Audizione in Parlamento per il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia e la vicepresidente Alessandra Maddalena – rispettivamente in Commissione giustizia alla Camera e al Senato – sul decreto legislativo per adeguare la normativa nazionale a quella europea sulla presunzione di innocenza. Il testo contiene, tra gli altri punti, il divieto di pubblicazione testuale delle ordinanze di custodia cautelare lasciando la possibilità che ne sia diffusa una sintesi.
Ed è proprio su questo ultimo aspetto che esprime i propri dubbi l’Anm.
“La pubblicazione per contenuto e non dell’atto integrale – spiega il presidente Santalucia – non ha senso per tutelare l’immagine e l’onorabilità di un soggetto. Può generare equivoci espressivi, nella misura in cui un giornalista non comprende bene, esagera o enfatizza, parti del contenuto dell’ordinanza e non vi è possibilità di accedere direttamente alla fonte”.
Santalucia evidenza anche un’asimmetria perché – ricorda – si vieta solo la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare. “Qual è il senso di questa distinzione? Il contenuto di altre ordinanze può essere di pari lesività rispetto alla presunzione di innocenza”. “Quindi – conclude il presidente dell’Anm – la norma non corrisponde al fine. Non è quello che vuole la direttiva Ue, che vuole solo una informazione precisa”.
Sullo stesso argomento l’audizione in Commissione giustizia al Senato della vicepresidente dell’Anm, Alessandra Maddalena.
“Non si può parlare di legge bavaglio – ha spiegato – la riflessione che facciamo però è che ci si affida alla sintesi, più o meno corretta, del giornalista ed è questo il vero vulnus che può subire l’indagato”. “Una comunicazione impropria, pregiudicata da una eventuale enfatizzazione, potrebbe generare nella pubblica opinione proprio quella certezza di colpevolezza prima della sentenza definitiva che la normativa europea vuole evitare”.
A sostegno di queste osservazioni anche la vicepresidente dell’Anm ha sottolineato che dalla lettura approfondita della direttiva europea “non sembra ci sia un riferimento espresso, o anche implicito, alla necessità di vietare la pubblicazione testuale delle ordinanze”.