
Offrire un’alternativa ai figli dei boss, a quei minori che crescono in famiglie in cui il loro destino sembra segnato. Spiegare loro che un altro futuro è possibile, magari allontanandoli dal contesto familiare. È la missione che sta portando avanti Claudia Caramanna, procuratrice dei minori dei Palermo e finita per questo ancora una volta sotto minaccia. L’ultimo episodio risale a agli inizi di giugno, quando in un fascicolo è stato trovato un ritaglio di giornale con la foto di Giovanni Falcone e la scritta Caramanna, segnata con una croce grande e tre piccole.
Non si tratta del primo episodio. L’estate scorsa sempre vicino all’ufficio della procuratrice era stato trovato un altro messaggio di minaccia: “devi smetterla di occuparti dei figli degli altri” recitava il testo. Nel 2023 la sua stanza era messa a soqquadro. Da mesi Claudia Caramanna vive sotto scorta e dopo l’ultimo episodio il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza ha deciso di aumentare le misure di sicurezza. Nelle ultime settimane la procuratrice sta continuando a sentire le mogli di 180 esponenti della criminalità organizzata arrestati su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, per spiegare loro appunto che per i minori ci sono delle alternative fuori dal territorio di provenienza. Sulla scia di un protocollo d’intesa firmato dalla procuratrice generale di Palermo Lia Sava, dal procuratore della repubblica Maurizio de Lucia e dalla procuratrice Claudia Caramanna. In sintesi quando si avviano indagini sulla criminalità organizzata si acquisiscono notizie sui minori presenti all’interno di quel contesto mafioso in modo da velocizzare e semplificare, in seguito, le notizie che li riguardano. La stessa Caramanna ne ha parlato di recente in un’intervista a Repubblica, definendolo una “svolta epocale” per “sottrarre la manovalanza dei picciutteddi all’associazione mafiosa. Sin dalle prime indagini su un contesto mafioso, le forze di polizia acquisiscono notizie sui minori presenti in quella realtà in modo che poi che le comunicazioni sul tema siano tempestive. Tutto ciò consente l’immediata attivazione della procedura a tutela del minore dopo l’arresto del genitore. Potremmo definire il protocollo un metodo operativo di antimafia integrata”.
Alla giudice Caramanna la solidarietà dell’Anm e non solo. Apprendiamo che la procuratrice del Tribunale per i minorenni – si legge in una nota della Giunta esecutiva sezionale di Palermo – “è stata ancora una volta bersaglio di gravi minacce, riconducibili all’efficace azione intrapresa dall’ufficio da lei diretto volta al recupero di minori inseriti in contesti di criminalità organizzata. La Giunta esecutiva sezionale di Palermo esprime, a nome di tutti i magistrati del distretto, piena solidarietà e sincera vicinanza alla collega Claudia Caramanna”. Vicinanza anche dal garante dei detenuti del capoluogo siciliano, Pino Apprendi. Libera e la sua rete di associazioni ha organizzato un sit in davanti Tribunale per i minorenni ‘Malaspina’, nello stesso complesso in cui lavorò anche la giudice Francesca Morvillo, con un presidio per esprimere “solidarietà concreta e sostegno all’importante lavoro” che sta svolgendo la procuratrice per i minorenni di Palermo. ”
Solidarietà a Claudia Caramanna anche Roberto di Bella, oggi presidente del tribunale per i minorenni di Catania, che aveva iniziato in Calabria ad occuparsi dei figli delle famiglie dei clan, lanciando proprio il progetto “Liberi di scegliere”.