
Un messaggio laico. Una cerimonia religiosa. La partecipazione al Giubileo degli operatori della giustizia è stata ampia con presenze da tutto il mondo. Gli Stati Uniti, con il giudice della Corte suprema Anthony Alto. Ma anche Spagna, Portogallo, Polonia, Francia. E ovviamente l’Italia.
Un’occasione per papa Leone XIV utile ad affrontare temi che riguardano il quotidiano di tante persone. Il pontefice ha parlato di giustizia. E ha chiesto agli operatori della giustizia di “interpretare la legge nella misura più umana possibile” e di assicurare a tutti “di realizzare le proprie aspirazioni e di vedere i diritti inerenti alla propria dignità garantiti da un sistema di valori comuni e condivisi” e di tenere sempre a mente, nell’esercizio della giustizia, che il male “non va soltanto sanzionato, ma riparato”. Non solo. ”La giustizia è chiamata a svolgere una funzione superiore nell’umana convivenza, che non può essere ridotta alla nuda applicazione della legge o all’operato dei giudici, né limitarsi agli aspetti procedurali”, sono le parole di Prevost. Che è netto su alcuni temi globali. “Lo Stato in cui non si ha la giustizia, non e’ uno Stato”, sottolinea il Pontefice.
Erano presenti le istituzioni italiane: il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il sottosegretario Andrea Delmastro. Tanti i magistrati. E in piazza San Pietro c’era una delegazione dell’Associazione nazionale magistrati, guidata dal segretario generale Rocco Maruotti.
Proprio Maruotti ha avuto modo di salutare il Papa, donandogli un fazzoletto cucito dai detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Sul tessuto i loghi del Giubileo e dell’Anm.