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Il mestiere del giudice civile

Il mio interesse per la giustizia si è formato nella mia adolescenza, quando ho iniziato a leggere dei libri presi in biblioteca su alcuni episodi di stupro. All’epoca, inizi anni novanta, lo stupro era ancora collocato tra i reati contro la morale (divenuto reato contro la persona con la legge del 15.2.1996) e da quello che leggevo la vittima di stupro dopo aver subito la violenza subiva un ulteriore trauma anche nel processo. Volevo fare qualcosa. Dopo l’università ho svolto per un periodo l’attività di cultore della materia in procedura civile e ho svolto le funzioni di giudice onorario con ruolo di Giudice civile (avendo il Tribunale di Siena prima e quello di Venezia poi, necessità in quel settore) per 6 anni complessivi.

Dopo aver svolto il tirocinio da Mot ho “scartato” la funzione di giudicante penale perché la frequenza delle pronunce di prescrizione, la farraginosità di alcune norme, l’intervento del processo dopo molti anni dai fatti di reato e la assenza di conoscenza degli atti di indagine, se non attraverso il dibattimento, mi sembrava un limite eccessivo per il mio modo di concepire il ruolo del giudice. La scelta delle funzioni è stata comunque per me molto impegnativa, perché da un lato ero rimasta affascinata dal lavoro del pubblico ministero (le indagini in particolare) che per la prima volta avevo sperimentato durante il tirocinio, ma d’altro canto avevo maturato una buona esperienza come giudice civile.

Nel 2013, quando ho fatto la scelta, vivevo già in Veneto e per ragioni familiari ho ritenuto di cercare una sede in quella regione o regioni limitrofe e mi ero pertanto informata sulla procura di Vicenza, sui Tribunali di Verona e di Treviso, e su altri Tribunali nelle vicinanze. Alla fine la mia scelta è stata guidata dalla razionalità di mettere a frutto la mia esperienza passata. Non so se tornando indietro rifarei la stessa scelta, il lavoro del giudice civile mi piace molto (per quanto sia faticosa e non condivisibile dal mio punto di vista la pressione verso un produttivismo eccessivo che rischia di essere incompatibile con un approfondimento serio di tutte le controversie oggetto dei propri fascicoli) ma forse cominciare dalla Procura all’inizio e poi eventualmente passare al Giudicante sarebbe stato più facile che fare il passaggio inverso.

Tra le varie scelte possibili il Tribunale di Verona era in “pole position” perché i colleghi con cui avevo parlato prima della scelta, che già lavoravano lì, mi sembravano molto accoglienti e simpatici, le cancellerie erano note per funzionare bene, il rapporto con il Foro locale era buono (il Tribunale aveva stipulato molti protocolli con l’Ordine degli avvocati, con i Servizi Sociali, con gli avvocati familiaristi, con quelli lavoristi, ecc.), non era la città dove abitavo (dovendo avere un ruolo di cause in materia di famiglia mi sembrava meglio non rischiare di trovare nei miei fascicoli genitori di bambini che andassero a scuola con le mie figlie) e qualora avessi voluto cambiare funzioni ed andare in procura avrei potuto andare nella Procura di Vicenza (mia città) perché per passare dalla funzione di giudice civile a quella di pubblico ministero è sufficiente cambiare circondario.

Fatta la scelta del Tribunale di Verona (la Sezione a cui ero destinata era specializzata in cause in materia di famiglia e di successioni e aveva pro quota con le altre due Sezioni anche controversie inerenti la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale) ho iniziato il difficile (da un punto di vista umano più che tecnico) mestiere del giudice della famiglia (dove se sei anche un po’ psicologo male non fa). Dal febbraio 2014 alla fine del 2021 ho maturato un’esperienza significativa sia come giudice monocratico che come componente del collegio (oltre alla materia di famiglia anche le azioni di impugnazione del testamento e di riduzione per lesione di legittima sono collegiali) e dopo la prima valutazione di professionalità ho svolto anche una applicazione di ufficio alla Corte di Appello di Venezia per oltre 6 mesi (in una Sezione che trattava la materia dei diritti reali e delle successioni). Forte di questa esperienza ho chiesto, dopo la seconda valutazione di professionalità, il trasferimento nella Corte d’Appello di Venezia, dove ho preso possesso nel Gennaio 2022, destinata in una Sezione Civile che tratta le impugnazioni in materia di famiglia e di responsabilità contrattuale.

Una prima considerazione è che il Collegio ti obbliga ad un confronto continuo, che per alcuni è un peso, ma per me è stata una grande risorsa, essendo in sezione con colleghi davvero speciali, sia umanamente che professionalmente. Quando sei chiamato a relazionare il tuo fascicolo ed ad assumere di concerto una decisione, da un lato devi aver approfondito ogni aspetto, fattuale e giuridico, dall’altro devi già motivare le ragioni della tua opinione perché i colleghi del Collegio (che a differenza di quello penale e di quello della Corte non è un collegio vincolato nelle persone, perché il giudice istruttore rimette la causa al Collegio all’udienza di precisazione delle conclusioni, quindi l’organo giudicante si costituisce dopo) chiedono al giudice relatore ogni questione di fatto e di diritto e ti sottopongono ogni dubbio e perplessità, fornendo ulteriori spunti in merito alle questioni affrontate.

Il giudice civile scrive molto, e se la materia non è collegiale si trova ad essere solo nelle sue decisioni, ed è molto impegnativo come ruolo. I vantaggi del ruolo sono che non è necessario andare tutti i giorni in ufficio,  perché con il processo civile telematico e la consolle del magistrato le sentenze si possono scrivere anche a casa, i fascicoli e gli atti sono sempre disponibili, i provvedimenti si possono depositare a qualsiasi ora del giorno e della notte. Lo svantaggio è che, nonostante una buona capacità organizzativa, non si hanno mai momenti di totale distacco, perché spesso è necessario scrivere sentenze anche nel week end. Ogni materia trattata poi ha delle peculiarità: nella materia di famiglia ci sono molte relazioni dei Servizi Sociali da leggere, frequenti istanze di modifica o di intervento del giudice anche nel corso del procedimento, una certa urgenza di decidere i provvedimenti provvisori che fa passare avanti queste decisioni a quelle delle materie del contenzioso ordinario; nella materia del fallimento c’è un confronto frequente con i curatori fallimentari; nella materia delle esecuzioni ci sono frequenti istanze; ecc.

Una grande risorsa degli uffici è lo spirito di collaborazione, con le cancellerie, con i colleghi, con il Presidente di Sezione e del Tribunale. Bisogna sentirsi parte di un gruppo, mai in competizione e sempre pronti a dare una mano. Ma anche a chiederla. Se si hanno difficoltà non bisogna tacere, ma chiedere prima a voce e poi se necessario per iscritto. Anche con il foro la leale collaborazione nel rispetto dei ruoli e mostrando che la correttezza ed il rispetto sono sempre apprezzati porta un positivo ritorno relazionale ed anche lavorativo.

Non devono spaventare in prima assegnazione i Tribunali piccoli, perché doversi giostrare tra più materie e più ruoli è una “gavetta” che prepara a tutte le successive tappe della vita lavorativa.

Non dobbiamo mai trascurare l’approfondimento, cedendo alla logica dei numeri. Piuttosto bisogna avere una capacità organizzativa e una visione prospettica, ad esempio tenendo libera una udienza ogni quattro settimane per poter fissare eventuali urgenze o avere tempo per scrivere, mettere un numero di fascicoli a decisione sostenibile per settimana, calendarizzando i procedimenti in ordine di anzianità di ruolo.

La preparazione dell’udienza è fondamentale, non solo per la valutazione di tutte le questioni giuridiche (controllo notifiche, verifica nullità dell’atto di citazione, verifica eccezioni preliminari di competenza e giurisdizione, mediazione obbligatoria o negoziazione assistita, ecc.) ma anche per la ricerca di una conciliazione che ha più possibilità di avere successo quanto maggiore è la conoscenza delle posizioni delle parti e del compendio probatorio (può essere utile fare una scheda per i procedimenti di famiglia con gli elementi anche economici significativi, e più in generale una scheda del processo con le domande delle parti e le prove già fornite a sostegno: può essere utile a tale fine la collaborazione di stagisti e addetti all’UPP).

Da un punto di vista emotivo oltre ad una grande capacità di autocontrollo non bisogna mai dimenticare che dietro i procedimenti ci sono persone, storie e sofferenze, specie nelle materie di famiglia e di successioni ereditarie. E far emergere l’attenzione che si dedica a ciascun procedimento consapevoli che ogni cittadino, che magari solo una volta incontrerà un giudice nella sua vita, ha diritto a tempo, preparazione e impegno per l’esame del suo piccolo o grande diritto che fa valere in giudizio.

È bene ricordarsi sempre che oltre ad essere terzi ed imparziali bisogna anche apparire così, perché gli occhi puntati su di noi sono molto critici, specialmente in questo periodo storico.

Chiudo con due frasi che mi piacciono molto: “Eroe è chi fa tutto quello che può” e “A grande potere grande responsabilità”. Ci viene chiesto di dare il massimo, con credibilità, con impegno e con preparazione. Facciamolo, con umiltà ma con la consapevolezza dell’importanza del nostro lavoro.

di Raffaella Marzocca, Consigliere della Corte di Appello di Venezia

 

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