Precari della giustizia in piazza, a rischio i tempi dei processi

Assemblee in tutta Italia per chiedere la regolarizzazione di tutti gli oltre 10mila precari addetti all’Ufficio per il processo. Una mobilitazione che era già iniziata negli scorsi mesi e che aveva visto il sostegno dell’Associazione nazionale magistrati con una serie di documenti del Comitato direttivo centrale e di appuntamenti sul territorio, cui avevano partecipato i rappresentanti della magistratura associata.

Oggi e domani i precari della giustizia sono in piazza in tutta Italia per avere risposte. Oggi fra Napoli, Torino, Bologna, Genova, Bari, Ancona, Piacenza e Foggia fra le principali. Domani sarà la volta di Roma, Milano, Palermo, Reggio Calabria, Catania e Cagliari. E ancora davanti alla maggior parte dei palazzi di giustizia del Paese. A organizzare la protesta i sindacati Fp Cgil, Uil Pa e Usb Pi, che chiedono un intervento concreto del governo.

Fra un anno i contratti dei lavoratori precari termineranno. Ci sono dodici mesi per trovare una soluzione, ma al momento le risorse non si trovano. L’unico scenario – al momento – è quello di una stabilizzazione di un quarto dei precari. La questione è critica sotto due aspetti. La prima è quella degli stessi lavoratori, per la maggior parte precari da tre anni e con prospettive sconosciute. La seconda, ancor più drammatica, è quella del funzionamento della macchina giudiziaria. Senza i precari si rischia di rallentare sempre più i tempi della giustizia. A pagarne le spese saranno i cittadini.

La preoccupazione è di tutti gli operatori del settore. La mette in evidenza l’Anm. “Esprimiamo il nostro appoggio ai precari della giustizia che in questa giornata manifestano davanti a diversi tribunali per chiedere garanzie per il loro futuro. Le garanzie che chiedono non riguardano solo le proprie prospettive lavorative, ma quelle dell’intero sistema giustizia. La loro stabilizzazione è prerequisito necessario per una giustizia più veloce ed efficiente. Si tratterebbe oltre tutto di un investimento produttivo perché la riduzione dei tempi processuali avrebbe un impatto positivo su tutto il Paese”, dice la Giunta esecutiva centrale.