Intervista a Giancarlo Cascino, presidente dell’Anm Catania, dopo gli attacchi degli ultimi giorni
Prima Roma, poi Bologna e Catania. Magistrati sotto accusa per aver applicato la legge o per avere deciso di sottoporre il decreto denominato Paesi sicuri alla Corte di giustizia europea. Un clima che preoccupa – come ha ricordato il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia. E che non aiuta a lavorare con serenità dicono i rappresentanti locali. Qui la testimonianza del presidente della Giunta esecutiva della sezione di Catania, Giancarlo Cascino.
I magistrati di Catania in questi mesi sono stati più volte bersaglio di attacchi e pressioni. Qual è il vostro stato d’animo?
Partiamo dall’ultimo attacco: arriva dal senatore Gasparri – esponente della maggioranza di governo – che dice “nessun Paese è sicuro, nemmeno forse la città di Catania, che ha magistrati di questo genere”. Sono dichiarazioni assolutamente allarmanti perché finiscono per creare non solo un clima di scontro istituzionale senza precedenti ma un grossissimo effetto intimidatorio sui magistrati, di Catania in questo caso, che si occupano di protezione internazionale. Non si comprende come il principio della separazione dei poteri possa consentire tali derive che finiscono, ripeto, non solo con il pregiudicare questo stesso principio ma anche con il minarne alla base un altro. E cioè quello di leale collaborazione e cooperazione tra poteri per risolvere problemi di ordine pubblico fondamentali, quali quelli anche legati ai fenomeni migratori.
Come influisce questo clima sullo svolgimento del vostro lavoro?
Il principio di autonomia e indipendenza, che è il principio costituzionale cui deve ispirarsi il lavoro del magistrato, impone un ambiente sereno di svolgimento della funzione. Questo perché il mestiere già di per sé è difficile, farlo in questo contesto vuol dire vivere sempre sotto i riflettori, sotto lenti di ingrandimento che rendono assolutamente rischioso il lavoro del magistrato. E che richiedono ulteriori caratteristiche che non sono solo quelle della preparazione, ma anche della capacità di essere impermeabili alle critiche che, puntualmente, arrivano sul lavoro che viene svolto. Non è un modo sereno di lavorare e questa è una cosa che va criticata fortemente. D’altra parte, basterebbe aspettare i pronunciamenti chiesti alle istituzioni comunitarie per garantirsi tutti quanti, magistrati e politica, un punto di riferimento che deve, a quel punto necessariamente, essere osservato nei provvedimenti legislativi da una parte e nei provvedimenti giudiziari dall’altra.
Il vostro distretto è sempre particolarmente attivo con iniziative rivolte a giovani e cittadinanza. Quanto è importante creare occasioni del genere?
Questo è il vero metro di riferimento di tutte le nostre attività. È finito il tempo in cui il magistrato è un burocrate che porta a compimento il suo lavoro solo all’interno degli uffici, ormai i provvedimenti hanno un risvolto sociale notevole e noi dobbiamo sempre parlare ai cittadini di legalità e del lavoro che si fa. Ma questo – sia ben chiaro – non in un’ottica difensiva ma in un’ottica partecipativa, per consentire alla società e soprattutto alla società futura, ai giovani, ai ragazzi, di farsi delle idee consapevoli di tutto ciò che verrà loro proposto e che vivranno negli anni a venire. Abbiamo dei progetti molto ben organizzati sulla legalità, raggiungiamo circa 80-90 scuole ogni anno dove mandiamo i nostri colleghi a parlare di queste cose.
Che ruolo può avere la magistratura associata nel dibattito pubblico?
Al di là degli organi istituzionali che ci rappresentano e governano, credo che la magistratura associata debba avere un ruolo propositivo nella società. Spiegare i provvedimenti diventa oggi molto rilevante. E ripeto, non solo e non tanto in un’ottica difensiva dagli attacchi mediatici che ormai sono all’ordine del giorno, ma in un’ottica educativa e sociale. Per consentire a chiunque di farsi un’idea delle cose di cui si parla. D’altra parte – ci tengo a precisare – questa contingenza politica va di pari passo con dei progetti di riforma dell’ordinamento giudiziario sui quali non è escluso la società debba pronunciarsi con un referendum, trattandosi di modifiche costituzionali. Ecco, arrivare a quel momento con la possibilità per i cittadini di partecipare, e di partecipare in maniera consapevole al dibattito, per noi è una questione davvero fondamentale.