Riforma Nordio, sì del Senato a separazione carriere

Roma, Palazzo Chigi conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri nella foto Carlo Nordio

Il ddl procede a tappe forzate. Entro fine mese il via libera a Palazzo Madama

Il testo blindato, gli escamotage parlamentari per aggirare l’ostruzionismo delle opposizioni, il rifiuto di ascoltare critiche e rilievi di esperti del diritto, non solo dei magistrati. Il ddl Nordio continua a viaggiare a tappe forzate in Parlamento. L’ultimo passaggio ha visto  l’approvazione dell’articolo 2 che modifica l’articolo 102 della Costituzione, introducendo le “distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti“. Assente dall’aula il ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

Le votazioni riprenderanno la prossima settimana e martedì 8 luglio la capigruppo definirà i tempi: il via libera nelle intenzioni di governo e maggioranza deve arrivare entro fine mese. A quel punto è molto probabile che l’iter riprenda dopo la pausa estiva, per la seconda lettura confermativa in entrambi i rami del Parlamento. L’obiettivo del guardasigilli Carlo Nordio era di arrivare entro fine anno all’approvazione definitiva per poi promuovere il referendum in primavera, anche se il via libera definitiva potrebbe slittare al nuovo anno visto che a dicembre le camere sono impegnate con la sessione di bilancio.

Da quando è stato varato dal consiglio dei ministri il testo non è stato modificato in nessun punto, nonostante il giudizio fortemente contrario che l’Associazione nazionale magistrati ha espresso su diversi punti della riforma. Tra i punti critici, non solo per la magistratura associata, la creazione di due Consigli superiori della magistratura, il metodo del sorteggio per scegliere i componenti togati dell’organo di autogoverno e l’introduzione dell’Alta corte disciplinare. Rilievi che l’Anm ha illustrato in più incontri al governo, non trovando aperture ad un reale confronto come ha ricordato il presidente Cesare Parodi.

“Fin dall’inizio – sottolinea Parodi – abbiamo capito che non c’era nessuna volontà o possibilità di modifica del progetto originario. Noi abbiamo già espresso da tempo le nostre idee, non soltanto sulla separazione ma su tutto l’impianto della riforma: è l’impianto generale che finirà per penalizzare fortemente l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati”.