La digitalizzazione del processo nel Pnrr

Tra luci e ombre, comunque un’occasione irripetibile

Il PNRR prevede una serie di investimenti fondamentali per il rilancio del Paese in vista della prossima distribuzione delle risorse europee. L’occasione rappresenta una opportunità di cui andrà fatto un uso estremamente oculato da un lato perché una occasione simile non si ripeterà in futuro, dall’altro perché la corretta allocazione di oltre 200 miliardi di euro ha potenzialmente la capacità di rappresentare una iniezione di liquidità in grado di risollevare l’economia asfittica del Paese. Il complesso delle risorse variamente destinate al nostro settore ammonta ad oltre 17 miliardi di euro divisi in fondi direttamente destinati al comparto giustizia ed in fondi destinati indirettamente alla pubblica amministrazione e destinati alla realizzazione di reti internet ultra veloci. E’ bene però tenere a mente che questi fondi verranno erogati solo se saremo in grado di attuare le riforme indicate nel PNRR. L’opera riformatrice sarà quindi fondamentale e sarà oggetto di futura valutazione per la verifica della sua efficacia rispetto agli obiettivi dati.

1. Il progetto del Governo inviato al Parlamento il 26 aprile 2021 relativamente al settore giustizia. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) inviato al Parlamento dal Governo il 26 aprile scorso, si articola in sedici Componenti, raggruppate in sei Missioni. La Missione che riguarda il settore della giustizia è la Missione 1 che viene individuata con il codice M1C1 e denominata “Digitalizzazione, Innovazione e Sicurezza nella PA”. A questa Missione vengono complessivamente destinati 10,95 miliardi di euro. Nelle Country Specific Recommendations indirizzate al nostro Paese negli anni 2019 e 2020, la Commissione Europea, pur dando atto dei progressi compiuti negli ultimi anni, invita l’Italia ad aumentare l’efficienza del sistema giudiziario civile; a favorire la repressione della corruzione, anche attraverso una minore durata dei procedimenti penali; e a velocizzare i procedimenti di esecuzione forzata e di escussione delle garanzie.

Vediamo quali sono le proposte del Governo per raggiungere questi obiettivi. Quali le luci e quali le ombre.

Dall’esame del PNRR[1] si ricava che il Governo si ponga come obiettivo quello di affrontare l’annoso problema della lentezza del processo attraverso una maggiore spinta alla sua digitalizzazione. Tale obiettivo vuole essere raggiunto da un lato mediante la stabilizzazione di alcune soluzioni processuali adottate per far fronte alla pandemia (udienza con trattazione scritta e con trattazione da remoto mediante strumenti di videocollegamento), dall’altro dall’aumento delle risorse umane del comparto giustizia. La eccessiva durata dei processi viene individuata come la causa di una compressione della concorrenza soprattutto in relazione alla qualità e quantità di accesso al credito per il mondo imprenditoriale e per lo sviluppo di nuove ed innovative realtà, tendenzialmente più giovani e meno capitalizzate, che quindi vedono nella efficienza del “sistema giustizia” e del “recupero del credito” la possibilità di affermarsi nel mercato con la certezza di una rapida tutela delle loro eventuali ragioni di credito che rendano sostenibili gli investimenti.

Nel proprio Piano il Governo stima che una riduzione del 50% nella durata dei procedimenti civili possa accrescere la dimensione media delle imprese manufatturiere del 10%. In particolare, una riduzione da 9 a 5 anni dei tempi di definizione delle procedure fallimentari, si stima possa comportare un incremento di produttività dell’1,6%.

 2. La digitalizzazione del processo del processo civile, ma di quello penale? Dall’esame del PNRR si evince in primo luogo che la spinta digitale che dovrà investire il processo nella giurisdizione ordinaria sembra aver dimenticato il processo penale concentrandosi solo sul processo civile (esecutivo e di cognizione). Questa scelta appare una opportunità sprecata perché invece poteva essere l’occasione per dare una incisiva accelerata all’uso degli strumenti informatici anche nel processo penale che fino ad ora hanno avuto poco appeal tra gli operatori del settore che si sono scontrati con difficoltà di funzionamento legate soprattutto a peccati di gioventù degli applicativi. Se oggi il Processo Civile Telematico è ormai una realtà irrinunciabile e diffusa (al punto da essere da poco approdato finalmente anche in Corte di cassazione) è perché da almeno un decennio tutti i soggetti coinvolti nel processo hanno fatto un grande sforzo culturale e materiale per imparare ad usare un mezzo nuovo e che all’inizio, anche nel settore civile, è stato talvolta accolto con timidezza. Il PCT non è nato perfetto e non è cresciuto senza difficoltà, ma oggi rappresenta uno strumento utilizzato da centinaia di migliaia di utenti per compiere attività che fino al decennio scorso richiedevano lunghi spostamenti di persona anche solo per il deposito di una istanza o di un provvedimento. La diffidenza iniziale, manifestata da taluni verso uno strumento poco user friendly, può dirsi ormai definitivamente avviata al superamento grazie ad uno strumento che ha consentito al comparto giustizia del settore civile di non bloccare l’attività giurisdizionale nel corso di quest’ultimo anno così difficile fatto soprattutto di limitazioni allo spostamento. Chiunque tra noi non abbia la fortuna di vivere e lavorare nella medesima città, nell’ultimo anno, ha certamente potuto apprezzare la possibilità di poter gestire il processo e le udienze senza doversi recare materialmente in ufficio se non per la minima attività da svolgersi necessariamente in presenza a tutto beneficio della riduzione della esposizione al rischio pandemico.

Anche la originaria limitazione allo svolgimento delle udienze da remoto con Teams, prevista dall’art. 83 c. 7 lett. F del D.L. 18/2020, così come modificato dall’art. 3 comma 1 lett. C del D.L. 28/2020 che prevedeva l’obbligo per il giudice civile di utilizzare l’applicativo solo a condizione di essere fisicamente presente in ufficio, è stato modificato dal Legislatore, prima che sul punto si pronunciasse la Corte costituzionale, con l’art. 23 comma 7 del D.L. 137/2020, così consentendo al giudice di fare utilizzo della predetta modalità di trattazione dell’udienza a prescindere dal luogo fisico di collegamento a tutto vantaggio di una maggiore sicurezza personale.

3. Gli strumenti della pandemia utilizzati quando “torneremo a veder le stelle”. Come già detto il PNRR[2] prevede di fare tesoro degli strumenti emergenziali adottati per gestire l’udienza nella pandemia anche per il periodo nel quale tale emergenza sarà terminata. Il piano prevede infatti di stabilizzare gli strumenti di gestione dell’udienza sia con le modalità della trattazione scritta, sia con la trattazione da remoto mediante applicativo di videocollegamento. Il timing esposto nel PNRR per l’adozione di queste misure prevede l’entrata a regime al più tardi entro il 2023. E’ però opportuno fare una valutazione sulla diversa efficacia dei due strumenti, pur se entrambi idonei a garantire lo svolgimento dell’udienza anche in caso di restrizioni alla mobilità.

3.1. Pur restando l’oralità nel processo un valore da preservare, è indubbio che il processo civile, trattato con il rito ordinario di cognizione, sia un processo già di per sé strutturato per una trattazione almeno in buona parte scritta (atto introduttivo – memorie istruttorie – scritti conclusivi). Tale modalità di trattazione appare quindi essere, tra le misure dell’emergenza, quella che più naturalmente potrà risultare efficace per la gestione del processo soprattutto per tutte quelle attività che non richiedono necessariamente la partecipazione in presenza delle parti e dei loro procuratori (esempio tipico è rappresentato dall’udienza di precisazione delle conclusioni e di quella fissata per la decisione dei mezzi di prova).

In quest’ottica il giudice avrà quindi la possibilità di scelta tra far partecipare le parti in presenza o sostituire la loro comparizione con note scritte il tutto a beneficio di una migliore organizzazione dell’agenda d’udienza.

Sarà la maggiore sensibilità al tema, vista la situazione pandemica nella quale siamo ancora coinvolti, ma non sembra davvero più il tempo di vedere quegli assembramenti di persone davanti alle stanze dei giudici negli angusti corridoi dei nostri uffici giudiziari in attesa di ripetere vuote formule di stile così da poter destinare maggiore spazio a quelle udienze nelle quali vi sia una reale necessità di trattazione orale della controversia anche in ragione dei diversi riti attualmente previsti dal D.Lgs 150/2011.

3.2. Quanto alla stabilizzazione della udienza da remoto in videocollegamento non viene specificato se anche la nuova misura richiederà il consenso delle parti, come è attualmente previsto dall’art. 221 c. 7 del D.L. 34/2020. Sebbene lo strumento abbia garantito la effettiva oralità nella trattazione del processo, chi in quest’anno ne ha fatto un uso più intenso avrà certamente notato il maggior dispendio di tempo che richiede la gestione dell’udienza da svolgersi mediante videocollegamento da remoto così che appare necessario calibrare oculatamente il numero di procedimenti da trattare con questa modalità nella medesima giornata d’udienza così da potervi destinare il giusto tempo.

La novità più importante nella trattazione dell’udienza con tale modalità è però rappresentata dalla possibilità di procedere anche con la assunzione di testimoni fino ad oggi espressamente negato dal Legislatore.

Il PNRR[3] contempla infatti, per la prima volta a chiare lettere, l’utilizzo di strumenti da remoto per l’assunzione di testimoni che provengano da fuori circoscrizione. Questa novità deve essere salutata con evidente favore soprattutto per il dispendio di energie richiesto a quel testimone che abbia la sfortuna di essere convocato in un ufficio giudiziario collocato lontano dalla propria residenza.

L’attuale legislazione[4] consente in questi casi la delega della prova orale presso il Tribunale del luogo di assunzione del testimone anche se non vi è dubbio che la possibilità di escutere in video collegamento un testimone residente a centinaia di chilometri di distanza renderà più effettiva la fase istruttoria orale, poiché assunta dal medesimo magistrato che dovrà decidere la causa ed accelererà il processo rispetto al complesso procedimento della delega nell’assunzione attualmente previsto dal codice di rito.

Vi è certamente un elemento di criticità da soppesare, nell’approntare in concreto le modalità di assunzione del teste, al fine di garantire la neutralità del luogo dal quale si collega il testimone così da evitare indebite pressioni psicologiche durante la sua assunzione.

4. Le criticità e le opportunità della cablatura degli uffici giudiziari. Come si sarà già reso conto da sé solo il lettore e come ha sperimento quotidianamente qualsiasi operatore, questi nuovi strumenti digitali presuppongono una infrastruttura informatica adeguata al nuovo livello di flussi di dati che richiederà l’utilizzo del video collegamento e degli altri applicativi in modo massivo. Non deve infatti sorprendere che il PNRR preveda altresì un importante intervento sulla cablatura in fibra ottica di tutto il territorio nazionale[5]. La necessità di cablare per la prima volta o potenziare l’infrastruttura esistente di tutte le città sedi di ufficio giudiziario deve rappresentare una occasione irripetibile per portare l’intero paese ad un livello superiore di connettività[6].

Non sfuggirà che la sommatoria dei fondi destinati alle missioni M1C1 ed M1C2 restituiscono complessivi 17,26 miliardi di euro, una mole di investimenti che non ha pari in questo comparto e che non possiamo permetterci il lusso di farci sfuggire perché non si ripresenterà un’altra opportunità di così grande portata.

5. Le risorse umane per l’offerta di un servizio adeguato. Dopo aver implementato le risorse tecnologiche vi sarà la inevitabile necessità di formare adeguatamente anche il personale oltre che dotare gli uffici di un organico adeguato a far fronte alle reali esigenze rispetto alla domanda di giustizia al fine di poter offrire una risposta adeguata.

Anche su questo punto il PNRR dichiara finalmente che l’unico modo per garantire una risposta di giustizia celere è la dotazione di organici (di magistrati e di personale amministrativo) adeguati al flusso di domanda di giustizia[7].

Non va neppure sottovalutata la circostanza che nuove assunzioni di personale più giovane consentirà di trovare lavoratori maggiormente propensi all’utilizzo del mezzo informatico per il quale, in ogni caso, sarà necessaria una costante attività di aggiornamento professionale ed un’assistenza tecnica all’altezza degli obiettivi prefissati.

Volendo poi ampliare lo sguardo rispetto alla ristretta visione del singolo ufficio giudiziario non si potrà ulteriormente procrastinare la stabile introduzione, anche nei corsi di laurea, di specifici corsi di informatizzazione giudiziaria volta ad istruire il discente sugli istituti giuridici del Processo Civile Telematico che non è materia riservata a pochi eletti “smanettoni”, ma deve diventare una cultura diffusa di chiunque intenda approcciarsi al lavoro nel mondo giudiziario non potendo più contare solo sull’opera meritoria di qualche magistrato che nel singolo ufficio si faccia carico di “soccorrere” il collega della porta accanto con l’applicativo bloccato e l’utenza fuori dalla porta o in attesa nella stanza virtuale di Teams. Su questo fronte appare necessario un vero e proprio servizio di customer care reperibile in ufficio in concomitanza con lo svolgimento delle udienze per affrontare le eventuali problematiche tecniche che, per quanto possa essere eccellente la dotazione hardware o software, inevitabilmente si proporranno. Questo necessiterà di personale tecnico esperto nell’uso del software Consolle del Magistrato (e non solo negli altri applicativi classici di Microsoft) così da poter interagire con il magistrato per risolvere le criticità che dovessero presentarsi nel corso della giornata di udienza.

[1] Pagine 44 e segg.

[2] Pagina 59 e segg. del PNRR.

[3] Pagina 57 del PNRR.

[4] art. 203 c.p.c.

[5] Nel PNRR l’obiettivo viene individuato con il codice M1C2. In particolare, si tratta dell’investimento 3 relativo alle reti ultraveloci per le quali viene stanziato un fondo da 6,31 miliardi di euro (pag. 99 e segg.).

[6] E’ ancora vivo nella memoria di chi scrive lo stupore di aver scoperto che un ufficio giudiziario distrettuale come la Corte d’appello di Venezia fosse dotato di una connessione internet di appena 20 Mbps ovvero di una normale ADSL. Al contrario, per esempio, le attuali offerte domestiche per collegamenti internet in fibra nelle versioni FTTH (Fiber to the Home) e FTTC (Fiber to the cabinet) raggiungono velocità pari rispettivamente a 1 Gbps e 100/200 Mbps. Come si vede siamo nell’ordine di un multiplo di 5/10 volte per la fibra più lenta (FTTC che dal cabinet arriva all’utenza domestica con il doppino di rame) e nell’ordine di 50 volte per la fibra più veloce (FTTH che prevede il collegamento con la fibra fino al punto domestico).

[7] A pagina 52 e 53 del PNRR si dà atto che nel 2018 è stato deliberato un piano di assunzioni di personale amministrativo per circa 13.000 unità poi successivamente aumentato a circa 17.000 unità di cui 7.000 già assunti e 8.287 da assumersi entro il prossimo triennio. Quanto all’organico del personale di magistratura il PNRR dà atto di un incremento di 600 unità anche se non viene ritenuto sufficiente. Nello stesso solco si colloca anche l’opera di ridenominazione dei magistrati distrettuali in magistrati appartenenti ad una pianta organica flessibile per complessive 170 unità da utilizzare per ovviare alle criticità di rendimento emerse in determinati uffici.

Dott. Giorgio Bertola

Giudice del Tribunale di Mantova