La panacea del sorteggio: quando il caso bussa alla porta della giustizia

L’articolo critica la proposta di introdurre il sorteggio per eleggere i membri togati del CSM, definendola un azzardo che indebolisce la rappresentanza democratica. Il sorteggio riduce la trasparenza, ignora la competenza e mina l’indipendenza della magistratura, favorendo la modifica degli equilibri istituzionali tra Stato e cittadini.

L’idea di Gianrico Carofiglio di eleggere il Parlamento con il sorteggio – provocatoriamente lanciata all’Assemblea generale ANM del 25 ottobre 2025 – sintetizza l’assurdità della proposta di introdurre il sorteggio per eleggere i membri togati del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). Questa misura è presentata come la soluzione definitiva contro il correntismo, ma la sua logica, se applicata con coerenza, metterebbe in discussione le fondamenta della rappresentanza democratica stessa.

L’efficacia del sorteggio svanisce non appena si prova a estenderne il campo di applicazione: provereste a sorteggiare il capitano della Nazionale di calcio tra i giocatori di Serie A? O il direttore d’orchestra tra tutti i musicisti? Assolutamente no. La selezione in questi ambiti si basa su merito, consenso e leadership. L’applicazione del sorteggio al CSM non è quindi una misura di buon senso, ma un azzardo istituzionale.

Il doppio fine della riforma: non trasparenza, ma ingegneria costituzionale

La proposta di riforma si apre con un paradosso stridente: il correntismo, un problema di funzionamento interno della magistratura la cui urgenza sfugge spesso al cittadino comune, è elevato a priorità assoluta da risolvere con riforma costituzionale.

Formalmente, basterebbe una semplice legge ordinaria per cambiare i meccanismi elettorali del CSM. Invece, si ricorre al massimo livello normativo, affiancando al sorteggio la separazione delle carriere (giudici e pubblici ministeri) e la creazione di due CSM distinti. Questo modus operandi – usare la Costituzione per un problema risolvibile in via ordinaria, aggiungendo modifiche strutturali profonde – suggerisce che l’obiettivo primario non sia la trasparenza, ma il fine di ridisegnare gli equilibri tra i poteri dello Stato.

Il sorteggio viene propagandato come l’arma per eliminare le liste elettorali e le dinamiche partitiche che opacizzano le nomine. Ma riducendo le correnti a un mero “male da estirpare” si ignora che esse sono anche la naturale espressione di diverse sensibilità e culture giuridiche vitali per un organo di autogoverno. Eliminare il confronto dialettico interno con il caso è una semplificazione pericolosa.

La risposta intelligente non è la casualità, ma l’innalzamento degli standard di trasparenza e meritocrazia. Si potrebbero migliorare i meccanismi attuali introducendo, ad esempio, il voto di preferenza secco e rigido per disarticolare le liste e incentivare l’elezione basata sul curriculum personale. Oppure, prevedere meccanismi che premino l’aggregazione tra candidati di correnti diverse, favorendo il consenso trasversale. Il sorteggio, se proprio deve esserci, dovrebbe essere relegato a un ruolo correttivo finale e non di meccanismo fondamentale.

Sorteggio a senso unico: i limiti della competenza e l’assenza di responsabilità

Il rimedio del sorteggio presenta evidenti limiti di coerenza e lungimiranza, poiché si applica solo alla componente togata (minoritaria). La componente politica (i membri laici eletti dal Parlamento) mantiene il suo meccanismo elettorale invariato. Questo crea un effetto sbilanciato: si indebolisce una parte del Consiglio, lasciando intatto il potere dell’altra.

Inoltre, il sorteggio ignora la competenza. Il CSM è chiamato a prendere decisioni delicate che richiedono figure con esperienza e preparazione specifica. Affidare incarichi di tale responsabilità al caso non garantisce imparzialità; al contrario, rischia di introdurre una inadeguatezza istituzionale che comprometterebbe l’autorevolezza del Consiglio.

L’assurdo parlamentare: se funzionasse, sorteggeremmo i deputati

Per comprendere appieno la criticità del sorteggio nel CSM, basta applicare la stessa logica al cuore della democrazia: il Parlamento. Anche nel sistema elettorale parlamentare ci sono problemi reali. Si critica la nomina da parte dei partiti e la debolezza del legame tra eletto ed elettore Se il sorteggio fosse un metodo “neutrale” per superare questi vizi, perché non sorteggiare i deputati?

Il Parlamento trae legittimità dalla sovranità popolare e dall’elezione, massima espressione del diritto di scelta dei cittadini. Un consesso sorteggiato – immaginiamo una Camera composta, per puro caso, da un operaio, un tiktoker, un biologo marino e un’influencer, ecc. – si trasformerebbe in una mera assemblea casuale, priva di qualsiasi mandato politico e, di conseguenza, di autorevolezza e capacità di resistere alle pressioni esterne.

Il sorteggio, sia nel Parlamento che nel CSM, ha un effetto devastante: annulla il concetto di accountability (responsabilità). Un membro sorteggiato non risponde a nessuno. La sua debolezza politica lo renderebbe un bersaglio facile per le influenze del potere politico, minando l’indipendenza della magistratura che dovrebbe difendere.

L’obiettivo finale: indebolire il potere non votato

L’uso del sorteggio nel CSM, unito alla separazione delle carriere e alla creazione di due CSM distinti, svela il significato ultimo del progetto riformatore.

La separazione delle carriere rompe l’unità della magistratura, spingendo il Pubblico Ministero (l’accusa) verso una logica più legata all’Esecutivo. La contemporanea introduzione del sorteggio per eleggere i loro organi di autogoverno (i due CSM) ne indebolisce l’autonomia interna.

Doppio CSM e sorteggio non sono solo strumenti per combattere il correntismo, ma potenti mezzi di ingegneria costituzionale che, eliminando la base elettorale e l’unità culturale della magistratura, ne riducono drasticamente la capacità di agire come potere di controllo autonomo.

In conclusione, il sorteggio nel CSM è un tentativo di risolvere il problema delle correnti con un metodo che ne crea uno istituzionale più grave. Il fatto che sia inimmaginabile estenderlo al Parlamento dimostra che è una misura pensata non per rafforzare la democrazia, ma per indebolire l’unico potere che non dipende dal voto politico: la Magistratura.