
Il superamento del tetto di 45 giorni per le intercettazioni non si applica solo ai reati di mafia e terrorismo. Si applica anche a quelli contro la pubblica amministrazione. È bufera in queste ore sul tema, con diversi esponenti della maggioranza parlamentare che accusano la procura di Messina per una circolare, raccontata dal Fatto Quotidiano, che ricorda come esista una norma al riguardo.
Si tratta del decreto legislativo 216 del 2017. “Nei procedimenti per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni […] si applicano le disposizioni di cui all’articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152”. Proprio la norma per le intercettazioni che riguardano i reati di mafia.
“E’ inaccettabile che ogni volta che il legislatore presenta una norma questa venga stravolta da interpretazioni elusive da parte della magistratura”, aveva dichiarato all’Ansa il deputato di FI Enrico Costa. In realtà però non si tratta di interpretazioni elusive, ma semplicemente l’applicazione di una legge in vigore.
Sul tema interviene anche la Giunta dell’Anm. “Sarebbe stato superfluo, ma si rende purtroppo necessario, ribadire che se una norma non è stata abrogata deve essere applicata. È viceversa doveroso sottolineare che, se l’intenzione del legislatore di sottrarre i reati contro la pubblica amministrazione alla più rigorosa disciplina in tema di intercettazioni non è stata fedelmente trasfusa nel testo di legge, non può addossarsi alcuna responsabilità alla magistratura”, si legge in una nota.
Ora lo scenario è quello di una nuova modifica legislativa. Non per interpretare in maniera più stringente la legge Zanettin, ma per abrogare il provvedimento del 2017 che altrimenti resterà in vigore. La scelta sarà di governo e Parlamento.