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Dalla sartoria al ristorante, la rinascita del carcere di Santa Maria Capua Vetere

L’altro carcere, quando la detenzione aiuta a ricostruire il futuro / 2

 

Una delle ultime produzioni, il fazzoletto commissionato dall’Anm per il giubileo degli operatori di giustizia, è arrivata in dono a Papa Leone XIV. “Una grandissima emozione” per Donatella Rotundo, la direttrice chiamata a rilanciare le attività rieducative nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in seguito alle violenze nella primavera 2020. Cinque anni dopo, i progetti nati fanno notizia, a ricordare che un altro carcere è possibile, oltre il sovraffollamento e i suicidi: per ridare dignità ai detenuti, favorire il reinserimento e abbattere la recidiva. E anche per sanare idealmente proprio in questo istituto quella ferita tra agenti e detenuti, con progetti dal valore fortemente simbolico.

 

La sartoria con i marchi del Made in Italy

Donatella Rotundo racconta del suo arrivo dopo i fatti dell’aprile 2020. “C’era bisogno di dare dignità nuova e sicurezza agli agenti e ai detenuti” ricorda, raccontando uno dei primi progetti avviati. Un accordo con la sartoria Isaia per la produzione delle camicie per la polizia penitenziaria. Una produzione che è arrivata a 33mila camicie all’anno e che insegna ai detenuti una professionalità spendibile una volta che avranno scontato la pena. Sempre in collaborazione con lo stesso marchio si confezionano le tute operative della polizia penitenziaria. Altro progetto sviluppato in questi anni è con Marinella, la storica casa napoletana che produce cravatte note in tutto il mondo. Con questo marchio nella casa circondariale si cuciono cravatte per le uniformi degli agenti e fazzoletti e cravatte in seta per cadeaux istituzionali.

C’è infine il laboratorio per commesse interne di dimensioni più piccole, nelle ultime settimane  impegnato a realizzare oggetti legati al Giubileo 2025: i fazzoletti commissionati dall’Associazione nazionale magistrati e zaini e shopper cuciti riciclando i teloni che sono stati utilizzati a Roma proprio durante i lavori di preparazione del Giubileo. In tutto sono 115 detenuti, 100 uomini e 15 donne, impegnati nelle attività di sartoria del carcere.

I progetti per il futuro

La novità per il prossimo anno sarà un ristorante aperto alla clientela esterna: ospitato all’interno della struttura con il personale composto da detenute e detenuti. Di pari passo sta per essere completato un orto idroponico che fornirà in futuro il ristorante. A dicembre inizieranno poi i lavori per il primo ospedale veterinario di primo livello in un carcere, mentre è terminata da poco la costruzione del canile comunale da parte del comune di Santa Maria Capua Vetere dove verranno assunti i detenuti formati dalla regione Campania.

Attiva anche una pasticceria con un laboratorio coinvolto in un progetto con la questura di Caserta. Si chiama “rosso vanvitelliano” e riprende lo spot contro la violenza di genere “un bacio si dà in due, uno schiaffo no” per la produzione di una scatola di cioccolatini contenenti delle frasi. Saranno poi i detenuti, dopo un workshop di formazione, a scrivere le frasi da mettere nella confezione.

Il murale da Guinness

Il carcere di Santa Maria vanta da qualche tempo anche un primato mondiale: sulla sua facciata è stato dipinto un murale da record: il “muro della libertà”,  con i suoi 5500 metri quadrati è il più grande al mondo realizzato da un solo artista e l’unico in un penitenziario. A realizzarlo l’artista Alessandro Ciambrone, l’opera ha ottenuto il riconoscimento della Commissione della “Guinness World Records”, è dedicata a papa Francesco e riporta frasi di personaggi storici e Premi Nobel su temi come la pace, il contrasto alla violenza, i diritti umani, la valorizzazione del patrimonio culturale. C’è una sezione sull’Ucraina e una sulla Striscia di Gaza. Ciambrone ha potuto contare, per la realizzazione dell’opera, sul supporto di oltre 200 studenti e di diversi detenuti. Anche questa una tappa del processo di rigenerazione del carcere di Santa Maria.

 

 

 

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