La protesta dei precari Pnrr: “Senza di noi giustizia al collasso”

Nel giorno dello sciopero il racconto della protesta e i rischi per la giustizia italiana
“La manovra del governo Meloni non mette un euro per le nostre stabilizzazioni. Il sistema della giustizia è già sotto organico. Non può essere il ministero del precariatoSenza di noi da luglio 2026 nei tribunali sarà il collasso“. A Roma, di fronte a Palazzo Vidoni, sede della Funzione pubblica, a scioperare e manifestare è il personale del ministero della Giustizia, a partire dai 12 mila lavoratori precari assunti con il Piano nazionale di ripresa e resilienza e ora in scadenza con la fine degli stessi progetti Pnrr.
Rivendicano garanzie per il proprio futuro, ma, dopo le diverse proroghe arrivate negli anni, l’esecutivo non sembra intenzionato a trovare una soluzione, né prevede stabilizzazioni per tutti. Il dicastero di via Arenula vorrebbe ridurre il personale attraverso delle prove selettive, con requisiti contestati da lavoratori e sindacati: al momento ci sono più promesse, che certezze, con il rischio concreto che almeno la metà, o forse anche 9mila, vengano mandati a casa.
Dei 12mila, circa 8.200 erano stati destinati all’ufficio del processo, facendo da supporto ai magistrati, occupandosi di ricerche giurisprudenziali, bozze di provvedimenti, analisi dei fascicoli e schede di udienza. Ma ci sono anche tecnici informatici, statistici e gli operatori di data entry, che si sono occupati della digitalizzazione degli atti e del loro inserimento nei sistemi informatici, oltre a figure come edili e contabili. C’è chi lavora già da 4 anni, altri sono entrati dopo. Ora tutti condividono il rischio dei tagli: “Per questo abbiamo deciso di scendere in piazza e protestare. Grazie a noi è stato possibile smaltire il pregresso e accelerare sui tempi del processo. Se verremo mandati a casa tutto tornerà come prima e il problema sarà soprattutto per i cittadini”, rivendicano i precari in sciopero.
“L’impressione è che non si voglia far funzionare la giustizia, dato che gli investimenti sono sempre minimi e non si punta sul personale, che è la vera emergenza”, c’è chi rilancia.