La durata ragionevole del processo e la modifica dell’imputazione

di Riccardo Pivetti, presidente della Prima Sezione Penale del Tribunale di Catania

 

Le categorie generali: decadenza, perenzione e prescrizione

Nel linguaggio giuridico la perenzione è l’estinzione del rapporto processuale per il mancato espletamento ad opera della parte e per un certo tempo, di atti processuali di sua pertinenza.

Trattasi di istituto del processo amministrativo e si configura come sanzione per le parti che non compiono alcun atto di procedura, nel corso di un anno, provocando l’estinzione del processo, ai sensi dell’artt. 81 ss. del codice del processo amministrativo.

Si distingue dalla decadenza perché questa antecede la nascita del rapporto: il rapporto processuale è in itinere ma non nasce perché, il mancato espletamento ad opera della parte e per un certo tempo, di atti processuali di sua pertinenza, non consentono al rapporto di instaurarsi.

Con la prescrizione, infine, il rapporto processuale nasce e va verso il suo epilogo finale che è la sentenza. E purtuttavia accertata la penale responsabilità, viene meno la punibilità perché è il Giudice, e non la parte, a non aver compiuto nei tempi stabiliti dalla Legge la iuris dictio, emettendo la sentenza.

Siamo dinanzi a tre istituti chiave del diritto: perenzione, decadenza e prescrizione.

La vicenda che da a qui a poco ci occuperà, seppur non può equipararsi all’istituto della perenzione, per certo ha diverse assonanze sotto il profilo delle conseguenze e degli effetti.

La costituzione di parte civile come espressione della volontà punitiva privata

Tra le questioni tecniche introdotte a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (cd. riforma “Cartabia”) quella riguardante la costituzione di parte civile non revocata, per ritenere ancora procedibile il reato, è stata risolta dalla giurisprudenza di legittimità: tale comportamento concludente equivale a querela ai fini della procedibilità di reati originariamente perseguibili d’ufficio, divenuti perseguibili a querela dal 30 marzo 2023.

Il Giudice di legittimità non ha risolto, però, altro tema che ha impegnato i Decidenti di merito ed in particolare il Tribunale di Catania Sezione Prima Penale con le sentenze meglio in nota specificate[1].

La riforma Cartabia ed i furti di energia elettrica

Il Tribunale etneo ha dovuto decidere sulla attualità della punibilità a querela di delitti che, nella, loro forma circostanziata, sono punibili d’ufficio (furti di energia elettrica); punibilità riviviscente grazie alla contestazione suppletiva del Pubblico Ministero, nonostante l’inattività della parte offesa che non si è costituita parte civile ma neppure ha sporto querela entro il 30 marzo 2023.

La Corte di legittimità nulla ha riferito sino al 3 ottobre 2023, se non con un mero obiter dictum estivo[2], in contrasto col nuovissimo orientamento di questi giorni.

Al riguardo, ancora, la motivazione della citata decisione, non è stata deposita, ma dal dispositivo del Giudici romani, si ricava il rigetto del gravame del Pubblico Ministero nella parte in cui ritiene possibile la contestazione suppletiva, anche qualora siano coinvolti interessi e beni giuridici ritenuti non disponibili, nel senso di ritenerli afferenti a cose … destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità …  come per i furti di energia elettrica.

Le decisioni del Tribunale etneo anticipano la decisone ultima citata del Giudice di legittimità e sono in linea con la recente decisone 13 del 2023 delle Sezioni Unite della Cassazione, emessa in data 28 settembre 2023, che ha sciolto un nodo noto a tutti, riguardante la contestazione suppletiva di recidiva, allo scopo di evitare la statuizione di prescrizione del delitto: con il venir meno della pretesa punitiva dello Stato, il Pubblico Ministero non può rimediare al suo ritardo con la contestazione suppletiva; e la Cassazione non ha avallato una diversa soluzione ermeneutica con cui si sarebbe mal interpretato gli artt. 99, 157 cp, 129 e 517 cpp in violazione dell’art. 111 della Costituzione perché non avrebbe garantito la … condizion[e] di parità [tra le parti], davanti a giudice terzo e imparziale … e, soprattutto, non avrebbe … assicura[to] la ragionevole durata … del processo.

Si tratta di un tema che non poteva lasciare insensibile il Giudice di legittimità (che proprio il 3 ottobre 2023, ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero al riguardo specifico sull’argomento) ma neanche i Decidenti di questa Sezione, che hanno interpretato ancor prima la riforma sulla procedibilità a querela e quelle immediatamente collegate di cui all’art. 129 e 516 ss cpp, in conformità col tema della ragionevole durata del processo ed alla parità delle parti.

Si rileva al riguardo che la presa di posizione dei Colleghi e dello scrivente, ha anticipato la giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Per avviarci alla conclusione di queste brevi riflessioni va ribadito che la riforma ha inciso profondamente su delitti perseguibili a querela perché, come è noto, avendo avuto la persona offesa notizia del fatto costituente reato prima del 30.12.2022, il termine di tre mesi per l’esercizio del diritto di querela (e per l’integrazione di denunce/esposti già depositati) è maturato il 30.3.2023. E venendo meno il rapporto processuale principale è evidente che anche l’azione penale principale viene meno, sicché è contro logica ritenere possibile una contestazione suppletiva su un rapporto processuale e relativa azione penale venuta meno.

L’incidenza statistica negativa per soluzioni differenti da quella adottata

Dal potere che ha, o non ha, il Pubblico Ministero di formulare la contestazione suppletiva sarà influenzata l’incidenza statistica di questi delitti sul territorio dell’Italia del sud, la riduzione del Disposition Time, nonché l’eliminazione dell’arretrato ultra-triennale in coerenza col DOG, con quanto previsto nel PNRR e nel programma per la gestione dei procedimenti pendenti, atteso che statisticamente la categoria esaminata riguarda i furti Enel in cui non è contestata l’aggravante dell’art. 625 comma I, n. 7, cp., nella parte ove il furto riguarda cose … destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità … come l’energia elettrica.

Siamo dinanzi ad un numero elevatissimo di processi che affligge la provincia etnea con tassi così elevati da rappresentare quasi l’80 % dei complessivi furti eseguiti in tutta la penisola.

Non può essere taciuto neppure che nel caso in cui il Tribunale etneo avesse dovuto tener conto della contestazione suppletiva, superando l’ostacolo temporale dell’art. 129 cpp (invero insuperabile anche se presente la contestazione suppletiva, tipica soltanto della fase dibattimentale), avrebbe dovuto garantire i seguenti diritti:

  • consentire all’imputato di chiedere un termine per la difesa ai sensi dell’art. 519 comma I e II p.p.;
  • ammettere nuove prove ex 519, comma II, ultimo inciso, c.p.p.;
  • riconoscere, infine, la facoltà di chiedere il rito abbreviato e, ricorrendone i presupposti, l’applicazione della pena a norma dell’art. 444 p.p., l’oblazione e la sospensione del processo con messa alla prova.

Il tutto in linea con la Sentenza della Corte Costituzionale n° 146 del 27 aprile2022, depositata il 14 giugno 2022, ma nella consapevolezza che, tale soluzione, invero, per implicito, veicolata dalla erroneamente dalla Procura, con la contestazione suppletiva in fase predibattimentale, se avallata dai Giudici catanesi, avrebbe violato due norme, una costituzionale ed altra sovranazionale.

Le ricadute economiche di soluzioni differenti

Per un delitto commesso anni or sono, seppur ancora non prescritto, l’inerzia della parte pubblica nel contestare in modo corretto il fatto, aspettando tutto questo tempo, vìola pesantemente l’equilibrio tra ragioni di economia processuale e di effettività delle pronunce giurisdizionali. E peraltro non è sovra abbondante evidenziare che, una diversa interpretazione, confliggerebbe con legge n. 89 del 24 marzo 2001, denominata comunemente legge “Pinto”; e cioè loa legge che ha previsto il diritto all’equa riparazione per il mancato rispetto del “termine ragionevole” di durata del processo.

Le ricadute in termini di danno all’Erario non sarebbero di poco momento, e, inoltre, a rischio sarebbe proprio la riduzione del Disposition Time, nonché l’eliminazione dell’arretrato ultra-triennale in coerenza col DOG, con quanto previsto nel PNRR e nel programma per la gestione dei procedimenti pendenti, per come evidenziato in premessa.

In definitiva una diversa statuizione del Tribunale violerebbe pesantemente, allora, non soltanto l’articolo 111 della Costituzione e l’art. 6 CEDU (e gli artt. 129 e 516 ss cpp), proponendo l’utilizzo di un metro diverso tra parte offesa privata e Pubblico Ministero, ma pure la ragionevole durata del processo; e tutto questo, inoltre, avrebbe anche ulteriori ricadute negative all’interno del sistema ponendo dei costi all’Erario per l’equa riparazione all’imputato, e, quel che è più doloroso, vanificherebbe gli obbiettivi sopra più volte menzionati fissati col PNRR.

In definitiva il Pubblico Ministero aspettando diversi anni per instaurare correttamente il contraddittorio non ha assicurato la ragionevole durata del processo e la parità delle parti processuali; né il querelante, specie se portatore di interessi legati a cose … destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità … aspettando tanti anni per ottenere una corretta contestazione del fatto e senza aver proposto querela entro il 30 marzo 2023, né costituendosi parte civile, ha mostrato una sensibilità diversa che adesso, in violazione delle norme citate di rango costituzionale e sovranazionale, non può essere tutelata.

Il Tribunale etneo si è sempre mosso in un’ottica garantista, in ossequio ai precetti costituzionali, attuando la recente riforma con soluzioni ermeneutiche costituzionalmente orientate, evitando di sollevare questioni di costituzionalità delle norme applicate, anche senza la guida della Suprema Corte di Cassazione che, in questi giorni, ha premiato le nostre scelte.

 

Note

[1] Ci si riferisce tre decisioni: alla sentenza n°2971/2023 emessa all’ udienza del 04.05.2023 di cui al n. R.G. Trib. 2555/23 e n. R.G. N.R.14035/18, depositata in udienza dalla Dott.ssa CILLA Cristina Giovanna, la sentenza n° 6060/23emessa dallo scrivente emessa all’udienza del 21.09.2023 di cui al R.G. Trib.2121/21 e n. R.G. N.R. 13950/14, depositata in udienza e quella n° 6579/23 emessa all’udienza del 5 ottobre 2023, anch’essa depositata in udienza dallo scrivente, di cui al R.G. Trib. 4783/23 e n. R.G. N.R. 16081/19.

[2] Cfr. Cassazione Penale, Sezione V, Sentenza n° 14549 del 2023, in cui non viene assolutamente sollevata tra le doglianze quella afferente alla condizione di procedibilità ed alla presenza di una contestazione suppletiva.