Il processo della famiglia: prospettive di riforma

Il disegno di legge approvato dal Senato il 21 settembre 2021, sulla scorta delle linee programmatiche sulla giustizia definite dal Ministro della Giustizia Marta Cartabia e delle  proposte di modifica al disegno di legge A.S. 1662 elaborate dalla Commissione Luiso, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riforma della giustizia civile con lo scopo di ridurne i tempi e migliorarne la fruizione da parte dei cittadini; una particolare attenzione è stata riservata agli strumenti di mediazione dei conflitti e alla definizione del loro ambito di applicazione (c.d. ADR – alternative dispute resolution), al principio di sinteticità degli atti e all’unificazione dei riti e delle tutele. Tali elementi rivestono un’importanza particolare nell’ambito del processo della famiglia e minorile dove la combinazione di questi tre fattori potrà garantire a un processo avente ad oggetto interessi tanto sensibili quali quelli familiari una pronta definizione.

Indice: 1. Prospettive di unificazione dei riti: quale rito per il processo della famiglia? 2. Il ruolo della mediazione dei conflitti familiari

  1. Prospettive di unificazione dei riti: quale rito per il processo della famiglia?

Quando si parla di processo del diritto di famiglia è bene farlo al plurale: l’intento del legislatore del 2012 di equiparare i figli “ex naturali” e “ex legittimi” prevedendo, tra l’altro, la competenza concorrente per tutti del Tribunale Ordinario e del Tribunale dei Minorenni, ha determinato una diversificazione dei riti non solo dinanzi a Organi Giudiziari diversi (Tribunale Ordinario e per i Minorenni) ma anche allo stesso Tribunale. Al rito contenzioso riservato ai primi si contrappone infatti il rito camerale (737 ss c.p.c.) riservato ai secondi, circostanza che ha avuto non poche ripercussioni a livello processuale, in primis la discussa reclamabilità dei provvedimenti non definitivi assunti dal Tribunale nei procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio (v. C. App. Milano 1.10.2014; contra Cass. civ. 10777/2019). Le incongruenze non finiscono qui: mentre il rito contenzioso è regolato da precise norme regolatrici della competenza, il rito camerale ne è privo. Ancora, mentre i procedimenti contenziosi di separazione e divorzio sono articolati in due fasi – quella presidenziale e quella regolata dal rito ordinario di cognizione – i procedimenti camerali sono del tutto de-formalizzati e, di conseguenza, molto più celeri. L’articolazione in due fasi dei procedimenti di separazione e divorzio, d’altronde, oltre che determinare un inevitabile allungamento dei tempi processuali, è spesso fonte di dispersione di attività processuale in caso di contemporanea pendenza dei due procedimenti, ipotesi aumentate in seguito all’introduzione del c.d. divorzio breve (l. 55/2015). Da non sottovalutare, infine, l’allungamento dei tempi processuali troppo spesso determinato dalla mancata valorizzazione degli strumenti del processo telematico e dal mancato rispetto del principio di sinteticità che in materia di famiglia costituisce un canone imposto dalla normativa sovranazionale (si veda il preambolo della Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli firmata a Strasburgo il 25 gennaio 1996).

In un simile quadro l’art. 23 del disegno di legge approvato al Senato il 21 settembre 2021 prevede la creazione di un unico rito a competenza collegiale per tutti i procedimenti di famiglia. Rimandando a una successiva analisi l’esame dettagliato della disciplina del nuovo rito mi preme evidenziare come le principali novità siano le seguenti: 1. il riordino dei criteri di competenza per territorio; 2. l’implementazione degli strumenti telematici e la codificazione del principio di sinteticità degli atti; 3. l’eliminazione della fase presidenziale nei giudizi di separazione e divorzio; 4. la riunione dei procedimenti.

Quanto al primo aspetto, è previsto che nei procedimenti in cui siano coinvolti minori di età sia competente in via prevalente il Tribunale del luogo di residenza abituale del minore (c.d. foro del minore) (lett. d)) al fine di garantire il principio di vicinanza, ovverosia la prossimità tra il Tribunale chiamato a decidere e la fattispecie dedotta in giudizio (cfr. Corte Cost. 169/2008; Corte Giustizia causa C-184/2014 del 16.07.2015; Cass. civ. 1058/2003 e17746/2013; ord. 21285/2015; nella giurisprudenza di merito si veda Trib. Monza, 28.03.2019).

Al fine di ridurre i temi di definizione dei giudizi è previsto il potenziamento del ricorso allo strumento telematico: recependo una prassi maturata negli Uffici Giudiziari in occasione della pandemia in corso, è data facoltà alle parti nei procedimenti di separazione consensuale e divorzio congiunto di rinunciare alla comparizione in udienza (art. 17 lett. o).

Quanto poi al principio di sinteticità degli atti, espressione del principio di ragionevole durata del processo e di leale collaborazione tra le parti e tra queste e il giudice, l’art. 23 lett. f) detta i criteri per la redazione del ricorso in materia di famiglia, prevedendo espressamente che lo stesso sia redatto in modo sintetico e tale da portare all’attenzione del Giudice e dell’altra parte tutte le informazioni più rilevanti al fine di definire prontamente la controversia. Non si tratta di una novità ma di una presa d’atto della prassi già maturata presso diversi Uffici Giudiziari: il Tribunale di Milano già nel marzo del 2019 ha adottato d’intesa con la Corte di Appello di Milano, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano e l’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano un Protocollo contenente specifiche indicazioni con riferimento alla redazione degli atti introduttivi dei procedimenti in materia di famiglia predisponendo i relativi modelli reperibili sulla pagina web del Tribunale.

Anche l’eliminazione della fase presidenziale ora prevista nei giudizi di separazione e divorzio garantirà una più celere definizione dei procedimenti e dovrebbe evitare, specialmente nei giudizi in cui non sia necessario svolgere attività istruttoria, le ipotesi di contemporanea pendenza di separazione e divorzio. Il giudice relatore potrà infatti assumere alla prima udienza in via provvisoria provvedimenti, sempre reclamabili, regolanti le questioni relative ai figli e quelle economiche e quindi decidere immediatamente sulle istanze istruttorie; ove il giudizio di separazione debba proseguire per la definizione delle questioni relative alla prole ovvero economiche, dopo la pronuncia della sentenza non definitiva di separazione e il relativo passaggio in giudicato, la parte interessata potrà proporre la domanda di divorzio nell’ambito del giudizio di separazione ovvero in separato giudizio che, su istanza di parte, potrà essere riunito al primo. Da evidenziare come al fine di ridurre i tempi del giudizio di separazione, è prevista la possibilità di chiedere l’addebito della separazione nei soli casi di allegata violenza domestica o di genere.

La possibilità di riunire i giudizi di separazione e divorzio rappresenta sicuramente la principale novità in termini di economia processuale in quanto raccoglie le istanze da tempo provenienti in tal senso da parte della giurisprudenza di merito e della dottrina (a favore in dottrina F. Danovi, I rapporti tra il processo di separazione e il processo di divorzio alla luce della l. n. 55/2015 in Famiglia e Diritto, 2016, 11, 1093; in giurisprudenza Trib. Torino 10 luglio 2015; Trib. Milano26 febbraio 2016; contra Trib. Verona, 31 luglio 2015). La riunione, peraltro, sarebbe agevolata anche dall’unificazione del criterio di competenza per territorio nei procedimenti in cui siano coinvolti minori di età, che favorirebbe la concentrazione dei giudizi dinanzi a un unico Tribunale. Sarà la prassi a individuare le ipotesi nelle quali sarà possibile, in concreto, la riunione dei procedimenti: è evidente che di riunione in tanto potrà parlarsi in quanto i due procedimenti si trovino non solo nello stesso grado ma anche nella stessa fase; si tratterà pertanto di stabilire se, una volta eliminata la fase presidenziale, possano considerarsi pendenti nella medesima fase due procedimenti in cui nel primo non si sia ancora conclusa l’attività istruttoria.

Il rito unico per la famiglia, a prescindere dalla creazione di un Tribunale unico della famiglia, avrà senza dubbio l’effetto di assicurare parità di trattamento per situazioni sovrapponibili e di cerare un modello processuale uniforme ispirato a criteri di rapidità ed efficacia.

 

  1. Il ruolo della mediazione dei conflitti familiari

“Tra moglie e marito non mettere il dito” è proverbio di saggezza popolare che esprime in pieno la delicatezza del processo di famiglia. D’altra parte, il contesto processuale può tendere ad inasprire il conflitto familiare né è escluso che i tempi del processo logorino i legami ed i patrimoni che si intendevano salvaguardare (cfr. G. Vassallo, 2016). Il problema sembrerebbe ancor più attuale e concreto: dinanzi alla necessità di rispondere all’impegno Europeo da parte dello Stato italiano quale beneficiario delle risorse di Ripresa e Resilienza, il Piano Nazionale predisposto dal Governo punta all’ampliamento degli strumenti di mediazione ed alternativi alla lite giudiziaria, anche nel contesto familiare. In tale ottica, il disegno di legge approvato al Senato si confronta sia con le esigenze di efficienza del Servizio Giustizia sia con l’evoluzione storico-sociale dei rapporti familiari, anche non matrimoniali.

Posto ciò, il ruolo della mediazione dei conflitti familiari in senso ampio assume oggi un duplice risvolto: all’interno del processo, in cui la Giurisdizione ha un ruolo di iniziativa, ovvero prima ed indipendentemente dallo stesso, in cui l’Autorità giurisdizionale ha un ruolo di controllo. All’interno del processo rimane affidata al giudice la valutazione di opportunità dell’attivazione della mediazione. Il disegno di legge conferma il ruolo deflattivo della mediazione familiare (art. 23 lett. f), n) o), p)), valorizzando la professionalità del mediatore, potendo le parti avvalersi di soggetto iscritto in apposito albo. Fuori dal processo, la negoziazione assistita mediante l’opera degli avvocati mira effettivamente a ridurre il contenzioso, su base volontaria, con una procedimentalizzazione che assume una duplice valenza: 1. garantire l’emersione di tutti gli interessi in gioco, attribuendo all’avvocato funzioni assimilabili a quelle di negoziatore ovvero di giudice dell’udienza presidenziale di separazione o divorzio (G. Vassallo, cit.); 2. consentire all’Autorità giudiziaria il controllo sull’accordo raggiunto, in particolare laddove vi sia prole minorenne (cfr. art. 6 co. 2 e 3 d.l. 132/2014 e F. Tizi, 2015). La soluzione del controllo del Procuratore della Repubblica è di compromesso: pur di allargare a situazioni delicate e sensibili, in presenza di prole minorenne o bisognosa di cure ed accudimento, uno strumento di cui evidentemente non ci si fida, si attribuisce un controllo pregnante ad un soggetto garante di legalità. Si potrebbe al riguardo affermare che lo strumento non sia di effettiva de-giurisdizione ma di volontaria giurisdizione, peculiarmente condivisa in sede di controllo dell’accordo tra Ufficio del Procuratore della Repubblica ed Ufficio del Presidente del Tribunale (cfr. G. Santacroce, 2015; F. Tizi, cit.; B. Poliseno, 2015). Infatti, l’esito positivo del controllo consente l’efficacia dell’accordo con la trasmissione all’Ufficiale di Stato civile; l’esito negativo del controllo, in particolare quello più propriamente autorizzativo, determina l’instaurarsi di una fase di ulteriore valutazione dinanzi al Presidente del Tribunale. La Commissione Luiso non sembra affrontare tale momento di criticità, permanendo talune interpretazioni discordanti circa la possibile ridefinizione dell’accordo dinanzi al Presidente ovvero in caso contrario determinandosi un peculiare sbocco processuale che, in astratto, dovrebbe essere facilitato dalla pregressa negoziazione, almeno in termini di immediata emersione degli interessi in gioco. Accanto alla Negoziazione assistita quale fenomeno attenuato di de-giurisdizione si inserirebbe anche l’accordo dinanzi al Sindaco quale Ufficiale di Stato civile, di minore portata applicativa. In tale ottica, si potrebbe affermare che, per le ipotesi più semplici di conflitto familiare senza prole, l’istituto avrebbe l’effetto di trasferimento della risoluzione dello stesso dalla Magistratura all’Amministrazione pubblica (F. Tizi, cit.); una soluzione che il disegno di legge non sembra percorrere ulteriormente.

Il disegno di legge approvato dal Senato, in vista dell’ampliamento applicativo della negoziazione assistita (già prevista per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o divorzio) estende la relativa disciplina anche ai procedimenti che riguardano le modalità di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio ovvero dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti nati da genitori non coniugati (cfr. art. 35). Nelle proposte normative del Governo la stessa valorizzazione del ruolo dei partecipanti al gruppo familiare imporrebbe di consentire lo strumento della Negoziazione assistita su iniziativa degli stessi figli maggiorenni non autosufficienti o ancora nell’ambito della determinazione degli alimenti di cui all’art. 433 e ss. c.c. Non si tratta, evidentemente, solo di tutela di interessi morali e sociali, ma anche economici; del resto, scegliere di risolvere il conflitto familiare nel processo o fuori dal processo è anche una scelta economica di strumenti a disposizione e di ponderazione dei relativi costi e benefici. In tale contesto, la Commissione si preoccupa pure di sottolineare la necessità di rendere chiaro agli operatori del settore che l’accordo stesso è titolo idoneo alla trascrizione ex art. 2657 c.c. per quei trasferimenti immobiliari tra coniugi o a favore dei figli che di regola consentono una composizione definitiva di ogni aspetto patrimoniale del conflitto. Alla medesima intentio si ispira anche la proposta della Commissione di consentire nell’ambito della negoziazione assistita la c.d. una tantum divorzile, prevista qualora uno degli ex coniugi corrisponda all’altro l’assegno divorzile in unica soluzione. In tale sede, nel progetto di riforma parrebbe che il Legislatore possa finalmente dare più fiducia agli avvocati che assistono le parti nella negoziazione assistita, affidando agli stessi quel giudizio di congruità che la legge sul divorzio demanda al giudice. In tale ultimo profilo si rinviene la chiave per aprire un più ampio futuro agli strumenti alternativi al processo nella definizione dei conflitti, anche in ambito familiare, ossia la fiducia nell’operatore di mediazione sociale anche fuori dal processo, nella condivisione dell’ottica di neutralità, imparzialità e tutela degli interessi in gioco. Proprio nell’alimentare tale fiducia, le scelte legislative di disciplina e sanzione diventeranno centrali. Allo stato, il disegno di riforma appare correttivo e manutentivo, piuttosto che davvero e concretamente innovativo (G. Buffone, 2021). D’altra parte, lo strumento delle Alternative Dispute Resolutions è un modello di cultura che necessita di progressiva affermazione rispetto al primato della giurisdizione (F.P. Luiso, 2003). In tal senso, proprio in ambiti in cui sono coinvolti diritti fondamentali, personali e inviolabili, come quelli dei minori, a maggior ragione sarebbe sentita la necessità di portare certe tematiche al di fuori della lite giudiziaria (cfr. Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei minori, 1996 e Raccomandazione del 21.1.1998). Ecco allora che viene in rilievo la centralità della professionalità dei mediatori e degli avvocati, in un’ottica di garanzia e valorizzazione della mediazione nelle sue diverse componenti strutturale, sistematica, negoziale e storico-evolutiva della gestione del conflitto familiare (G. Vassallo, cit.).

Dott.ssa Camilla Filauro

Giudice del Tribunale di Monza

Dott. Angelo Parisi

Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza

In foto: Jean-Frédéric Bazille, La riunione di famiglia, 1867, Museo d’Orsay, Parigi