
Protesta l’Associazione dei giudici contabili: “rischi di illegalità diffusa e inefficienza”
Un provvedimento che ridisegna le funzioni di controllo e consultive della Corte dei Conti, nonostante la preoccupazione e le richieste di ascolto e confronto dei magistrati contabili. La Camera ha dato il via libera al ddl Foti presentato dall’attuale ministro per gli Affari europei e il Pnrr quando era capogruppo di Fratelli d’Italia.
Per l’Associazione nazionale dei magistrati della Corte dei Conti la riforma “stravolge gli equilibri tra poteri dello Stato” con “gravi conseguenze sui controlli per il corretto utilizzo dei soldi dei cittadini”. “Caos organizzativo, impoverimento e svuotamento delle funzioni della Corte – lamenta l’associazione – “saranno le prime conseguenze di una riforma voluta a tutti i costi con gravi ricadute sui cittadini che hanno il diritto di avere un giudice indipendente, autonomo e garante del corretto utilizzo dei loro soldi”.
La preoccupazione è tale che in concomitanza con l’approdo del testo in aula alla Camera l’Amcc si rivolge con una lettera aperta direttamente alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni chiedendo un incontro chiarificatore con il governo. “Il rischio è che si aprano scenari di illegalità diffusa e di inefficienza” si legge nell’appello.
Cosa prevede la riforma
La riforma contiene una serie di modifiche alla legge 20 del 1994 in materia di funzioni di controllo e consultive della Corte dei Conti e di responsabilità per il danno erariale. Su quest’ultimo aspetto si introduce in particolare uno scudo rafforzato per i politici.
Gli amministratori, anche locali, che adottino atti già vistati dagli uffici saranno, infatti, sempre considerati in “buona fede“. L’unica eccezione restano i casi di dolo o qualora si decida di non tenere in conto pareri contrari, “interni o esterni”. La nuova regola, una volta approvata, dovrebbe applicarsi anche ai processi in corso.
Sempre sullo stesso tema si prevede un tetto al risarcimento del danno erariale per colpa grave, fissato ad un massimo del 30% di quello cagionato o comunque un tetto di due annualità di stipendio. Inoltre al funzionario pubblico colpevole di danno erariale (esclusi i casi di dolo), se provvede spontaneamente al pagamento degli importi indicati nella sentenza definitiva, non si applicano le sanzioni accessorie.
Vengono precisati infine i termini della prescrizione del danno erariale. La legge oggi prevede che il diritto al risarcimento del danno si prescriva in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso “indipendentemente – è la novità introdotta – dal momento in cui l’amministrazione o la Corte dei Conti ne sono venuti a conoscenza”. In caso di occultamento doloso del danno, “realizzato con una condotta attiva” precisa un emendamento dei relatori, la prescrizione di cinque anni si considera dalla data della sua scoperta. Sempre nel corso dell’esame nelle Commissioni è stata inserita nel testo una delega al governo che entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge dovrà adottare uno o più decreti legislativi “per la riorganizzazione e il riordino delle funzioni della Corte dei Conti, in vista di un ulteriore incremento della sua efficienza”.
Governo e maggioranza difendono riforma, opposizioni critiche
La maggioranza di governo difende la riforma, che definisce “necessaria”. Critiche severe da tutte le opposizione, convinte si tratti di un testo profondamente sbagliato che incide peraltro sul potere deterrente della Corte.
Giudizio molto critico ha espresso nei giorni scorsi il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri in un’intervista: “La riforma della Corte dei conti è un colpo di spugna, i pubblici amministratori possono fare quello che vogliono senza dare conto a nessuno e senza avere un minimo di responsabilità”.
Del tema ha parlato anche il segretario dell’Anm Rocco Maruotti a Repubblica: “Non credo che ridurre il controllo di legalità, in quei termini, sugli amministratori pubblici significhi modernizzare il Paese, francamente. Ma questa è una scelta politica che possiamo non condividere, ma che come sempre rispettiamo”.
La proposta dopo essere stata presentata nel dicembre 2023 era rimasta in stand by a lungo per poi essere ripresa dalla maggioranza. L’ok della Camera ha visto 136 voti favorevoli, 75 contrari e un astenuto. Ora il provvedimento passa al Senato.