Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS): un possibile equilibrio tra esigenze di sicurezza e prospettive riabilitative alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 22/2022. Il setting delle REMS tra sicurezza e riabilitazione: il punto di vista della psichiatria
di Corrado Villella, Alessia D’Andrea, Giovanna Paoletti, Giuseppe Nicolò 1
Abstract
L’articolo, redatto da psichiatri che operano nelle REMS, diviso in due parti, intende contribuire al dibattito innescato dalla sentenza 22/2022 della Corte Costituzionale. La seconda sezione sottolinea la necessità di garantire le indispensabili condizioni di sicurezza agli utenti ed al personale e valorizza la prospettiva riabilitativa in cui si iscrive il lavoro delle REMS, proponendo alcune riflessioni teoriche su questo setting di cura.
- Introduzione
La sentenza della Corte costituzionale n. 22/2022 ha evidenziato una serie di criticità emerse in seguito all’entrata in vigore del decreto legge n. 211/2011 recante “Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri”, innescando un vivace dibattito pubblico, dapprima sulle riviste giuridiche1, quindi anche su testate generaliste. A questa discussione, in qualità di psichiatri che lavorano nelle REMS sin dalla loro istituzione, intendiamo contribuire individuando dei punti su cui riteniamo opportuno un confronto tra la cultura psichiatrica e quella giuridica. Questa sezione segue una prima parte già pubblicata su questa rivista (consultabile qui https://lamagistratura.it/penale-e-sorveglianza/rems-liste-dattesa-e-dimensionamento-dei-servizi-il-punto-di-vista-della-psichiatria/).
- Sicurezza
La sentenza della Corte Costituzionale n. 22/2022, citando il Ministero della Giustizia, individua un ulteriore ostacolo nel funzionamento del sistema nella «sottovalutazione delle problematiche relative alla sicurezza interna ed esterna alle R.E.M.S.», ove gli operatori incontrano difficoltà «estreme […] nella gestione dei pazienti psichiatrici connotati da personalità particolarmente violente ed aggressive».
Prima della riforma, negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari la sicurezza era chiaramente affidata al corpo di Polizia Penitenziaria, mentre le REMS hanno una gestione esclusivamente sanitaria, che non dispone di strumenti efficaci nel prevenire reati che non siano sintomatici di un disturbo mentale. In questi anni abbiamo assistito ad un grande numero di episodi di aggressività che hanno comportato poche conseguenze in termini di danni fisici subiti dal personale o da altri utenti, ma anche, seppur meno frequenti, ad agiti violenti che hanno determinato lesioni a danno di altri utenti o hanno esposto a pericoli gli operatori delle REMS.
Gli aspetti relativi a questa tematica andrebbero considerati come determinanti nella strutturazione del setting di cura della REMS, individuando soluzioni rispettose delle esigenze degli utenti e dei mandati professionali del personale sanitario. Sul tema l’illustre psichiatra forense Ugo Fornari2 sottolinea che i comportamenti criminosi dei nostri pazienti non vanno sempre considerati quali sintomi del disturbo mentale, specie nei casi di pazienti trattati, la cui sintomatologia è in fase di remissione. Lo stesso autore3 evidenzia che al personale sanitario non spettano compiti di sorveglianza e neutralizzazione polizieschi, qualora i comportamenti dei pazienti non siano da interpretare come sintomi del disturbo o qualora trattamenti adeguati non abbiano sortito gli effetti sperati.
Altra questione di difficile gestione, nell’ambito della tutela sanitaria dei nostri utenti, è la necessità di garantire accertamenti o trattamenti sanitari non erogabili all’interno della struttura, che pur non configurandosi quali prestazioni urgenti, non sono differibili: si pensi, a titolo di esempio, alle visite infettivologiche periodiche necessarie per la prescrizione delle terapie antiretrovirali a pazienti portatori di infezione al virus HIV o HCV. In diverse occasioni ci siamo trovati a dover garantire l’accompagnamento – da parte di soli professionisti sanitari – di alcuni presso i centri di riferimento, anche in condizioni cliniche di compenso psicopatologico solo parziale. In tali condizioni il professionista sanitario si trova a dover scegliere tra il rischio di riattivazione della patologia infettiva a causa dell’interruzione delle cure e il rischio di fuga o della messa in atto di nuovi reati.
Ci preme sottolineare che la tutela della sicurezza dei luoghi di cura non è frutto di istanze custodialistiche, ma un obiettivo imprescindibile delle organizzazioni sanitarie, tanto che le aggressioni ai danni degli operatori sanitari e degli utenti, al pari dei suicidi e tentati suicidi, sono individuate dal Ministero della Salute come eventi sentinella, ovvero eventi avversi di particolare gravità, che causano morte o gravi danni al paziente e che determinano una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del Servizio Sanitario, oggetto di monitoraggio da parte dello stesso Ministero.
Alcuni settori della pubblica opinione tendono a negare l’utilità di risorse quali le guardie particolari giurate, metal detector, grate sulle finestre, videosorveglianza, stigmatizzandole come un retaggio di una mal definita “cultura carceraria”. A nostro avviso, tali misure strutturali garantiscono piuttosto la sicurezza degli utenti limitando l’accesso ad oggetti potenzialmente pericolosi. Tali misure strutturali sono infatti indicate dalla “Raccomandazione per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari” del Ministero della Salute4.
Citiamo inoltre i Centers for Diseases Control and Prevention5, che, ad esempio, indicano tra le strategie prioritarie per la prevenzione del suicidio quello di creare ambienti protettivi, riducendo l’accesso a strumenti potenzialmente pericolosi per i soggetti a rischio suicidario. Il XVIII rapporto Antigone6 sulle condizioni di detenzione ci informa dell’elevato tasso di suicidi e di gesti autolesivi nella popolazione detenuta, mentre, purtroppo, alcune meta-analisi sottolineano la scarsa forza statistica dei modelli di valutazione del rischio suicidario, la cui predittività appare subottimale7-9. Di fronte all’impossibilità di prevedere quando un soggetto a rischio possa mettere effettivamente in atto un gesto autolesivo, appare prioritario attuare tutte le possibili strategie strutturali di prevenzione.
La creazione di un ambiente sicuro consente, in modo che solo ai meno avveduti può sembrare paradossale, maggiori margini di libertà nella vita quotidiana interna alla struttura, limitando il senso di minaccia cui sono esposti gli utenti nelle nostre Residenze, oltre agli stessi operatori.
Il setting della REMS deve contemperare la tutela dei diritti dei nostri utenti, che accedono alle REMS su disposizione dell’Autorità Giudiziaria e non per libera scelta individuale, con le esigenze di cura di condizioni di tale complessità.
Ad esempio, occorre ricordare che buona parte delle comunità terapeutiche che ospitano pazienti con disturbi da uso di sostanze, al fine di prevenire le recidive, impone agli utenti una limitazione all’accesso di visitatori, all’uso del telefono, alle uscite dei pazienti. Spesso i pazienti dimessi dalle REMS perché inviati presso tali strutture in regime di libertà vigilata, incontrano maggiori restrizioni di quelle cui erano sottoposti durante la misura detentiva, restrizioni funzionali alla prosecuzione dell’astensione dalle sostanze stupefacenti.
Alcuni sistemi sanitari stranieri individuano specifici percorsi di trattamento in contesti forensi, ad esempio il National Health System Britannico gestisce direttamente tre ospedali psichiatrici ad alta sicurezza, finanzia 57 strutture a media sicurezza ed altre a bassa sicurezza, al fine di garantire un ambiente di cura adeguato in base alle precipue necessità degli utenti, che vengono considerati in una prospettiva evolutiva10. Molti stati hanno anche delle unità forensi territoriali, altri prevedono servizi differenziati in base alle esigenze cliniche11.
In Italia oltre alle REMS, che appaiono idonee alla gestione di pazienti da media-sicurezza, ma che non dispongono di strumenti atti a contrastare l’aggressività predatoria o pazienti psichiatrici molto violenti, non sono previsti servizi psichiatrici dedicati agli utenti forensi; l’utilizzo di modelli già sperimentati in altri contesti potrebbe semplificare i processi di presa in carico, individuando dei percorsi che consentano progressivamente maggiori margini di libertà, pur mantenendo delle caratteristiche di maggiore protezione degli stessi utenti e della collettività.
- Stati Mentali, scopi, obiettivi personali
Un aspetto da valorizzare delle riforme che hanno portato al superamento degli OPG è l’intervento dei centri di salute mentale nel definire dei progetti di cura alternativi, che presuppongano l’impegno del paziente nell’aderire alle cure. Sul tema della prospettiva riabilitativa in cui si iscrive il lavoro delle REMS intendiamo evidenziare alcuni aspetti teorici he dovrebbero guidare il lavoro clinico.
- Come suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità12, i servizi comunitari per la salute mentale hanno bisogno di includere un approccio basato sulla recovery, ovvero al processo di recupero di una vita significativa, come definita dalla persona stessa.
- La definizione degli obiettivi del trattamento vanno definiti in accordo col paziente; tali obiettivi devono essere realistici, dipendenti da ciò che è nel potere del paziente, appropriati e adeguati alla situazione, alle circostanze e al contesto, in accordo con altri scopi e con i valori perseguiti dal paziente13. Il modello della Terapia Dialettica Comportamentale, sviluppato per pazienti gravemente disregolati come quelli affetti da disturbo borderline di personalità, stimola a tal fine i pazienti, nella fase di pretrattamento, a creare la propria rappresentazione di “una vita degna di essere vissuta”, verso cui orientare il lavoro di cura14,15.
- Una particolarità del setting forense è che i nostri pazienti non formulano autonomamente una richiesta di cure, che sono invece imposte dall’autorità giudiziaria tramite l’applicazione della misura di sicurezza. Una sfida cruciale del terapeuta che opera nell’ambito della REMS è quello di stabilire e mantenere un clima terapeutico collaborativo, con una chiara definizione dei ruoli e del setting di cura. Il terapeuta dovrà aiutare il paziente a raggiungere scopi funzionali, sviluppando strategie relazionali alternative a quelle dei cicli interpersonali problematici, fattori di mantenimento di alcuni dei disturbi di personalità più frequenti tra i nostri utenti16.
- Su ogni paziente andranno individuati degli obiettivi concreti e delle strategie per realizzarli, acquisendo gradualmente maggiori margini di autonomia e favorendo lo sviluppo di stati mentali di autoefficacia positiva.
- Le azioni sono guidate o regolate da scopi, ovvero sulla base di una rappresentazione del loro esito e in funzione di esso, e le emozioni fungono da indicatore rispetto a quanto si approssimi o ci allontani dal suo raggiungimento17. Un setting di cura che non sia tarato sul raggiungimento di obiettivi personali di vita può divenire un fattore patogeno, generando demotivazione, se non veri e propri stati mentali problematici, che in pazienti disregolati possono condurre a gesti impulsivi, anche in senso auto od eterolesivo.
Va inoltre sottolineata l’inefficacia di un trattamento basato esclusivamente sulla punizione la quale è, infatti, una delle tecniche meno efficaci per modificare il comportamento nel lungo periodo. Ciò in quanto: 1) ha un effetto minore rispetto alla gratificazione fornita dal comportamento che si intende sopprimere; 2) sopprime il comportamento indesiderato solo in presenza della persona che lo punisce, mentre in sua assenza il comportamento si ripresenta; 3) non insegna strategie alternative, anzi tende ad offrire la punizione come modello di comportamento. Il ricorso massivo alla punizione tende inoltre a creare un clima terapeutico negativo, non favorendo la cooperazione tra il curante ed il paziente14.
In questo contesto si iscrive la progressiva concessione di benefici, quali la possibilità di svolgere attività esterne o di fruire di licenze a domicilio. Alcune di queste aperture appaiono inoltre indispensabili ai fini della riabilitazione, ad esempio per soddisfare la necessità di poter acquistare capi di vestiario, o recarsi presso gli uffici pubblici per ottenere o rinnovare i documenti. In un’ottica evolutiva, sarebbe inoltre opportuno individuare dei percorsi di reinserimento lavorativo in contesti protetti. In questa direzione abbiamo sviluppato dei progetti di riabilitazione vocazionale, volti a stimolare gli internati a svolgere delle attività che contribuiscano al decoro ed al funzionamento della struttura. A tal proposito evidenziamo che ognuno di questi passaggi comporta dei margini di rischio, ad esempio di allontanamento o di reiterazione del reato. Tuttavia tali passaggi sono indispensabili nel contesto di un trattamento che miri al recupero di maggiori autonomie ed al reinserimento sociale dei nostri utenti: al clinico spetterà valutare le condizioni di compenso psicopatologico e l’adeguatezza del progetto rispetto a tale presupposto mentre, come spora specificato, esula dalle competenze sanitarie la vigilanza su comportamenti dettati da volontà predeterminata degli utenti e messi in atto scientemente.
Bibliografia:
1 Gualtieri (2022) L’applicazione delle misure di sicurezza detentive e il “malfunzionamento strutturale” del sistema delle REMS, secondo C. Cost., sentenza n. 22 del 2022: un punto di svolta nel percorso di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari Giustizia Insieme, 07/02/2022
2 Fornari (2008): Perizia psichiatrica- parte generale, in Trattato di Psichiatria Forense, quarta edizione, Torino, UTET
3 Fornari (2008): Deontologia e responsabilità in psicologia e in psichiatria cliniche e forensi. In Trattato di Psichiatria Forense, quarta edizione, Torino, UTET
4 Ministero della Salute (2007) “Raccomandazione per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari”
5 https://www.cdc.gov/suicide/resources/prevention.html consultato in data 30/10/2022
6 M. Miravalle (2022) “Pazze galere. Esiste una “questione psichiatrica” nel sistema dell’esecuzione penale?” XVIII Rapporto Antigone sulle condizioni di Detenzione
7 Chung, D. T., Ryan, C. J., Hadzi-Pavlovic, D., Singh, S. P., Stanton, C., & Large, M. M. (2017). Suicide Rates After Discharge From Psychiatric Facilities: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA Psychiatry, 74(7), 694–702. https://doi.org/10.1001/jamapsychiatry.2017.1044;
8 Franklin JC, Ribeiro JD, Fox KR, Bentley KH, Kleiman EM, Huang X, Musacchio KM, Jaroszewski AC, Chang BP, Nock MK. Risk factors for suicidal thoughts and behaviors: A meta-analysis of 50 years of research. Psychol Bull. 2017 Feb;143(2):187-232. doi: 10.1037/bul0000084. Epub 2016 Nov 14. PMID: 27841450
9 Schafer, K. M., Kennedy, G., Gallyer, A., & Resnik, P. (2021). A direct comparison of theory-driven and machine learning prediction of suicide: A meta-analysis. PloS one, 16(4), e0249833. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0249833).
10 Holley, J., Weaver, T. & Völlm, B. The experience of long stay in high and medium secure psychiatric hospitals in England: qualitative study of the patient perspective. Int J Ment Health Syst 14, 25 (2020). https://doi.org/10.1186/s13033-020-00358-7
11 Goethals (2018) Forensic Psychiatry and Psychology in Europe. Springer
12 Organizzazione Mondiale della Sanità (2013) Piano d’azione per la salute mentale 2013-2020
13 Gragnani A, De Sanctis B, Romano G (2021): Il processo terapeutico: obiettivi, strategia, contratto e regole della terapia, in Perdighe C, Gragnani A (a cura di) : Psicoterapia Cognitiva: Comprendere e curare i disturbi mentali, Milano, Raffaello Cortina.
14 Linehan (2015): DBT Skilss Training manual, 2nd edition. The Guilford Press
15 Swenson C.R. (2018) I Principi della DBT in azione. Accettazione, cambiamento e dialettica. Milano, Raffaello Cortina
16 Carcione A, Nicolò G (a cura di) (2016) Curare i casi complessi: la terapia metacognitiva interpersonale, Bari, Laterza.
17 Castelfranchi C, Miceli M. (2002): Architettura della Mente: Scopi, conoscenze e loro dinamica, in C. Castelfranchi, F. Mancini, M. Miceli: Fondamenti di cognitivismo clinico, Fondamenti di Cognitivismo Clinico, Bollati Boringhieri, 2002, pagg. 45-62.
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Gli autori:
Corrado Villella, Direttore UOSD “REMS Minerva e REMS Merope” – Palombara Sabina Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche ASL Roma 5
Alessia D’Andrea, Referente REMS Merope – Palombara Sabina Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche ASL Roma 5
Giovanna Paoletti, Direttrice UOSD “REMS Castore e REMS Polluce” – Subiaco Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche ASL Roma 5
Giuseppe Nicolò, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche ASL Roma 5
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La prima parte dell’articolo è disponibile al link https://lamagistratura.it/penale-e-sorveglianza/rems-liste-dattesa-e-dimensionamento-dei-servizi-il-punto-di-vista-della-psichiatria/
In foto: immagine tratta dall’opuscolo “REMS – Residenze per l’Esecuzione delle Misure di SicurezzaFonte”, fonte: ausl.re.it .