A tu per tu con Ettore Ferrara

-Quando sei entrato in magistratura e quale è stato il tuo percorso professionale.

Sono entrato in magistratura nel maggio 1977, e ho assunto le funzioni nel maggio 1978, pochi giorni dopo il ritrovamento della salma di Aldo Moro in via Fani a Roma, barbaramente trucidato dalle brigate rosse, e quindi in un clima di forte tensione sociale e politica. Ho iniziato come Pretore a Lagonegro, in Basilicata, ivi svolgendo tutte le funzioni civili e penali in quanto unico magistrato in organico. Dopo poco più di tre anni sono stato trasferito al Tribunale di Napoli, dove per circa tre anni ho svolto le funzioni al dibattimento penale, per poi passare al settore civile ove sono rimasto per circa tredici anni. Nel 1997 sono stato trasferito alla Corte di appello sempre di Napoli dove, dopo poco più di un anno di servizio al settore penale, sono tornato a svolgere funzioni civili fino all’estate del 1998, quando sono stato collocato fuori ruolo per assumere le funzioni di componente del C.S.M. Nell’esercizio delle relative funzioni ho presieduto la commissione incarichi direttivi e poi quella per la Magistratura onoraria.  Alla scadenza del mandato consiliare ho assunto le funzioni di Consigliere della Corte di Cassazione addetto alla sezione tributaria, funzioni che ho esercitato fino al maggio 2006, allorché sono stato nuovamente collocato fuori ruolo per assumere dapprima le funzioni di Capo di Gabinetto del Ministro della Giustizia nel Governo Prodi, e dopo circa otto mesi, quelle di Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, esercitate fino al luglio 2008. Alla scadenza del relativo mandato ho quindi svolto dapprima le funzioni di Presidente della Corte di Appello di Potenza, e successivamente quelle di Presidente del Tribunale di Salerno, esercitate fino al dicembre 2014, allorchè ho assunto l’incarico di Presidente del Tribunale di Napoli, esercitato fino al momento del collocamento a riposo, avvenuto a domanda il 30 giugno 2019.

-Quale è stata l’esperienza professionale più emozionante e perché?

Il mio è stato un percorso professionale particolarmente ricco ed articolato, che mi ha portato a svolgere le funzioni giurisdizionali in tutti i gradi di giudizio, sia nel settore civile che penale, con parentesi fuori ruolo particolarmente interessanti ed avvincenti, e successivi incarichi direttivi sia di primo che di secondo grado.  Dal C.S.M. ho potuto godere di un osservatorio privilegiato sull’andamento degli Uffici su tutto il territorio nazionale, mentre come Capo di gabinetto del Ministro ho gestito con lui la riforma dell’Ordinamento Giudiziario del 2006. L’esperienza al DAP meriterebbe poi un intero capitolo a sé stante. Ma non ho difficoltà a dire che l’esperienza che giudico più appassionante è quella che ho maturato nell’esercizio della giurisdizione, quale giudice civile presso il Tribunale di Napoli assegnato alla sezione competente in materia di Famiglia e di controversie nei confronti della P.A. in particolare dopo il tragico terremoto del 1980. Quell’esperienza, infatti, per un verso mi consentiva di intervenire con la dovuta immediatezza e concretezza nel tentativo di dare una risposta a conflitti familiari spesso drammatici e meritevoli di ogni attenzione, dandomi in maniera particolarmente evidente il senso dell’utilità della mia funzione, mentre per altro verso mi poneva di fronte a questioni giuridiche di particolare complessità e novità, stimolandomi al costante studio della normativa post-sisma. Furono anni meravigliosi quelli, durante i quali ebbi la fortuna di avere Presidenti di sezione veri Maestri di diritto, e colleghi eccellenti, con i quali ebbi il privilegio di condividere camere di consiglio che si risolvevano per me in vere e proprie palestre di formazione, e di coltivare nel contempo un altrettanto valido rapporto sul piano anche della formazione, attraverso il continuo confronto con esponenti di un’Avvocatura specializzata, che ricordo sempre con sincera stima, sentendomi non poco debitore nei confronti di essa.

-Perché hai scelto la Magistratura: quali esperienze di vita o quali suggestioni ti hanno spinto a fare di una passione il tuo lavoro?

Mio Padre (nei cui confronti avevo e continuo ad avere, una vera e propria venerazione, era un Uomo delle Istituzioni (“Servitori dello Stato”, come di diceva un tempo…..), per cui non ho mai anche soltanto ipotizzato per me una collocazione professionale che non fosse nel segno della continuità con il mio modello di vita. In questa prospettiva, forse anche per l’evidente contrasto con quanto coglievo nella sua esperienza di Prefetto della Repubblica, molto mi affascinava l’autonomia e l’indipendenza che proprio negli anni settanta venivano valorizzati come garanzia imprescindibile della funzione giudiziaria, costituendo oggetto di un dibattito quanto mai fervido che continuamente alimentava i miei sogni di giovane studioso di materie giuridiche; ma soprattutto mi esaltava l’idea di rendermi strumento per la realizzazione di un Progetto di legalità e di Giustizia, in un più complessivo Programma di attuazione dei valori costituzionali, che in quegli anni vedeva fortemente impegnata nel nostro Paese una Magistratura fortemente rinnovata rispetto a quella emergente dalle ceneri del periodo fascista.   

-Cosa ti aspettavi dalla Magistratura: quali erano le attese o le ambizioni e cosa hai riscontrato nella realtà?

Mi aspettavo certamente una Magistratura che proseguisse nel suo iniziale, genuino impegno per l’affermazione di quei valori di autonomia ed indipendenza, a garanzia non certo dei singoli magistrati, bensì di una funzione giurisdizionale univocamente orientata all’attuazione di quel Programma del quale ho innanzi detto, sfuggendo alla soggezione a qualsivoglia centro di potere. Un impegno che aveva fatto della Magistratura italiana un modello studiato ed ammirato in tutti i Paesi democratici. Purtroppo con il passar degli anni, con il ruolo di” supplenza” progressivamente assunto dalla Magistratura sull’onda di un consenso popolare altamente pericoloso,  con l’avallo di una classe politica incapace di assolvere nelle sedi competenti (in primis il Parlamento ed il Governo) quei compiti di direzione del Paese che sarebbero stati di sua spettanza, si è rivelato sempre più difficile proseguire senza tentennamenti  e senza inopportune forme di “protagonismo”,  in quella direzione, mentre parallelamente la confusione venutasi a determinare in ordine al ruolo del magistrato nel nostro quadro ordinamentale, ha favorito riforme pericolosamente tradottesi in una forte spinta verso una deriva burocratica di quel ruolo. La classe politica, in buona sostanza, ha prima subito il proprio ridimensionamento sotto i colpi delle inchieste che hanno portato alla luce le gravi irregolarità spesso commesse nella gestione della cosa pubblica, ma ha poi reagito e di fronte ai tempi oggettivamente lunghi della nostra macchina giudiziaria, anziché preoccuparsi di migliorare l’organizzazione innanzi tutto dotandola delle risorse materiali e personali necessarie per accrescere l’efficienza del sistema Giustizia, ha  sfruttato quelle carenze per screditare la magistratura e spingere verso riforme che hanno progressivamente distratto i magistrati dai loro obiettivi costituzionali, per preoccuparsi della quantità, piuttosto che della qualità, dei provvedimenti emessi e della “Giustizia” resa; dei titoli da acquisire per la propria carriera; dei propri “diritti” quali lavoratori dipendenti, piuttosto che della peculiarità di una funzione così elevata da imporre talvolta anche inevitabili limiti all’esercizio di quei diritti, come per quanto relativo alla partecipazione alla vita politica del Paese.

-Cosa rappresenta (o ha rappresentato) per te la Magistratura?

Ha rappresentato e continua a rappresentare una garanzia fondamentale per il cittadino, della quale non può farsi a meno, e che proprio per questo va rinforzata e protetta da ogni forma di inquinamento, nello sforzo di recuperare pienamente lo spirito che ha animato la stragrande maggioranza dei magistrati negli anni più fulgidi della Amministrazione della Giustizia nel nostro Paese. 

-Quale è stata la maggiore difficoltà che hai dovuto affrontare? Sei riuscito a risolverla?

Le maggiori difficoltà le ho senza dubbio riscontrate nell’esercizio delle funzioni direttive, non tanto per la carenza delle risorse alle quali ho dovuto far fronte, quanto per le difficoltà di portare avanti un proficuo dialogo di collaborazione con C.S.M. e Ministero della Giustizia, e ciò sebbene devo riconoscere che le mie esperienze pregresse mi hanno garantito spesso rapporti personali che in qualche misura mi hanno agevolato in quel dialogo. La sensazione che troppo spesso ho provato è che alla fin fine al “centro” poco o nulla importasse dell’efficienza del mio ufficio, dei problemi organizzativi della Giustizia a livello nazionale e di un effettivo confronto per la ricerca di valide soluzioni, e che se talvolta qualche cosa riuscivo ad ottenere, era solo per “credito personale” o per ragioni di amicizia….

-Se avessi (o avessi avuto) una bacchetta magica cosa cambieresti (o avresti cambiato) del tuo lavoro? E del mondo circostante?

Avrei eliminato, nell’esercizio delle funzioni direttive, quegli odiosi adempimenti burocratici (rapporti, relazioni, rilevazioni statistiche) che tanto tempo sottraevano al mio impegno per l’Ufficio, senza nessun risultato pratico. Con ciò ovviamente senza minimamente negare l’importanza di un’attività di segnalazione puntuale e concreta dei fatti specifici rilevanti per la valutazione dell’andamento dell’Ufficio e della professionalità dei magistrati, e tanto meno di una rilevazione statistica seria, basata su una bonifica effettiva ed affidabile dei dati e su criteri oggettivi, ma al tempo stesso adattati alla specificità delle procedure e alle dimensioni dell’Ufficio.

Quanto al mondo circostante, avrei eliminato la rassegnazione, l’idea che non si possa cambiare nulla rispetto al passato “perché sempre così si è fatto….”!

-Cosa pensi quando senti dire che i Magistrati appartengono ad una “casta”?

E’ un’idea che mi ripugna… L’attività del Magistrato è per definizione svolta “In nome del Popolo”, e non può pertanto ammettere nessuna forma di “chiusura” tra chi amministra la Giustizia e coloro in nome dei quali viene svolta quell’attività! Tanto meno poi è ammissibile che a quell’attività consegua l’attribuzione o anche solo l’aspettativa di speciali diritti o privilegi, se non per quanto strettamente necessario a garanzia dell’indipendente esercizio della funzione.

-Credi che il Magistrato possa parlare direttamente alla gente? Ed essere compreso?

Appartengo a una generazione di Magistrati che ancora fa della riservatezza una qualità fondamentale del Magistrato. Certamente Il problema della comunicazione oggi esiste e non può essere ignorato, ma va risolto attraverso l’istituzione all’interno di ogni Ufficio di organi preposti a fornire, laddove assolutamente necessario e comunque sempre in maniera sobria, le informazioni eventualmente utili per consentire alla collettività di comprendere vicende giudiziarie che destino particolare clamore sociale.

-Cosa diresti ad un giovane che vuole o si appresta a diventare magistrato?

Di interrogarsi fino in fondo su questa “vocazione” e sulle ragioni di essa, per poi, una volta trovate risposte convincenti, impegnarsi con tutte le proprie energie per la realizzazione di questa aspirazione, e successivamente nell’esercizio di una funzione che non esito a definire affascinante dal primo all’ultimo giorno di attività: resto ancor oggi ammirato quando penso all’esperienza vissuta in Corte di Cassazione, accanto a colleghi ultrasettantenni, che nonostante il peso di qualche inevitabile problema di salute e dopo quasi cinquanta anni di attività, ancora studiavano i cd. “fascicoletti” dei singoli ricorsi con l’entusiasmo di un giovinetto, arricchendoli di numerose e preziose annotazioni a margine, talvolta anticipatrici di soluzioni sfuggite alla stessa attenzione del giudice relatore…..

-Qual è il tuo sogno nel cassetto? E il tuo libro o film preferito, e perchè?

Il mio sogno è che si possa recuperare appieno il senso delle Istituzioni tutte…..che non si consenta lo sfascio di un sistema democratico faticosamente costruito nella prima fase di vita della nostra Repubblica……che si riscopra l’importanza e la prevalenza dell’interesse pubblico su qualsiasi interesse di parte!

Quanto al mio film preferito, premetto che vivo il cinema essenzialmente come momento di distrazione. Dovendo sceglierne uno non esito ad indicarlo in “La vita è bella” di Roberto Benigni. So delle critiche che sono state rivolte a questo Autore per l’ironia e il modo “leggero” con cui ha trattato il tema drammatico della Shoah, e però la poesia che pervade quella pellicola, sulle note di una colonna sonora semplicemente favolosa, mi incanta ogni volta che rivedo qualche scena di quel film, e mi spinge a riflettere sul messaggio che esso propone: per quanto fragile e impotente possa essere l’Uomo di fronte alle sciagure umane, occorre non arrendersi mai e non perdere mai la speranza perché l’amore e la determinazione possono a volta sortire effetti stravolgenti, che vanno al di là di ogni immaginazione.

-Ci regali un tuo motto?

Ascolta molto gli altri, con umiltà e senza pregiudizi, prima di ogni decisione, ma poi raccogliti in te stesso e decidi secondo coscienza, senza mai sottrarti alle tue responsabilità.