Intelligenza artificiale, utilità e insidie nell’uso giurisdizionale

Foto di Cecilia Bernardo

L’avvento dell’intelligenza artificiale, che oggi possiamo dire quasi completato, sta cambiando il nostro modo di percepire la realtà e di confrontarci con essa. Se questo avviene in tutti i campi in cui si manifestano i rapporti sociali ed interpersonali, nel settore della giustizia l’utilizzazione della intelligenza artificiale pone problemi del tutto peculiari, in quanto attraverso le decisioni giudiziarie si attuano, nei rapporti tra i cittadini e nei rapporti tra questi e lo Stato, i principi ed i valori fondanti dello stato di diritto.

A questa complessa e controversa tematica l’Iaj ha dedicato la sessione della mattina di domenica 20 ottobre 2024 del meeting annuale, che si è svolto a Cape Town in Sudafrica. L’argomento è stato approfondito da diverse relazioni, che hanno trattato vari aspetti dell’utilizzo del sistema dell’intelligenza artificiale nell’ambito dell’attività giudiziaria. In particolare, dopo l’introduzione al tema da parte di Mariya Badeva, professoressa dell’Università di Cape Town, si sono susseguiti gli interventi di Marilyn Huff, presidente della prima commissione della Iaj, che ha approfondito gli effetti dell’intelligenza artificiale sulla giurisdizione; di Margaret McKeown, presidente della quarta commissione di studio della Iaj, che ha approfondito l’impatto dell’intelligenza artificiale sul diritto del lavoro; di Leonie Reynolds, presidente del Consultative Council of European Judges del Consiglio d’Europa, che esposto il ruolo del Consiglio da lei presieduto in tema di intelligenza artificiale.
Nella seconda parte della conferenza, è intervenuto Giacomo Oberto, segretario generale della Iaj e presidente del Cepej-Saturn Group del Consiglio d’Europa, che ha esposto il ruolo della Cepej in ordine al rapporto dell’intelligenza artificiale sulle attività giudiziarie, e, infine, ha concluso i lavori la riflessione finale di Mariya Badeva.

Tutti gli oratori hanno messo in luce le potenzialità che, nella gestione del lavoro quotidiano del giudice, le applicazioni dell’intelligenza artificiale possono avere, lasciando comunque al magistrato la decisione ultima. Innanzitutto, l’intelligenza artificiale può offrire un valido supporto nel fornire sistemi statistici di valutazione dei fatti. Altra utilità può riguardare la costruzione di banche dati di precedenti giudiziari (correttamente anonimizzati), attraverso i quali le parti ed i loro difensori potranno valutare la convenienza di intraprendere un giudizio contenzioso. Inoltre, banche dati sempre più affinate consentiranno di individuare con maggior rapidità e precisione il precedente applicabile al caso concreto, attraverso l’individuazione di leading cases.

Ma gli stessi oratori non hanno nascosto i pericoli e le insidie che si celano dietro l’applicazione dell’intelligenza artificiale nel campo della giustizia.

È stato fatto notare, in particolare, che sussiste un problema di trasparenza nella scrittura degli algoritmi. Inoltre, attraverso l’utilizzo di algoritmi, vi è il rischio di incrementare la tendenza a discriminare persone o gruppi sociali ovvero di alimentare false rappresentazioni della realtà, che poi possono divenire prove nei giudizi penali o civili. Inoltre, come tutti i sistemi di raccolta di dati, l’applicazione dell’intelligenza artificiale impatta con la regolamentazione della protezione dei dati personali e, in particolare, di quelli definibili come «sensibili».

Da tutte le suesposte considerazioni emerge che, se da un lato non si può sfuggire da un confronto con tale nuovo strumento, poiché un pregiudiziale rifiuto non sarebbe neppure pensabile da parte degli operatori del diritto, dall’altro è urgente una riflessione tanto sulle potenzialità, quanto sui pericoli e sui limiti, anche etici, che esso presenta.

L’intelligenza artificiale può, infatti, rappresentare un importante supporto all’efficienza ed all’efficacia del sistema giudiziario, soprattutto sul lato organizzativo del lavoro del giudice, ma non può certo sostituire il ruolo dell’essere umano, che adotta una decisione giudiziaria. Ciò non solo per ragioni squisitamente giuridiche (si pensi all’art. 102 della Costituzione, secondo cui la funzione giurisdizionale è esercitata dai magistrati ordinari, per tali intendendosi magistrati come persone fisiche e non come applicazioni informatiche; nonché all’art. 8 del d.lgs. 51 del 2018, che vieta «le decisioni basate unicamente su un trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che producono effetti negativi nei confronti dell’interessato, salvo che siano autorizzate dal diritto dell’Unione europea o da specifiche disposizioni di legge»), ma anche perché solo l’essere umano può, evidentemente, rendere una giustizia “umana”, capace di cogliere quegli aspetti “umani” della vicenda portata all’attenzione dell’organo giudiziario e quelle sfumature che rendono la specificità del caso concreto. D’altra parte, è proprio la lettura della specificità del caso concreto e del suo contesto sociale che pone le basi per l’evoluzione giurisprudenziale che, tassello dopo tassello, consente di cogliere i mutati equilibri ed i mutati valori all’interno della società e di adattare a tali equilibri ed a tali valori i testi legislativi. In questa prospettiva, il valore del precedente e, quindi, il valore della prevedibilità delle decisioni – oggi massimamente avvertita, in quanto esplicazione del principio di uguaglianza – potrebbe correre il rischio di cedere il passo, attraverso l’applicazione automatizzata della giustizia, ad una estrema standardizzazione delle decisioni, che, attraverso automatismi, potrebbero finire per prescindere dalle peculiarità delle singole concrete vicende.

Pregi e pericoli, potenzialità e rischi devono, quindi, necessariamente divenire oggetto del nostro studio, del nostro impegno. Solo lo studio e l’impegno, infatti, consentiranno di governare il fenomeno dell’intelligenza artificiale rendendo tale tecnologia davvero al servizio della giustizia e, per essa, della società. Diversamente, vi è il rischio che gli algoritmi posti alla base dell’intelligenza artificiale possano prendere il sopravvento, attuando pericolosamente quella che è stata chiamata una «algocrazia».

Proprio al fine di cogliere le potenzialità insite nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale e, al contempo, di prevenire ed arginare i rischi di un suo uso scorretto, il Governo ha approvato, in data 23 aprile 2024, un disegno di legge per l’introduzione di disposizioni e la delega al Governo in materia di intelligenza artificiale, in continuità con l’AI Act. Per quanto riguarda l’attività giudiziaria, viene stabilito che l’intelligenza artificiale può essere uno strumento di supporto all’interno dell’amministrazione della giustizia, ma che spetta unicamente al magistrato «la decisione sull’interpretazione della legge, la valutazione dei fatti e delle prove e sull’adozione di ogni provvedimento inclusa la sentenza».

Già all’ultimo congresso, tenutosi a Palermo nel maggio scorso, dell’Associazione nazionale magistrati il tema dell’intelligenza artificiale aveva costituito oggetto delle riflessioni della magistratura associata. Si legge, infatti, nella mozione finale: «La magistratura italiana conferma anche il suo impegno volto ad assicurare che la risposta alla domanda di giustizia sia sempre più tempestiva, ma va mantenuto fermo il principio che l’attività del giudicare non può mai essere demandata all’intelligenza artificiale, che può e deve servire per assicurare più efficaci strumenti di organizzazione, non per supplire all’attività del giudicare, che è e deve restare prerogativa esclusivamente umana».

Un ulteriore aspetto merita, poi, di essere sottolineato. Come tutti i fenomeni che riguardano l’applicazione delle nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale costituisce uno strumento globale al quale vanno date risposte che siano altrettanto globali, non limitate al singolo tribunale ovvero al singolo Paese. Ed è proprio la necessità di una risposta, ma prima ancora di un’analisi e di una valutazione, globale del fenomeno dell’intelligenza artificiale applicata al mondo della giustizia che ha condotto l’Associazione internazionale dei giudici – ponendosi, così, in una ideale linea di continuità con il Congresso di Palermo – a dedicare a tale problematica una intera sessione.

Insomma, coesistono, nello stesso perimetro della scienza, grandi aspettative e grandi timori, grandi potenzialità e grandi rischi. Occorre, come già evidenziato, che ciascuno degli operatori si approcci ed affronti le problematiche poste, oltre che con grande impegno, con buon senso e intelligenza, facendo ciascuno la propria parte.

Solo così potrà essere scongiurato il pericolo, oggi effettivamente concreto, che si realizzi quella ribellione delle macchine all’uomo che aveva preconizzato Stanley Kubrick in quel film, straordinario e visionario, che resta 2001 Odissea nello spazio, non a caso menzionato all’inizio del suo intervento dal relatore Giacomo Oberto, Segretario generale dell’Aij.


Per ulteriori approfondimenti, le relazioni svolte al meeting possono essere reperite ai seguenti link: