Celli: “Riforma mette a rischio indipendenza dei giudici”

Intervista al vice segretario generale dell’Anm Stefano Celli

 

Prima della pausa estiva il Parlamento ha chiuso il primo dei due passaggi per l’approvazione della riforma Nordio. Magistratura associata, costituzionalisti e autorevoli operatori del diritto ripetono che si tratta di una riforma sbagliata. Perché? 

“La riforma della magistratura, non della giustizia, perché viene chiamata così, ma in realtà è la riforma della magistratura presentata dal ministro Nordio, è completamente sbagliata secondo me. Non c’è un solo punto che possa essere condiviso, intanto per il metodo. Non c’è stata una proposta su cui la maggioranza si è confrontata con l’opposizione e con le altre forze politiche. Non c’è stata nessuna modifica, il testo è stato blindato sin dall’inizio e per una riforma costituzionale non è davvero un bel biglietto da visita, perché riguarda i fondamenti dello Stato, del vivere comune, dell’ordinamento della società e degli organi costituzionali. E poi un altro motivo, perché viene spacciata per riforma della giustizia e uno pensa, bene allora risolviamo con questa riforma i problemi della giustizia, o almeno alcuni problemi della giustizia, e invece è una riforma della magistratura, non della giustizia, che rimarrà esattamente come prima se non peggio, mentre per la magistratura diminuiscono fortemente gli spazi di indipendenza. Lo dico solo fra le tante altre cose, ad esempio sottrae ai magistrati un diritto riconosciuto a tutte le categorie, a tutte le associazioni, dagli ordini professionali agli iscritti a un sindacato, oppure alla pro loco e al circolo delle bocce, quello di scegliere i propri rappresentanti, che invece saranno sorteggiati”.

Quali sono gli aspetti più preoccupanti? 

“È difficile scegliere qual è il più preoccupante. Sicuramente la finta separazione delle carriere: i passaggi da una funzione all’altra, da giudice a pubblico ministero, da pubblico ministero al giudice, già adesso sono limitatissimi e addirittura da tre anni a questa parte se ne può fare solo uno in tutta la carriera e solo all’inizio della carriera. Un ordine separato per i pubblici ministeri li renderà inevitabilmente un corpo sovraccarico di poteri senza alcun serio controllo esterno.

Pensiamo che invece ora nel Consiglio superiore della magistratura su 20 magistrati 15 sono giudici e 5 sono pubblici ministeri, cioè i giudici sono tre volte i pubblici ministeri e questa è una grande garanzia di controllo e di salvaguardia dell’indipendenza. Non per niente la soluzione del corpo separato, come vorrebbe la riforma, non esiste in nessuna parte del mondo e una volta separati sarà naturale, come già preannunciato da molti, prima fra tutti il sottosegretario Delmastro, ma anche il senatore Pera e molti altri, e parlo di esponenti della maggioranza o comunque di quell’orientamento politico, sarà naturale ricondurre i pubblici ministeri sotto l’ala dell’esecutivo ed esattamente quello che accade appunto in tutti gli stati del mondo in cui i pubblici ministeri non sono una cosa sola con i giudici. A quel punto l’esecutivo li dirigerà, li controllerà, li orienterà. Sarà solo una questione di livello ma sarà inevitabile e a quel punto controllando i pubblici ministeri i processi agli imputati eccellenti saranno impossibili e non sarà necessario controllare i giudici perché davanti ai giudici non arriverà nulla di quanto potrà disturbare il potere esecutivo”.

Cosa dimostra la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea sul protocollo Italia-Albania?

“Ma intanto una piccola precisazione che è proprio necessaria. I giudici che hanno dichiarato che l’Egitto e il Bangladesh non erano Paesi sicuri si sono basati non sul proprio sentimento, sulle proprie informazioni perché avevano amici egiziani o bengalesi, ma si sono basati sulle informazioni del ministero degli Esteri e di organismi sovranazionali che dipendono dall’Onu o da altre organizzazioni comunque riconosciute.

La sentenza della Corte di Giustizia in questo momento è importantissima perché noi siamo abituati a dare per scontato l’esercizio dei diritti, ma chi fa il nostro mestiere, chi si occupa di diritto, giudici e avvocati, sa bene che qualunque diritto senza un avvocato che assista il titolare del diritto e senza un giudice che lo tuteli è esposto al rischio che chiunque lo possa violare o lo faccia venire meno. A volte chi viola il diritto è un semplice cittadino, uno ti ruba l’automobile, uno danneggia la tua siepe, uno dopo aver ricevuto il prezzo della cosa che ti ha venduto non te la consegna. Altre volte invece è il governo che non riconosce un diritto come in questo caso il diritto ad una approfondita valutazione di una domanda di asilo che è un diritto che viene riconosciuto a tutti, anzi soprattutto ai non cittadini per definizione, a livello costituzionale.

Ebbene in questo momento la Corte europea, prima i tribunali italiani poi la Corte europea, hanno ribadito che anche questo diritto, il diritto di asilo, deve poter essere tutelato anche nei confronti del governo che non può utilizzare scorciatoie come ha fatto con il protocollo Italia-Albania. E questo è un cardine della democrazia a cui non possiamo rinunciare”.