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Campanelli: su riforma Nordio incomprensibile forzatura dei tempi

Giuseppe Campanelli è professore di diritto costituzionale all’Università di Pisa. In quest’intervista parla del percorso della riforma costituzionale sulla magistratura all’esame  del Parlamento, dove la maggioranza continua a forzare i tempi per arrivare il prima possibile all’approvazione. Ma anche della necessità di non ridurre il ddl al solo tema della separazione delle carriere.

Professor Campanelli, partiamo da quel che accade in queste ore al Senato. È legittimo che si utilizzi l’espediente del cosiddetto canguro su una riforma costituzionale?

Parliamo di strumenti che tendono a superare l’ostruzionismo parlamentare e ad avere tempi certi. Il che è comprensibile quando si parla ad esempio di decreti legge che se non vengono convertiti decadono, meno se parliamo di riforma costituzionale che non ha un limite temporale entro cui deve essere approvata. Fatta questa premessa, guardiamo più da vicino di cosa si tratta. Lo strumento del canguro, utilizzato peraltro da governi di ogni colore politico, nasce da una norma del regolamento della Camera, l’articolo 85 quinto comma. Permette, in estrema sintesi, di accorpare gli emendamenti simili o di contenuto analogo, in modo che se il primo dei raggruppati viene bocciato tutti gli altri risultano decaduti.

Alla Camera però c’è da segnalare una cosa interessante, l’articolo 85 bis, al comma 4,  stabilisce che il cosiddetto canguro non si applica nella discussione dei progetti di legge costituzionale. Al Senato, che pure ha mutuato questa tecnica dal regolamento della Camera, questo limite non viene indicato, quindi tecnicamente si può utilizzare. E ricordo due precedenti in cui è stato utilizzato proprio su una riforma costituzionale, nel 2006 con il governo Berlusconi e con la riforma Boschi Renzi nel 2016, entrambe, peraltro, bocciate dai cittadini. Tutto ciò chiarito mi preme sottolineare che il punto è un altro…

Quale?

Io ritengo che quando si tratta di una riforma costituzionale la discussione sia fondamentale, anche perché si profila un’approvazione parlamentare a maggioranza assoluta nella seconda deliberazione (e non di due terzi) e questo è significativo del fatto che non è una riforma condivisa. Noi che studiamo il diritto costituzionale parliamo in tale caso di riforme a colpi di maggioranza: quindi il coinvolgimento delle minoranze anche nel dibattito, anche in commissione, sarebbe sicuramente più utile, più serio e maggiormente conforme allo spirito di revisione costituzionale.

 

C’è un’altra tecnica di cui la maggioranza vuole avvalersi per procedere a tappe forzate, cioè quello di arrivare in aula senza il mandato al relatore. Siamo davanti ad un’altra forzatura?

Sicuramente  è un altro strumento utilizzato per evitare che si possa procedere a una discussione aperta e corposa. Su questo non ho trovato precedenti, se non in una riforma dell’ultimo governo Berlusconi che però non arrivò mai in aula. Anche in questo caso, comunque, non comprendo l’urgenza dei tempi e mi sembra del tutto inutile.

La maggioranza ha la consapevolezza di poter approvare la riforma, non capisco perché deve così sminuire il ruolo dell’opposizione. D’altra parte, l’ho anche detto pubblicamente a un convegno dell’Associazione nazionale dei magistrati in pensione, mi sembra assurdo che il ministro non abbia considerato in nessun modo i rilievi, tecnici e costruttivi (es. con riguardo all’ipotesi del sorteggio secco) che l’Anm ha fatto in tutte le sedi per cercare di far valere le proprie posizioni. Per me è costituzionalmente inspiegabile, così come è inspiegabile che la ratio della immodificabilità della proposta di riforma costituzionale vada ricercata soltanto nel tener fede al programma elettorale, con l’effetto che motivazioni plausibili e strutturate, confortate anche da una copiosa giurisprudenza della Corte costituzionale, non siano tenute in nessuna considerazione.

Il ministro Nordio, riferendosi proprio ai tempi lunghi per l’approvazione della riforma costituzionale, ha parlato di norme vecchie, antiche e antiquate. Davvero è così?

Vorrei ricordare che le norme che ho citato, per esempio l’articolo 85 del regolamento Camera, seppure su altri punti rispetto a quelli citati prima, è stato modificato nel 2024, come anche l’articolo 85 bis. Anche quello che riguarda il mandato senza relatore è stato modificato dal Senato nel 2022. Quindi le procedure di Camera e Senato non sono immutabili. Altro è se parliamo di revisione costituzionale dove ci atteniamo, prima di tutto, all’articolo 138 della Costituzione. Ma io voglio escludere a priori che Nordio si riferisse alla procedura di revisione costituzionale. In ogni caso, ripeto, quando si discute di modificare la Costituzione con una riforma di questa portata, che impatta così tanto sul sistema della magistratura, il problema è la condivisione e l’apertura rispetto a queste riforme.

Che conseguenze può avere sulla futura campagna referendaria un dibattito parlamentare ridotto? 

Io non parlerei già di referendum, ho sentito anche il ministro farlo. Non perché il risultato non sia scontato, ma anche per un rispetto dei ruoli e delle competenze degli organi costituzionali. Prima si arriva all’approvazione in sede parlamentare, poi si potrà discutere del referendum e di come gestirlo. Evidentemente bisognerà chiarire esattamente la portata di questa riforma, perché non si può ragionare su slogan, su tweet, su cose che hanno a che fare con il marketing costituzionale anziché con la realtà e la difesa di valori costituzionali.

ROMA – Camera dei Deputati

In questo momento noi dobbiamo ragionare, lo ripeto, sul rispetto del ruolo degli organi costituzionali: c’è un Parlamento che sta approvando una revisione costituzionale e  la maggioranza deve rispettare il ruolo dell’opposizione, dare la possibilità che si discuta perché questa discussione può avere un effetto sul dopo. In una logica di conoscenza degli argomenti oggettiva, seria e rigoroso e non di mero marketing sulla Costituzione.

La maggioranza parla di riforma per la separazione delle carriere, ma il ddl contiene molto di più. Come sarebbe più corretto definire questa riforma?

Parlare di separazione delle carriere non è tecnicamente sufficiente perché se noi parlassimo solo di questo sarebbe bastato intervenire con una legge del Parlamento, non modificare la Costituzione come stabilito ben due volte dalla Consulta.  Bisognerebbe piuttosto sottolineare che si tratta di una riforma che impatta sul sistema giudiziario e sulla magistratura, i cui elementi costitutivi sono il doppio Consiglio superiore della magistratura, il sorteggio e l’Alta corte; questo è il vero nucleo della riforma costituzionale, la separazione è semplicemente una porticina dietro cui si trovano cose enormi. Basti pensare al sorteggio per i membri togati che sminuisce completamente il valore e il ruolo di rappresentanza che ha l’ordine giudiziario. Un sistema che in tutta Europa è previsto solo in Grecia. E poi l’Alta corte che toglie completamente la funzione disciplinare al Consiglio superiore della magistratura, che diventa dunque altro. Semplificare la riforma parlando solo di separazione delle carriere è molto riduttivo e  poco serio.

Sembra solo uno slogan che sicuramente fa effetto, ma non identifica correttamente, e lo dico anche da cittadino, i termini reali delle questioni in gioco e dei valori costituzionali messi notevolmente in discussione. Sicuramente la mera critica non basta, ma bisognerebbe avere anche il tempo di ascoltare e riflettere sulle proposte alternative che continuano a giungere, quotidianamente all’attenzione del Ministero e  del Governo. Sarebbe un segnale di condivisione che finora è assolutamente mancato.

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