Ed è stato previsto l’arresto obbligatorio in flagranza per chi viola i provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Infine la legge 168 del 2023 con ulteriori novità per rafforzare la tutela della vittima accrescendo l’attenzione verso i reati spia e per la prevenzione. In quest’ottica la legge ha rafforzato la misura di prevenzione dell’ammonimento del questore, estesa anche ai cosiddetti delitti spia con un aumento di pena quando i reati sono commessi da un soggetto che era già ammonito.
Tra gli altri punti, viene estesa l’applicazione delle misure di prevenzione della sorveglianza speciale e dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora, previste dal Codice antimafia, anche agli indiziati di reati legati alla violenza contro le donne e alla violenza domestica. Con l’obbligo di disporre per tali soggetti il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati abitualmente dalle vittime e l’obbligo di mantenere una determinata distanza, non inferiore a 500 metri. Con il provvedimento che impone il divieto di avvicinamento viene disposta anche l’applicazione della modalità di controllo tramite braccialetto elettronico, con la previsione di una misura più grave se l’imputato nega il proprio consenso.
Si inserisce inoltre l’arresto in flagranza differita per chi viene individuato quale autore di una serie di condotte di violazione dei provvedimenti di allontanamento e del divieto di avvicinamento; di maltrattamenti in famiglia; di stalking. Con una serie di altri interventi per quanto riguarda la sfera processuale.
Le risoluzioni e delibere del Csm
A corredo del quadro normativo vanno ricordati anche una serie di interventi del Consiglio superiore della magistratura che a partire dal 2009 si è occupato della violenza di genere. Ne ha parlato nelle scorse settimane su La Magistratura (“Violenza domestica e di genere, le delibere del Csm per migliorare la risposta di giustizia”; 01/2024) la pm Ilaria Perinu, che è anche componente del Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati.
La prima risoluzione del 2009 individua due fattori fondamentali: la necessità di formazione con un approccio multidisciplinare e inter istituzionale; e di specializzazione per la trattazione dei procedimenti che riguardano la violenza di genere. Tema ripreso nel 2014 con la necessità ribadita dal Csm di formare e specializzare anche la magistratura onorario e la polizia giudiziaria, di potenziare la cooperazione tra magistratura requirente e giudicante. Nel 2018 una delibera di Palazzo Marescialli approva le linee guida in materia di violenza di genere, indicando la necessità di trattazione prioritaria dei procedimenti in materia e di riservare la trattazione dei procedimenti relativi all’area della violenza di genere e domestica a magistrati specializzati e a persone di polizia specializzato (per la fase di indagine).
Nel 2021 il Consiglio ha anche deciso di proseguire con cadenza annuale nella verifica dell’evoluzione della situazione degli uffici giudiziari, per raccogliere ed aggiornare buone prassi degli uffici e garantire la massima specializzazione possibile.
La Commissione bicamerale d’inchiesta
Con la legge 12 del 2023 si è istituita una Commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio e ogni forma di violenza di genere. La commissione ha il compito tra gli altri di svolgere indagini sulle reali dimensioni e cause del femminicidio, monitorare l’attuazione della Convenzione di Istanbul, accertare carenze e incongruità della normativa vigente, proporre altre soluzioni legislative per la prevenzione e il contrasto al fenomeno e valutare la necessità di redigere un testo unico, che metta in ordine le fonti che si sono susseguite negli ultimi anni.