Francesca Morvillo: una magistrata

Intervista alla scrittrice Sabrina Pisu, che ha raccontato la giudice Francesca Morvillo, uccisa il 23 maggio 1992 nella strage di Capaci

Di Francesca Morvillo non ci sono dichiarazioni o interviste. L’unica magistrata uccisa dalla criminalità organizzata nel nostro Paese era una donna schiva, riservata. Ed era una giudice puntuale, meticolosa. Un riferimento per tanti che dopo di lei sono stati al Malaspina, storica sede del Tribunale per i minorenni di Palermo e del carcere minorile del capoluogo siciliano. A raccontare un angolo di visuale della sua storia è la scrittrice e giornalista Sabrina Pisu ne “Il mio silenzio è una stella” (Einaudi). “Tutto è nato quando sono andata al Malaspina per dei laboratori, che avrei dovuto fare con la fotografa Letizia Battaglia”, spiega. Proprio in quel luogo c’è un ricordo di Francesca Morvillo. “Sono partita da lì”, racconta Pisu.

Chi era Francesca Morvillo?
Una donna autonoma, indipendente, tenace. Innamorata di un ideale di giustizia che ha anteposto alla sua stessa vita. Una delle più grandi magistrate italiane. Era una visionaria, capace di anticipare i tempi. Ed è esattamente quello che ha fatto lavorando al Tribunale per i minorenni di Palermo, dove è stata la prima a entrare nel carcere e a parlare con i ragazzi.

Nel 1988 entra in vigore una riforma della giustizia minorile. In quel periodo Francesca Morvillo sta proprio lasciando il Malaspina di Palermo.
Sì, ma lei in un certo senso anticipa quella riforma, perché mette al centro del suo approccio la concezione rieducativa della pena. Per lei era fondamentale non solo parlare con i ragazzi ma ricostruirne la storia. Al netto degli errori che commettono e sono puniti dalla legge, lei descrive sempre il punto di partenza: le loro famiglie, il loro contesto. Per questo in tanti parlano proprio di metodo Morvillo.

Suo padre era un magistrato, ma la sua non era affatto una famiglia di giuristi. Come decide di diventare giudice Francesca Morvillo?
Quando Francesca Morvillo va a scuola le donne non possono ancora accedere alla magistratura. Il primo concorso che lo prevede è del 1963. Dopo il diploma, oltre a studiare, lei fa la maestra volontaria. In un contesto sociale e culturale molto diverso dal suo: fa il doposcuola ai figli dei detenuti nel quartiere Zisa. Di lì a poco vincerà il concorso in magistratura.

E poi Morvillo studia e approfondisce sempre.
Vuole tenersi aggiornata. Questo fa intendere la sua indole e il suo modo di essere magistrato. Frequenta dei corsi di formazione, perché ci tiene a essere sempre preparata. Il suo è un desiderio di conoscere a approfondire, anche le materie che riguardano la psicologia.

Il primo incarico, siamo all’inizio degli anni ’70, ad Agrigento. Poi la procura per i minorenni di Palermo. Dove resterà per 16 anni.
Fino a quegli anni il Codice di riferimento per i minori era del 1934. Anche per i piccolissimi che delinquevano l’unica risposta era il carcere. Lei fa qualcosa di nuovo anche se assolutamente semplice: entra in carcere e parla con i ragazzi. Vuole capire chi sono, da dove provengono. Il suo atteggiamento incarna perfettamente l’articolo 27 della Costituzione. Su questo passa anche un testimone a chi verrà dopo di lei al Malaspina. Me lo hanno raccontato in tanti che hanno lavorato con lei o che sono arrivati dopo di lei a Palermo.

Appunto Palermo. Una città complicata, ancor di più in quegli anni.
In quel periodo c’era una vera e propria guerra per il controllo del mercato degli stupefacenti. E anche i più piccoli venivano arruolati per spacciare. Da pusher spesso diventavano anche tossicodipendenti. Vittime due volte. Morvillo vive Palermo con gli occhi attenti della donna e della magistrata. Lei vuole ‘salvare’ questi ragazzini. Con gli strumenti che ha un giudice, nel suo caso cercando di rendere consapevoli questi ragazzi degli errori commessi e cercando di proteggere quelli che venivano da famiglie sbagliate, tenendoli lontani dai contesti in cui il crimine è la ‘norma’.

Quindi nel 1988 l’esperienza in Corte d’Appello a Palermo.
Una scelta legata alle contingenze della vita familiare, anche per motivi di sicurezza. Il suo autista mi raccontò della commozione di Morvillo nel suo ultimo giorno al Malaspina. Una commozione coperta dai suoi occhiali da sole. Un episodio che racconta la sua riservatezza e il modo in cui difendeva le proprie emozioni.

Di Francesca Morvillo non abbiamo dichiarazioni o interviste. Lei la racconta tramite le sue sentenze e le sue azioni. Anche attraverso gli occhi dei colleghi.
Dalle sentenze scritte di suo pugno emerge il lavoro di una magistrata molto meticolosa, la precisione, la scrittura puntuale. Le correzioni dei piccoli refusi con il bianchetto. Le sue sentenze erano lunghe e particolarmente dettagliate.

È anche giudice a latere del processo Ciancimino.
Nel processo si affronta il tema degli appalti pubblici a Palermo. Ed è il 31 maggio del 1991 quando i legali di Ciancimino presentano un’istanza di ricusazione nei confronti di Morvillo, in quanto moglie di Falcone che l’aveva fatto arrestare. Un’istanza che sarà rigettata.

Proprio in quegli anni rifiuta la scorta.
Provano a imporla, a dimostrazione che c’era un tema di sicurezza legato al suo mestiere. Lei rifiuta. E lo fa perché innamorata della sua libertà. Aveva una 500 color nocciola, voleva spostarsi con la sua macchina. Era un simbolo di libertà cui non voleva rinunciare. Ed era convinta che se l’avessero voluta ammazzare l’avrebbero fatto lo stesso.

La mattina del 23 maggio 1992 anche lei è a Roma.
Sì per lavoro. Aveva ottenuto dieci giorni prima l’incarico per far parte della commissione giudicatrice del concorso in magistratura. Lascia la commissione di esame intorno alle 16. Torna a Palermo per uno spostamento legato alla sua funzione. Non solo per accompagnare il marito.

Per ribadire che Francesca Morvillo è un giudice vittima di mafia. L’unica donna in Europa, tra l’altro.
Chi uccide Giovanni Falcone uccide anche Francesca Morvillo. Lei non muore per caso. Muore perché è anch’essa una magistrata che combatte la mafia e che condivide un’ideale di giustizia.

Oggi cosa resta di Francesca Morvillo?
Ci resta questa stella che è un esempio che continua a brillare. Quel 23 maggio 1992 le lancette dell’orologio di Francesca si fermano ma poi ripartono. Ripartono con una serie di persone che seguono il suo esempio: magistrate, educatrici, insegnanti. Per molte di loro Francesca Morvillo è una stella.