“Rischiamo più costi e meno efficienza”, spiega Chiara Salvatori

Chiara Salvatori è giudice a Roma, e fa parte della Giunta esecutiva centrale. Con lei parliamo del ddl costituzionale a prima firma Nordio.

Sono arrivati i primi due passaggi. Da settembre sono in programma gli altri due. Perché pensa che la riforma Nordio sia sbagliata?

“La riforma Nordio è sbagliata perché non aumenterà, di una virgola, l’efficienza della giustizia. E questo non lo affermano solo i magistrati, ma lo hanno affermato anche autorevoli esponenti della maggioranza di governo. Non accorcerà la durata dei processi e non servirà a migliorare l’efficienza e la qualità del servizio dei suoi cittadini”.

Non sono le uniche criticità. Che rischi si corrono?

“Con la duplicazione del Csm aumenterà il numero dei magistrati fuori ruolo che sono incardinati nelle strutture di supporto. E lieviteranno i costi dell’edilizia giudiziaria e i costi per l’assunzione del personale. In generale, questa riforma sottrarrà risorse preziose, umane ma anche economiche, e distoglierà queste risorse da quelli che sono gli obiettivi che il sistema giustizia si dovrebbe porre per garantire un servizio efficiente e di qualità. Obiettivi che richiedono investimenti mirati per risolvere le criticità che ci sono ancora oggi negli uffici giudiziari e mirati a garantire un livello uniforme di qualità della giurisdizione su tutto il territorio nazionale che sia in grado di rispondere ai bisogni del Paese e di realizzare l’esigenza di tutela dei diritti dei cittadini”.

Quali sono gli aspetti che la preoccupano più della riforma costituzionale?

“Mi vorrei soffermare sull’aspetto di cui forse si parla meno, che è l’istituzione dell’Alta corte. Questo mi sembra forse il profilo più preoccupante perché sottrae la giustizia disciplinare all’organo di autogoverno, che è l’organismo più titolato a esercitare la giustizia disciplinare, perché è l’unico che per la sua attività istituzionale conosce a pieno le condizioni in cui il singolo magistrato è chiamato a lavorare. Rischiamo una burocratizzazione del giudizio disciplinare e una deriva difensiva dei magistrati, non dissimile dal fenomeno della medicina difensiva per i medici.

Del resto, se si dice che il giudizio disciplinare va tolto al Csm perché come attualmente configurato è in balia delle correnti e si dice che la riforma renderà invece il Csm libero, per quale motivo il giudizio disciplinare non potrà essere affidato a questo Consiglio riformato? E ancora mi chiedo, si afferma che il sorteggio per il Csm può essere effettuato tra tutti i magistrati perché tutti sono bravi, preparati e in grado di ricoprire questo ruolo delicato. E allora per quale motivo l’Alta corte potrà essere composta solo da magistrati che svolgono o hanno svolto funzioni di legittimità? E per quale motivo, se la soluzione dell’Alta corte è così ottimale, riguarderà solo la magistratura ordinaria e non anche le altre magistrature? A queste domande onestamente non so darmi una risposta”.

Il governo la presenta come la separazione delle carriere, è giusto definirla così?

“A mio avviso questa definizione non è corretta. La separazione delle funzioni è solo uno degli aspetti della riforma che comprende anche il sorteggio del Csm e appunto l’Alta corte. Ma la definizione della separazione delle carriere non è corretta perché la separazione delle funzioni in realtà c’è già. La riforma Cartabia prevede un solo passaggio di funzione tra giudice pubblico ministero entro dieci anni dalla prima assegnazione. Il fenomeno del passaggio è limitatissimo, ce lo dicono i dati. E soprattutto il passaggio viene effettuato dai giovani magistrati che in sede di prima assegnazione vengono destinati a una funzione che magari non è quella per cui hanno scelto di superare il concorso. Ma poi, se veramente si ritiene che separare i giudici dai pm serve a non condizionare il giudizio dei primi, allora non dovremmo separare anche i giudici di appello dai giudici di primo grado; i giudici di Cassazione dai giudici di appello e così via? Questo dimostra ancora una volta che la riforma non è necessaria per realizzare l’indipendenza dei giudici che è già una realtà”.