
di Nicolò Di Prima, dottorando di ricerca, Università degli Studi di Palermo
Euribor manipolato e contratti di mutuo: l’uscita dal labirinto è davvero vicina?
(Nota a Cass., sez. I, ord. 19/07/2024, n. 19900)
Abstract: Il contributo esamina le conseguenze sui contratti di mutuo parametrati all’Euribor dell’intesa illecita, sanzionata dalla Commissione Europea, conclusa da alcune tra le più importanti banche europee, diretta all’alterazione dell’Euribor tra il 29.09.2005 e il 30.05.2008. Analizzato il dibattito giurisprudenziale e dottrinale sulla questione, vengono individuate possibili forme di tutela per il mutuatario.
SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Brevi cenni sulla nullità a valle di matrice antitrust – 3. Inapplicabilità del rimedio caducatorio antitrust ai contratti di mutuo “Euribor” – 4. Nullità parziale per indeterminatezza della “clausola Euribor” – 5. Alterazione dell’Euribor e risarcibilità del danno – 6. Tutela nei confronti del cliente-consumatore: la sottovalutata (e possibile) vessatorietà della clausola Euribor – 7. Conclusioni
1. Premessa
Le decisioni della Commissione Europea del 4/12/2013[1] e del 7/12/2016[2], le cui conclusioni sono state sostanzialmente confermate di recente dalla CGUE[3], con cui è stata accertata la natura anticoncorrenziale, e dunque vietata, dell’intesa raggiunta da alcune tra le maggiori banche operanti nel mercato europeo, volta all’alterazione dell’Euribor nel periodo compreso tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008, hanno acceso il dibattito attorno alle sorti dei contratti di mutuo che proprio all’Euribor fanno riferimento[4]. In particolare, è prassi consolidata nel mercato finanziario l’utilizzo dell’Euribor quale parametro esterno per la determinazione degli oneri finanziari nascenti dal contratto, con particolare riguardo ai tassi di interesse. Sempre più di frequente, i contratti di mutuo conclusi con le banche prevedono un tasso di interesse variabile, ancorato all’andamento dell’Euribor nel corso di precisi intervalli temporali (una settimana, un mese, tre mesi, sei mesi, un anno), a cui viene aggiunto uno spread fisso che solitamente varia tra l’1% e l,5%.
Prima di addentrarsi nella questione, è necessaria una premessa definitoria dell’Euribor e di come venga in concreto determinato. Si tratta del “Eur(o) i(nter)b(ank) o(ffered) r(ate)”, ovvero “il tasso di interesse, applicato ai prestiti interbancari in euro non garantiti, calcolato giornalmente come media semplice delle quotazioni rilevate su un campione di banche con elevato merito creditizio selezionate periodicamente dalla European Banking Federation”[5]. L’Euribor viene determinato dalla Global Rate Set Systems Ltd, società che opera come Calculation Agent per conto della European Money Markets Institute, effettuando la media semplice, arrotondata a tre decimali, dei tassi ai quali le banche primarie operanti sul mercato dell’euro offrono depositi interbancari in euro ad altre banche primarie, dopo aver escluso dal computo il 15% più alto e il 15% più basso dei tassi ricevuti. La media viene calcolata sulla base delle informazioni fornite da un panel composto da 19 banche (di cui fanno parte Intesa Sanpaolo e Unicredit), tra cui alcune non europee ma attive in maniera rilevante nel mercato dell’eurozona, che comunicano i dati alle ore 10.45 di ogni giorno, avendo poi a disposizione 15 minuti per correggere i dati riferiti. Alle ore 11 la società incaricata di effettuare il calcolo rende pubblico il tasso Euribor, insieme ai dati che le sono stati trasmessi dalle banche facenti parte del panel[6].
Ciò premesso, l’intesa illecita, sanzionata dalla Commissione Europea, permetteva alle banche partecipanti di conoscere in anticipo, dunque prima della pubblicazione, l’entità dell’Euribor, consentendo in tal modo di effettuare una previsione esatta sui flussi di cassa in entrata e in uscita, determinando, di conseguenza, una chiara asimmetria informativa rispetto alle altre banche estranee all’intesa[7]. Inoltre, l’accordo era volto a trarre profitto sul mercato degli Euro Interest Rates Derivates (Eird), relativo a contratti derivati il cui tasso di interesse dipende proprio dall’Euribor.
2. Brevi cenni sulla nullità a valle di matrice antitrust
L’acclarato effetto distorsivo della concorrenza ha scoperchiato il vaso di Pandora sui possibili effetti che, in via derivata rispetto all’intesa, potrebbero prodursi sui contratti conclusi in altri mercati, diversi da quello dei derivati, con particolare riferimento al mercato dei prestiti, e ai contratti di mutuo bancario, stipulati anteriormente all’intesa o in vigenza di questa[8], il cui tasso di interesse (variabile) fosse calcolato sulla base dell’Euribor manipolato[9].
La decisione della sez. I della Cassazione di pochi mesi fa[10] ha evidenziato un contrasto interpretativo con riferimento all’incidenza dell’alterazione dell’Euribor sulla clausola inserita nel contratto di mutuo che, per determinare il tasso di interesse, richiami tale parametro.
Infatti, tale pronuncia si discosta da talune precedenti, per il fatto di escludere che i contratti di mutuo possano considerarsi “a valle” rispetto all’intesa illecita, con conseguente impossibilità di ipotizzare una nullità derivata di tali contratti. Secondo quanto sostenuto dall’ordinanza di rimessione, la volontà del mutuatario di concludere i contratti in questione sarebbe stata viziata da una condotta di terzi (banche autrici dell’illecito concorrenziale) da cui la banca mutuante ha consapevolmente tratto vantaggio. Da ciò, secondo i giudici di legittimità, discende l’annullabilità ex art. 1439, co. 2, c.c. (dolo del terzo), fermo restando il diritto al risarcimento del danno subito dal mutuatario, su cui si tornerà in seguito.
Solo due mesi prima, nel maggio 2024, la III sez. della S.C.[11] aveva invece ritenuto sussistente il collegamento funzionale, indispensabile al fine di ammettere una nullità a valle, tra accordo anticoncorrenziale e contratti che ne riproducono il contenuto, purché la banca mutuante fosse partecipe dell’intesa o fosse comunque consapevole dell’alterazione del parametro. Così facendo, venivano limitati gli effetti potenzialmente incontrollabili della pronuncia della stessa sezione del Dicembre 2023[12], in cui si era sostenuto che i contratti di mutuo debbano essere colpiti dalla nullità derivata “antitrust” per il solo fatto che la clausola in essi contenuta richiami il parametro alterato, a prescindere da qualsiasi indagine “soggettiva” sulla banca mutuante.
Queste pronunce hanno animato, e riacceso, il dibattito sulla nullità di matrice antitrust e sui relativi presupposti di applicazione.
Giova a tal proposito premettere che l’art. 2, co. 3, della legge n. 287/1990 (recante la disciplina a tutela della concorrenza), dispone che “le intese vietate sono nulle ad ogni effetto”, sembrando così evocare la conseguenza che, una volta dichiarata la nullità dell’intesa, tutti i contratti che ne costituiscano attuazione, e grazie ai quali l’intesa è in grado di produrre i suoi effetti anticoncorrenziali, siano colpiti da nullità in via riflessa e derivata. Un fiammifero gettato in un campo di sterpaglie provoca un incendio che si espande alle zone limitrofe.
Sul punto, com’è noto, la dottrina ha elaborato varie tesi che cercano di scorgere il fondamento della nullità a valle[13] appena menzionata.
Alcuni Autori[14], già in passato, mettevano in evidenza il collegamento funzionale che lega il singolo regolamento negoziale con l’intesa “a monte”, tale da giustificare la nullità in via derivata del contratto “a valle”. Infatti, attraverso la caducazione dei contratti attuativi dell’intesa si conferirebbe effettività al rimedio posto a tutela del mercato concorrenziale, impedendo che gli effetti distorsivi, una volta venuta meno l’intesa illecita, continuino a prodursi. Su questa scia, è stato d’altra parte sostenuto che i contratti a valle dell’intesa anticoncorrenziale sono nulli per contrarietà a norme imperative, ex art. 1418, co. 1, e in particolare per violazione degli artt. 2 o 3 della menzionata l. 287/1990[15]. In tal senso, si potrebbe ritenere che le norme in questione vietino non soltanto la conclusione di un accordo volto ad alterare il gioco della concorrenza, ma anche la stipula di contratti che siano necessariamente connessi con tale finalità illecita.
Taluno[16] ha anche sostenuto, partendo ancora una volta dal presupposto che le norme a tutela della concorrenza siano da considerarsi imperative, che nella fattispecie in questione potrebbe trovare applicazione l’art. 1343 c.c. (causa illecita). Infatti, l’assetto di interessi voluto dalle parti e trasposto nel regolamento contrattuale sarebbe da considerarsi illecito, in quanto preordinato all’alterazione del mercato concorrenziale. Tuttavia, questa tesi viene criticata da chi[17] fa notare che, in realtà, la funzione anticoncorrenziale perseguita attraverso l’atto a valle non entra a far parte della causa del contratto, ma semmai può ritenersi motivo illecito unilaterale, che non assume rilevanza proprio in quanto non comune ad entrambe le parti, qualora, come spesso accade, uno dei contraenti sia rimasto estraneo alla vicenda anticoncorrenziale.
Alla caducazione del contratto, perviene, sebbene con diversi presupposti, chi sostiene che nel caso in esame sia ravvisabile un’ipotesi di illiceità dell’oggetto. Riproducendo una o più clausole dell’intesa vietata[18], il contratto costituirebbe attuazione di quest’ultima. Cambia il punto di partenza ma si arriva allo stesso traguardo: nullità del contratto a valle (questa volta ex art. 1418, co. 2, c.c.).
Una parte della dottrina[19], invece, afferma che nessuna conseguenza invalidante si potrebbe far discendere sul contratto a valle, né in termini di nullità né di annullabilità. In particolare, si respinge la tesi della nullità virtuale, ritenendo che le norme contenute nella l. 287/1990 siano dirette a tutelare la libertà negoziale in modo diffuso e generale, e non sarebbero quindi volte a sanzionare i singoli contratti attuativi. Ancora, non viene ritenuta fondata la nullità del contratto a valle per illiceità dell’oggetto, in quanto questa potrebbe applicarsi al solo cartello di prezzo, e non anche alle altre ipotesi in cui può sostanziarsi l’illecito antitrust. Sotto il profilo dell’annullabilità del contratto a valle, si esclude l’operatività di tale rimedio, che si caratterizza, a differenza della nullità (art. 1418, co. 1, c.c.), per essere necessariamente tipico e applicabile nei soli casi previsti dalla legge, perciò non estendibile in via “virtuale”[20].
Ebbene, secondo un orientamento ormai consolidato della Suprema Corte[21], sterilizzare gli effetti caducatori dell’intesa vietata potrebbe rendere ineffettiva la tutela predisposta dalla normativa antitrust. Ecco che, per non correre questo rischio, gli interpreti, soprattutto in sede applicativa, tendono a tracciare i confini oltre i quali l’incendio non può propagarsi, come se incontrasse un corso d’acqua che gli impedisca di colpire i campi vicini.
In tal senso, la giurisprudenza di legittimità, in una nota pronuncia[22], ritiene che la nullità derivata vada circoscritta ai soli contratti a valle che costituiscano attuazione dell’intesa illecita, mediante riproduzione del suo contenuto, rappresentandone lo sbocco essenziale[23] a consentire la produzione degli effetti distorsivi della concorrenza. Su queste basi, la recente ordinanza di rimessione[24], da cui queste note prendono le mosse, ha affermato che i contratti conclusi in altri settori del mercato, seppur lambiti dagli effetti restrittivi che l’accordo ha prodotto, non possono essere direttamente interessati dalle ricadute invalidanti che si produrrebbero se operasse il descritto meccanismo di nullità derivata antitrust.
3. Inapplicabilità del rimedio caducatorio antitrust ai contratti di mutuo “Euribor”
Fatte queste brevi premesse ricognitive sullo stato dell’arte rispetto al vivace dibattito sulla nullità dei contratti a valle, va accolto, con talune precisazioni, l’orientamento appena descritto, espresso dai giudici di legittimità. Segnatamente, la nullità dei contratti a valle rappresenta presupposto necessario al fine di garantire effettività alla tutela predisposta dalla normativa concorrenziale. Tuttavia, va condivisa l’esigenza, sia dogmatica che pratica[25], espressa nell’ordinanza di rimessione[26], di limitare i potenziali effetti incontrollati che si potrebbero produrre se venissero caducati tutti i contratti che riproducano un parametro alterato, a prescindere dal mercato in cui questi sono conclusi.
Dunque, la necessità di predisporre un rimedio efficace ed effettivo e il (non secondario) bisogno di garantire stabilità e certezza dei rapporti giuridici portano a propendere per la nullità dei soli contratti riproduttivi del contenuto dell’intesa illecita conclusi nel settore di mercato in cui tale intesa ha prodotto i suoi effetti distorsivi.
A questo punto, la domanda che l’interprete deve porsi è se i contratti di mutuo che si limitino a richiamare il tasso manipolato quale parametro esterno di calcolo possano considerarsi “a valle” rispetto all’intesa sull’Euribor, e cioè se possa operare il descritto meccanismo di nullità derivata, nonostante tali contratti siano stati stipulati in un mercato diverso da quello dei derivati[27].
Sotto questo profilo, è bene ribadire quanto detto in precedenza, cioè che gli sforzi distorsivi dell’accordo anticoncorrenziale erano diretti al mercato dei derivati, sicché il mercato dei prestiti, in cui vengono conclusi i contratti di mutuo, è stato solo indirettamente interessato dall’alterazione dell’Euribor, limitatamente ai casi in cui tale parametro sia richiamato in tali contratti.
Qualche Autore aderisce all’impostazione seguita dalla menzionata pronuncia della Cassazione del dicembre 2023[28], ritenendo che il solo fatto che il contratto riproduca, in una sua clausola, il contenuto di un’intesa illecita consenta di considerarlo “a valle”, con possibilità di agire per farne dichiarare la nullità[29].
Contrariamente a questa impostazione, c’è chi invece afferma che nessuna nullità a valle può ipotizzarsi nella fattispecie in esame, tenuto conto delle evidenti differenze tra intesa e contratti di mutuo indicizzati all’Euribor[30], sia oggettive (mercato dei derivati una, mercato dei prestiti l’altra) che soggettive (banca mutuante e cliente estranei all’accordo anticoncorrenziale).
Impedire l’operatività della nullità antitrust rispetto ai contratti di mutuo, valorizzando il relevant market quale linea di confine degli effetti anticoncorrenziali, risponde alle esigenze “limitative” prima segnalate, non incidendo comunque sull’effettività del rimedio, che può, senza particolari ostacoli, essere applicato ai contratti conclusi nel mercato dei derivati, direttamente interessato dall’alterazione.
Infatti, come detto in precedenza, la mera riproduzione del contenuto dell’accordo anticoncorrenziale non è sufficiente a comportare l’attrazione del contratto nell’area della nullità derivata, ma è altresì necessario che il contratto rappresenti lo sbocco dell’intesa, essenziale a realizzarne gli effetti, nonché, secondo quanto prima segnalato, che sia concluso nel settore di mercato in cui l’illecito anticoncorrenziale si è manifestato in via immediata e diretta.
In tal senso, fermo restando la più volte menzionata eterogeneità del mercato di riferimento, i contratti di mutuo non potrebbero ritenersi essenziali a consentire all’intesa illecita di realizzare i suoi effetti distorsivi, essendo solo indirettamente, e in via riflessa, collegati a quest’ultima. La manipolazione del mercato si è verificata a prescindere dalla conclusione dei contratti in questione, i quali, dunque, risultano irrilevanti rispetto alla vicenda anticoncorrenziale.
Su queste basi, non può che aderirsi alla tesi che esclude che i contratti di mutuo ancorati all’andamento dell’Euribor nella determinazione del tasso di interesse possano ritenersi a valle rispetto all’intesa sanzionata dalla Commissione Europea, evitando così che possa operare il descritto meccanismo di nullità derivata.
4. Nullità parziale per indeterminatezza della “clausola Euribor”
Una volta ritenuto che i contratti di mutuo non possano considerarsi “a valle” rispetto all’accordo anticoncorrenziale, è opportuno chiedersi se questi possano essere riconducibili ad altra forma di invalidità.
Va scartata la soluzione dell’annullabilità, individuata, come accennato in precedenza, dalla recente ordinanza di rimessione. Infatti, come è stato opportunamente fatto notare in dottrina[31], affinché si possa affermare l’annullabilità del contratto di mutuo per dolo del terzo, ex art. 1439, co. 2, c.c. oltre a dover essere provato, con non poche difficoltà[32], il presupposto della necessaria consapevolezza da parte del contraente dell’indebito vantaggio tratto dalla condotta del terzo, si dovrebbe comunque dimostrare che il mutuatario, ove fosse stato a conoscenza dell’alterazione, non avrebbe concluso il contratto.
In una pronuncia precedente[33] all’ordinanza in esame, la S.C. aveva ipotizzato una nullità parziale sopravvenuta della clausola Euribor, divenuta ex post inidonea a concretizzare l’assetto di interessi voluto dalle parti al momento di conclusione dell’accordo, dunque non più in grado di fungere da parametro di valida determinazione delle obbligazioni nascenti dal contratto, in quanto tale clausola “non potrebbe ritenersi più in grado di esprimere la effettiva volontà negoziale delle parti stesse (…) per tutto il tempo in cui l’alterazione del meccanismo esterno di determinazione del corrispettivo dell’operazione ha prodotto i suoi effetti”[34].
Le parti del contratto di mutuo hanno scelto di ancorarsi all’Euribor per determinare il tasso di interesse, supponendo che tale parametro fosse calcolato secondo le modalità ordinarie. Ebbene, l’illecita alterazione del procedimento di determinazione dell’Euribor, in virtù dell’intesa anticoncorrenziale, comporta che tale parametro non può più validamente svolgere la funzione appena descritta, con dirette ricadute sulla prestazione restitutoria del mutuatario e sull’assetto di interessi originariamente convenuto. Infatti, come si avrà modo di precisare in seguito, la manipolazione dell’Euribor, oltre ad aver determinato l’impossibilità di ricostruire il parametro genuino, ha comportato che il tasso di interesse effettivamente applicato fosse superiore rispetto a quello che il cliente avrebbe dovuto corrispondere in assenza dell’alterazione.
Una volta ipotizzata la nullità parziale sopravvenuta, bisogna interrogarsi sulla coerenza dogmatica e sui risvolti pratici che tale ricostruzione può avere.
Quanto al primo profilo, può osservarsi, come taluni commentatori[35] hanno fatto subito notare, che si tratta di una nullità sui generis, in quanto sopravvenuta e intermittente, cioè operante solo in relazione al periodo interessato dall’alterazione. Come dire: gravità dell’infrazione giustifica eccezionalità del rimedio. Riecheggia il noto pensiero machiavellico: il fine giustifica i mezzi.
Segnatamente, l’operatività della nullità parziale viene inscindibilmente ancorata alla possibilità di ricorrere alla sostituzione del parametro alterato con altro tasso, che andrebbe ad integrare il regolamento contrattuale rimasto “monco” a seguito della espunzione della clausola nulla. In mancanza di tale sostituzione, infatti, si andrebbe incontro ad una tutela a boomerang: la nullità della clausola, data la sua essenzialità nell’assetto negoziale, dovrebbe necessariamente estendersi all’intero contratto, con conseguenze fortemente sfavorevoli per il mutuatario, che sarebbe obbligato ad una onerosa prestazione restitutoria.
Ebbene, a tal proposito, l’art. 1419 c.c., recante la disciplina della nullità parziale, al secondo comma ammette la sostituzione di diritto di clausole nulle con norme imperative, al fine di impedire la declaratoria di nullità dell’intero contratto. Dunque, se si dovesse accogliere una interpretazione letterale della norma, che, al comma richiamato, ha un chiaro sfondo sanzionatorio, non potrebbe consentirsi una sostituzione con norme dispositive, ma solo con le norme imperative che risultino essere state violate[36].
Nel caso in esame, tuttavia, non può rinvenirsi la violazione di alcuna norma inderogabile che disciplini la determinazione del tasso di interesse, sicché dovrebbe farsi eventualmente riferimento a norme suppletive se si volesse ipotizzare una sostituzione della clausola nulla [37].
In tal senso, da tempo, parte della dottrina segnala che il richiamo alle “norme imperative”, contenuto nell’art. 1419, co. 2, c.c., andrebbe letto in maniera più elastica[38], ammettendo l’ingresso nel regolamento contrattuale di una norma dispositiva, in modo da impedire che la nullità possa estendersi all’intero contratto. Resta comunque aperta la questione dell’individuazione, nel caso di specie, della norma che possa subentrare nel contratto di mutuo, consentendo di determinare il “nuovo” tasso di interesse.
A tal proposito, taluno[39] propende per l’applicazione dell’art. 117, co. 7, TUB, che ammette la sostituzione dei tassi di interesse che rinviano agli usi con il tasso nominale dei buoni del tesoro annuali. In realtà, in virtù di consolidati orientamenti espressi dall’ABF, si ritiene che possa escludersi l’operatività del menzionato art. 117, co. 7, TUB, dato che il riferimento all’Euribor alterato non viene considerato tale da comportare una violazione del divieto di rinvio agli usi[40].
Allora potrebbe venire in soccorso l’art. 1284 c.c., il cui secondo comma dispone che “allo stesso saggio (legale) si computano gli interessi convenzionali, se le parti non ne hanno determinato la misura”. Dunque, nel caso di specie, si può ritenere che l’espunzione della clausola nulla, creando un vuoto nel regolamento contrattuale, si traduca in una forma di mancata pattuizione, che consentirebbe così di inserire in via suppletiva il tasso legale.
E d’altronde, l’equiparazione tra indeterminatezza della pattuizione e assenza di pattuizione, sebbene non del tutto puntuale sul piano dogmatico, regge sul piano logico, potendosi notare come in entrambi i casi non sia rinvenibile alcun parametro negoziale da applicare al fine di determinare il tasso di interesse, e dunque in tutte e due le ipotesi appare necessaria un’integrazione del regolamento contrattuale attraverso le previsioni della norma richiamata.
Se lo sguardo si sposta all’altro piano, quello dei risvolti pratici, questa sostituzione potrebbe produrre effetti favorevoli per il cliente, una volta accertato che il tasso legale, inserito in via integrativa nel regolamento contrattuale, sarebbe inferiore rispetto a quello effettivamente applicato[41]. In tal modo, si consentirebbe un alleggerimento della posizione finanziaria del mutuatario, che potrebbe agire in giudizio al fine di ottenere la restituzione di quanto versato in eccesso, cioè la differenza tra tasso di interesse “alterato” e tasso legale.
5. Alterazione dell’Euribor e risarcibilità del danno
Una volta affrontate le questioni relative alle possibili conseguenze invalidatorie discendenti dall’indicizzazione del tasso di interesse all’Euribor manipolato, è bene soffermarsi sul dibattito relativo alla risarcibilità del danno eventualmente patito dal cliente e della natura di una ipotetica forma di responsabilità.
In particolare, parte della dottrina[42] ha ammesso la configurabilità di un comportamento doloso in capo alla banca mutuante, sebbene non partecipe dell’intesa illecita. Tuttavia, a differenza di quanto affermato dall’ordinanza di rimessione, che, come detto in precedenza, ritiene sussistente un dolo del terzo, determinante nel consenso e dunque tale da consentire al mutuatario di agire per ottenere l’annullamento del contratto, è stata sostenuta la possibilità di configurare, nella fattispecie in esame, un dolo incidente ex art. 1440 c.c., che legittimerebbe l’azionabilità di una pretesa risarcitoria da parte del cliente nei confronti della banca mutuante, qualora questa, sebbene estranea all’intesa, ne abbia consapevolmente tratto vantaggio.
A livello teorico, poche difficoltà si incontrano nel sostenere la risarcibilità del danno ex art. 1440 c.c.[43] Infatti, la consapevole mancata comunicazione da parte della banca al cliente, riguardante l’avvenuta manipolazione del parametro richiamato nel contratto per determinare il tasso di interesse, potrebbe comportare una violazione del dovere di buona fede nella fase precontrattuale, sotto forma di dolo omissivo incidente[44], che viene sanzionato con la possibilità per l’altro contraente di chiedere i danni subiti per aver stipulato un contratto (valido) a condizioni diverse e svantaggiose; sicché, nel caso di specie, la banca sarebbe chiamata a risarcire la differenza tra il tasso che il cliente ha pagato in dipendenza della manipolazione e quello che, invece, avrebbe dovuto corrispondere se tale manipolazione gli fosse stata resa nota.
Tuttavia, al fine di ottenere il risarcimento del danno subito, il cliente dovrebbe dimostrare in giudizio che la banca fosse consapevole dell’alterazione illecita dell’Euribor, cioè di una condotta di terzi cui questa non ha partecipato. Ebbene, sarebbe particolarmente difficoltoso fornire tale prova, a meno che non si voglia ipotizzare una presunzione di conoscenza o di conoscibilità del comportamento anticoncorrenziale in capo alla banca mutuante. Tuttavia, come si fa notare in dottrina[45], tale presunzione imporrebbe alle banche un generalizzato dovere di garantire la veridicità dell’indice di calcolo, sebbene spesso tale indice non sia da queste controllabile in concreto, e anzi sovente la formazione del parametro secondo determinate modalità potrebbe far sorgere in capo alle banche un legittimo affidamento circa la correttezza dello stesso.
Dunque, l’onere probatorio posto in capo al cliente potrebbe rendere complesso il vittorioso esperimento della relativa azione in giudizio, salvo che non si tratti di una banca che abbia preso parte all’intesa, ipotesi in cui il comportamento doloso, concretizzatosi nella mancata informazione sull’alterazione del parametro, sarebbe facilmente verificabile in giudizio, se non addirittura in re ipsa.
Altro profilo relativo alla risarcibilità del danno patito dal cliente, che emerge dall’ordinanza di rimessione, riguarda l’eventuale responsabilità aquiliana[46] delle banche autrici della violazione, terze rispetto al rapporto contrattuale. A tal proposito, è bene ricordare che un passo fondamentale in vista dell’allargamento delle maglie di tutela e della platea dei soggetti legittimati ad agire in giudizio a seguito della violazione della disciplina della concorrenza è stato compiuto con la sentenza delle S.U. del 2005[47], che ha riconosciuto la legittimazione ad agire, volta ad ottenere il risarcimento del danno ingiustamente patito, ex art. 2043 c.c., a tutti i soggetti del mercato che abbiano subito un pregiudizio dall’intesa illecita.
Assumendo che il comportamento illecito delle banche aderenti all’intesa abbia cagionato un danno ai soggetti operanti in mercati diversi da quello oggetto della violazione, al fine di ipotizzare una responsabilità ex art. 2043 c.c., da far valere nei confronti delle banche sanzionate[48], terze rispetto al contratto di mutuo, andranno comunque provati, dal mutuatario che si assume essere leso, gli elementi descritti dalla norma, e in particolare: il danno subito, l’ingiustizia dello stesso, la sussistenza di un nesso di causalità tra fatto illecito e danno, nonché l’elemento soggettivo del dolo o della colpa in capo all’autore dell’illecito.
Ebbene, per far notare le difficoltà che si incontrerebbero nel sostenere una tale forma di responsabilità, va segnalato che in dottrina si è dubitato che si possa configurare una responsabilità aquiliana per un danno prodottosi attraverso un contratto concluso, tra l’altro, con un soggetto estraneo rispetto a colui che ha realizzato l’illecito, a meno che non si voglia piegare il diritto positivo alle esigenze di politica del diritto[49]. Si ritiene, infatti, che la sussistenza del contratto infranga il nesso di causalità, così da escludere la responsabilità ex art. 2043 c.c. delle banche terze rispetto al rapporto contrattuale[50].
Le difficoltà potrebbero in parte essere superate solo ove si propendesse per la natura speciale della responsabilità da illecito antitrust[51], che consentirebbe di azionare la pretesa risarcitoria anche in assenza delle condizioni ordinarie previste per l’illecito aquiliano. In tal senso, la CGUE, nelle pronunce Köne[52] del 2014 e Otis Gesellschaft m.b.H.[53] del 2019, ha ammesso la risarcibilità del danno subito da soggetti operanti in mercati diversi da quello in cui la violazione concorrenziale si è verificata, attraverso l’inserimento di condizioni contrattuali gravose da parte di imprese terze rispetto all’accordo anticoncorrenziale[54].
Allora, solo se venissero accolti gli indirizzi interpretativi della CGUE e la tendenza legislativa eurounitaria, concretizzata nella Direttiva Enforcement (104/2014/UE), recepita nel nostro ordinamento con il d. lgs. n. 3/2017, si potrebbe ammettere, fermo restando le riserve dogmatiche prima evidenziate, la risarcibilità del danno prodottosi nel mercato dei prestiti, diverso da quello in cui è stata accertata l’alterazione delle regole concorrenziali, indirizzando le relative pretese nei confronti delle banche autrici della violazione.
In caso contrario, va opportunamente ribadito che gli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano renderebbero particolarmente complesso un adattamento con la fattispecie in esame, probabilmente tale da impedire l’attivazione della relativa tutela per i mutuatari incisi dall’alterazione dell’Euribor.
Tra le due forme di tutela esaminate (risarcibilità del danno ex art. 1440 e responsabilità aquiliana), più coerente sul piano dogmatico appare la possibilità di configurare un dolo incidente, in forma omissiva, in capo alla banca mutuante, che consentirebbe di applicare il menzionato art. 1440 c.c.
Rimarrebbero però da sciogliere gli intricati nodi relativi all’onere probatorio posto in capo al mutuatario, il quale, come segnalato in precedenza, dovrebbe dimostrare la consapevolezza della banca dell’illecita manipolazione dell’Euribor, e che la mancata informazione sull’alterazione del parametro esterno di calcolo del tasso di interesse lo abbia indotto a concludere un contratto che altrimenti avrebbe stipulato a condizioni diverse. Per tale ragione, limitare la tutela alla sola pretesa risarcitoria non sembra possa garantire effettività al rimedio, che incontrerebbe non pochi ostacoli sul piano applicativo.
6. Tutela nei confronti del cliente-consumatore: la sottovalutata (e possibile) vessatorietà della clausola Euribor
La menzionata ordinanza di rimessione dello scorso Luglio esclude l’applicazione della tutela consumeristica in virtù dell’art. 33, co. 5, del d. lgs. 206/2005. La norma richiamata, infatti, pone al riparo dalla presunzione di vessatorietà alcune clausole che, sebbene astrattamente idonee a determinare un significativo squilibrio di diritti e obblighi, vengono inserite in un contratto avente ad oggetto “valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di (…) un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista”.
In sostanza, la S.C., presumendo che in questa esenzione rientrino i contratti di mutuo, ritiene che il tasso Euribor non si possa ritenere “controllato” dalla banca mutuante, con conseguente esclusione dal controllo di vessatorietà.
Stante la poco chiara nozione di “controllo”[55], una parte della dottrina[56] suggerisce che la mancanza di controllo sia configurabile solo ove il professionista sia impossibilitato a determinare, controllare o influenzare in modo rilevante il parametro. Su queste basi si dovrebbe ritenere, come sommariamente fa l’ordinanza in questione, che la mancata partecipazione della banca all’intesa anticoncorrenziale comporti l’assoluta impossibilità da parte di questa di “influenzare in modo rilevante il parametro”[57].
Discorso diverso andrebbe fatto qualora, invece, la banca mutuante avesse preso parte alla formazione dell’Euribor. Come accennato inizialmente, nel nostro Paese operano due delle 19 banche comprese nel panel da cui provengono giornalmente i dati sulla base dei quali viene calcolato l’Euribor. Ebbene, se si dovesse accogliere la nozione di controllo appena richiamata, si dovrebbe escludere che lo schermo previsto dall’art. 33, co. 5, possa trovare applicazione nei contratti conclusi da Intesa Sanpaolo e Unicredit (comprese nel menzionato panel), in virtù della loro concreta possibilità di “influenzare” il tasso richiamato. Da ciò conseguirebbe che, per i contratti di mutuo stipulati con queste due banche, la clausola determinativa del tasso di interesse per relationem non potrebbe essere esentata, secondo la norma richiamata, dal controllo di vessatorietà. Inoltre, le banche in questione sarebbero perfettamente consapevoli del “vizio” del metodo di calcolo e del fatto che l’inserimento dell’Euribor manipolato nel regolamento contrattuale possa comportare un significativo squilibrio di diritti e obblighi in danno del cliente-consumatore.
Queste considerazioni si collegano alla diversa previsione, non citata nell’ordinanza di rimessione, contenuta all’art. 34, co. 2, cod. cons., che esclude la valutazione del carattere vessatorio delle clausole che attengono alla determinazione dell’oggetto del contratto e all’adeguatezza del corrispettivo, “purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile”.
La CGUE, di recente, ha avuto modo di tornare sull’interpretazione di questa formula[58], ed ha affermato, richiamando una precedente pronuncia[59], che “il requisito di trasparenza deve essere inteso nel senso che impone, in particolare, che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia posto in grado di comprendere il funzionamento concreto della modalità di calcolo di tale tasso e di valutare in tal modo, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sulle sue obbligazioni finanziarie”.
Alla luce di quanto sostenuto dalla CGUE, viene spontaneo chiedersi se il complesso meccanismo di determinazione dell’Euribor, delineato in precedenza nei suoi tratti essenziali, sia in grado di consentire ad un consumatore medio di comprendere effettivamente le modalità di calcolo e, di conseguenza, l’entità della propria prestazione restitutoria. Infatti, anche l’ordinanza di rimessione, incidentalmente, afferma che “la complessa formula di calcolo dell’Euribor, plausibilmente (risulta) ignota al mutuatario, e non di rado forsanche al mutuante”[60].
Ben si comprende, allora, che la questione relativa alla chiarezza e comprensibilità della clausola determinativa del tasso di interesse parametrato all’Euribor meriterebbe di essere esaminata più attentamente, anche oltre il periodo oggetto dell’accertata alterazione.
Segnatamente, la giurisprudenza europea non ritiene sufficiente che i parametri di calcolo vengano chiaramente individuati sotto il profilo letterale e grammaticale, ma, come detto, richiede che la clausola risulti chiara e comprensibile “in relazione alla sua portata concreta, nel senso che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, deve essere in grado non solo di prendere conoscenza della possibilità di apprezzamento o deprezzamento della valuta estera nella quale il mutuo è stato contratto, ma anche di valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sui suoi obblighi finanziari”[61]. Sebbene la decisione fosse stata resa in relazione al contratto di mutuo indicizzato in valuta estera, le considerazioni fatte dalla CGUE possono facilmente estendersi alla fattispecie in esame, trattandosi di clausole che si agganciano ad un parametro esterno, le cui conseguenze economiche non possono risultare facilmente comprensibili al consumatore medio.
E dunque, data la scarsa chiarezza e comprensibilità, secondo i parametri individuati dalla CGUE, della clausola che richiama l’Euribor, non può ritenersi che questa sia “protetta”, in virtù dell’art. 34, co. 2, cod. cons., dalla verifica di vessatorietà, altrimenti si priverebbe il consumatore di un fondamentale strumento di tutela.
Su questi presupposti dovrebbe essere rivolto uno sguardo più ampio, e più attento, sulla menzionata prassi di determinazione del tasso di interesse in dipendenza dell’andamento dell’Euribor.
Nonostante le posizioni assunte dalla giurisprudenza[62], si dovrebbe puntualmente verificare se la semplice pubblicazione del tasso e delle relative modalità di calcolo sia di per sé idonea a rendere sufficientemente consapevole il mutuatario (consumatore) delle “conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sulle sue obbligazioni finanziarie”. In caso di risposta negativa, ove ne ricorrano le condizioni, e dunque sia accertato un significativo squilibrio di diritti e obblighi nascenti dal contratto, andrebbe attivata, una volta caduto lo schermo di protezione dalla verifica di vessatorietà, la tutela prevista dalla disciplina consumeristica, con le relative ricadute in termini di riequilibrio delle posizioni contrattuali.
Inoltre, è evidente come una artificiosa manipolazione dell’Euribor incrementi ulteriormente i profili di oscurità della clausola, tanto da rendere estremamente difficoltosa, se non impossibile, la ricostruzione del parametro “genuino” da parte del mutuatario, sicché la verifica di chiarezza e comprensibilità apparirebbe assolutamente necessaria in relazione al periodo interessato dall’alterazione.
In ogni caso, se si accertasse la vessatorietà della “clausola Euribor”, sarebbe poi compito del giudice individuare la norma dispositiva da applicare in via sostitutiva. Infatti, la clausola inerente al tasso di interesse sarebbe senz’altro da ritenersi “essenziale” nel regolamento contrattuale, per cui, secondo giurisprudenza ormai consolidata della CGUE[63], al fine di evitare la caducazione dell’intero contratto, che produrrebbe effetti contrari rispetto alle finalità di protezione della normativa consumeristica, aggravando la posizione finanziaria del consumatore, si aprirebbero le porte per una sostituzione della clausola relativa al tasso di interesse. In tal senso, la lacuna del regolamento contrattuale potrebbe essere agevolmente colmata applicando il tasso legale, ex art. 1284 c.c., rispetto al quale si rimanda alle considerazioni prima effettuate.
7. Conclusioni
La salvaguardia della posizione finanziaria di una grande massa di clientela passa attraverso la risoluzione delle questioni che si è avuto sinteticamente modo di tratteggiare. Compito degli interpreti è cercare un fondamento dogmatico che consenta di rispondere ai segnalati bisogni di tutela, tenendo presente che questa risulta tanto più efficace quanto più si riesce ad avvicinare al soddisfacimento dell’interesse protetto.
Il solo rimedio risarcitorio, secondo quanto detto in precedenza, non potrebbe risultare efficace ed effettivo. Infatti, come segnalato, significativi ostacoli, sul piano dogmatico, si incontrerebbero nel far valere la responsabilità aquiliana delle banche autrici della violazione anticoncorrenziale, a meno che non si voglia propendere per la natura speciale della responsabilità da illecito antitrust.
Analogamente, anche se in questo caso per evidenti difficoltà probatorie, appare complesso, per le motivazioni prima enunciate, procedere al risarcimento del danno da dolo incidente della banca mutuante, qualora questa sia estranea all’intesa anticoncorrenziale.
Inoltre, va esclusa la possibilità di ipotizzare una nullità a valle di matrice antitrust, che condurrebbe alla caducazione del contratto di mutuo. Infatti, attraverso la valorizzazione del relevant market, la nullità derivata dei contratti attuativi dell’intesa va delimitata al solo mercato dei derivati, in cui si sono concretamente prodotti gli effetti distorsivi e verso il quale erano indirizzati gli sforzi anticoncorrenziali delle banche autrici della violazione, sicché il mercato dei prestiti, in cui vengono conclusi i contratti di mutuo, non potrebbe risultare direttamente interessato da tale rimedio.
Sulla base delle considerazioni prima svolte, si può ritenere che siano essenzialmente due le vie di tutela percorribili da parte del mutuatario.
Innanzitutto, secondo quanto detto in precedenza, un sentiero in discesa sembra delinearsi per il cliente-consumatore, che sarebbe legittimato ad agire in giudizio per far accertare la vessatorietà della clausola relativa al tasso di interesse parametrato all’Euribor, in quanto contraria agli standard di chiarezza e comprensibilità richiesti dall’art. 34, co. 2, cod. cons., così come interpretato dalla CGUE.
Una volta effettuato con esito positivo tale accertamento, con conseguente espunzione della clausola nulla, al fine di impedire che tale nullità possa estendersi all’intero contratto, in virtù di un orientamento ormai consolidato della CGUE, prima menzionato, il giudice potrà procedere all’inserimento in via sostitutiva del tasso legale, con le relative conseguenze restitutorie in capo alla banca mutuante[64].
Invece, nel caso in cui il mutuatario non sia qualificabile come consumatore, e dunque non possa operare la tutela appena descritta, la via percorribile sarebbe quella di procedere all’accertamento giudiziale della nullità sopravvenuta, per indeterminatezza dell’oggetto, della clausola Euribor durante il periodo in cui la violazione anticoncorrenziale è stata sanzionata[65] (29 Settembre 2005 – 30 Maggio 2008), con il conseguente subentro del tasso legale nel regolamento contrattuale, in modo da colmare la lacuna che deriverebbe dall’espunzione della clausola in questione, secondo il meccanismo in precedenza individuato, operando un coordinamento tra l’art. 1419, co. 2, c.c. e l’art. 1284, co. 2, c.c. In tal modo, si consentirebbe al cliente di agire in giudizio al fine di ottenere la differenza tra la somma corrisposta in virtù del tasso manipolato e quella che avrebbe dovuto versare sulla base del tasso legale, vedendo così ristorato il pregiudizio subito.
Individuati i possibili rimedi, non resta che attendere la pronuncia delle Sezioni Unite.
[1] La sintesi della decisione della Commissione del 4 Dicembre 2013, emessa nei confronti di Barclays, Deutsche Bank, Société Générale e RBS, (caso AT.39914 – Derivati sui tassi di interesse in euro) è reperibile su https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52017XC0630(02)&from=DA. La Commissione ha accertato che le banche destinatarie della decisione hanno adottato pratiche collusive volte all’alterazione dell’Euribor nel periodo compreso tra il 29 Settembre 2005 e il 30 Maggio 2008, al fine di lucrare nel mercato dei derivati sui tassi di interesse in euro (“EIRD”).
[2] La sintesi della decisione della commissione del 7 Dicembre 2016, emessa nei confronti di Crédit Agricole, HSBC e JPMorgan Chase, (caso AT.39914 – Derivati sui tassi di interesse in euro) è reperibile su https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52019XC0408(01). La Commissione ha accertato che le banche in questione hanno adottato, in periodi diversi (tra il 29 Settembre 2005 e il 30 Maggio 2008), pratiche collusive finalizzate a distorcere il normale corso dei componenti di prezzo i derivati sui tassi di interesse in euro (“EIRD”) collegati all’Euribor.
[3] CGUE, 12/01/2023, C-883/19 reperibile su https://curia.europa.eu/jcms/jcms/P_106311/it/.
[4] Come si dirà a breve, l’illecita alterazione del parametro esterno di calcolo del tasso di interesse potrebbe avere, a certe condizioni, dirette ricadute sui contratti che richiamano tale parametro.
[5] Definizione reperibile su <bancaditalia.it>, nella sezione “Glossario”.
[6] La spiegazione del meccanismo di calcolo è reperibile su www.borsaitaliana.it
[7] La possibilità di conoscere in anticipo l’entità dell’Euribor permetteva alle banche partecipanti all’intesa sanzionata di ponderare con precisione le proprie scelte di investimento e di limitare i relativi rischi, ponendosi in posizione privilegiata rispetto alle altre banche operanti in quel settore di mercato. Si v. sul punto le considerazioni svolte da G. Guizzi, Manipolazione dell’Euribor e nullità contratti di finanziamenti a tasso variabile: “ci risiamo”, in Rivista di diritto bancario, 1/2024, p. 32 ss.
[8] Si fa riferimento ai contratti che possono, temporalmente, essere incisi dalla manipolazione dell’Euribor, dunque: contratti stipulati anteriormente all’intesa, che hanno subito gli effetti dell’alterazione medio tempore, cioè per le sole prestazioni eseguite nel periodo compreso tra il 29.09.2005 e il 30.05.2008; contratti conclusi in vigenza dell’accordo anticoncorrenziale, interessati dall’alterazione del parametro rispetto alle prestazioni eseguite fino al 30.05.2008.
[9] L’ingresso del parametro alterato nel regolamento contrattuale potrebbe aver determinato, in virtù del fatto che si tratta di mutui a tasso variabile, un aggravio della prestazione restitutoria in capo al mutuatario, quantificabile nella differenza tra il tasso di interesse che avrebbe dovuto corrispondere in base all’Euribor formato secondo le modalità ordinarie e il tasso che, invece, è stato corrisposto in virtù dell’Euribor illecitamente manipolato.
[10] Cass., 19/07/2024, n. 19900, reperibile su https://www.cortedicassazione.it, con nota di S. Pagliantini-R. Pardolesi, Nullità da Euribor manipolato: alla fiera degli equivoci, in Foro.it, 2024, I, p. 1421 ss.
[11] Cass., 03/05/2024, n. 12007, reperibile su https://www.cortedicassazione.it, con nota di M.F. Campagna, Osservazioni a valle dell’intesa sull’Euribor, in Foro it., 2024, I, p. 1451 ss.
[12] Cass., 13/12/2023, n. 34889, reperibile su https://www.cortedicassazione.it, con nota di S. Pagliantini-D. Santrapia, Un’aberratio ictus bella e buona: Euribor manipolato e nullità parziale dei contratti indicizzati, in Foro it., 2024, I, p. 493 ss. La S.C., in tale pronuncia, relativa ad un contratto di leasing in cui il tasso di interesse dipendeva dall’andamento dell’Euribor, aveva affermato che le decisioni della Commissione europea, con cui venivano sanzionate le condotte anticoncorrenziali di alcune banche comprese nel panel da cui provengono i dati sulla base dei quali viene calcolato l’Euribor, dovevano ritenersi “prova privilegiata a supporto della domanda volta alla declaratoria di nullità dei tassi manipolati ed alla rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione, a prescindere dal fatto che all’intesa avesse o meno partecipato Banco Bpm Spa (banca mutuante)”. Potenzialmente, dunque, stando a quanto affermato in questa decisione, ogni contratto che richiami l’Euribor manipolato, a prescindere dal mercato in cui viene concluso, può essere dichiarato nullo, a prescindere da qualsiasi verifica sulla partecipazione della banca mutuante all’intesa illecita.
[13] Per un quadro generale sulla nullità a valle di matrice antitrust si v., ex multis, A. Bertolotti, Ancora su norme antitrust e contratti a valle, in Giur. it., 2000, p. 1876; M. Libertini, Autonomia privata e concorrenza nel diritto italiano, in Riv. dir. comm., 2002, p. 433 ss.; C. Castronovo, Antitrust e abuso di responsabilità civile, in Danno e resp., 2004, 469 ss.; E. Battelli, Illeciti antitrust e rimedi civili del consumatore, in Contratti, 2006, p. 141 ss.; E. Camilleri, Contratti a valle rimedi civilistici e disciplina della concorrenza, Napoli, 2008; F. Longobucco, Violazione di norme antitrust e disciplina dei rimedi nella contrattazione «a valle», Napoli, 2009; M. Onorato, Nullità dei contratti nell’intesa anticompetitiva, Milano, 2012; R. Federico, Operazione economica e nullità dei contratti derivati da intesa anticoncorrenziale, in Corr. Giur., 2018, p. 1066 ss.
[14]N. Salanitro, Disciplina antitrust e contratti bancari, in Banca, borsa tit. cred., 1996, p. 765 ss.; G. Tucci, Norme bancarie uniformi e condizioni generali di contratto, in Contr., 1996, p. 152 ss.; A. Bertolotti, Illegittimità di norme bancarie uniformi (NBU) per contrasto con le regole antitrust ed effetti sui «contratti a valle»: un’ipotesi di soluzione ad un problema dibattuto, in Giur.it, 1997, p. 351 ss.
[15]A. Guccione, Intese vietate e contratti invalidi a valle. Alcune considerazioni sulla invalidità derivata, in Giur. comm., 1999, p. 449 ss., secondo cui la nullità del contratto a valle deriverebbe dalla contrarietà all’ordine pubblico economico, il cui fondamento viene rintracciato proprio nell’art. 2 della l. 287/1990; M.R. Maugeri, Sulla tutela di chi conclude un contratto con un’impresa che partecipi ad un’intesa vietata, in Riv. dir. comm., 2003, p. 347 ss., secondo cui, invece, la nullità del contratto a valle ex art. 1418, co. 1, discenderebbe dall’abuso di posizione dominante vietato dall’art. 3 della l. 287/1990.
[16] L. Delli Priscoli, La dichiarazione di nullità dell’intesa anticoncorrenziale da parte del giudice ordinario, in Giur comm., 1999, p. 226 ss. e 231
[17] P. Schlesinger, Sul problema della responsabilità per i danni derivanti dalla violazione dei divieti previsti dal progetto governativo di legge a tutela della concorrenza, in Riv. soc., 1960, p. 737 ss.; M. Libertini, Autonomia privata e concorrenza nel diritto italiano, cit., p. 433 ss. e 450.
[18] C. Castronovo, Responsabilità civile antitrust: balocchi e profumi, in Danno e resp., 12/2004, p. 1165 ss.
[19] Si v. E. Camilleri, Contratti a valle, rimedi civilistici e disciplina della concorrenza, cit., p. 96 ss.
[20] R. Tommasini, voce Annullabilità e annullamento, II) Diritto privato, in Enc. giur., vol. I, p. 4. Contra si v. F. Galgano, Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, in Contr. impr., 2000, p. 189 ss.
[21] Cass., S.U., 30/12/2021, n. 41994, reperibile su https://www.cortedicassazione.it , con nota di F. Greco-A. Zurlo, Nullità parziale delle fideiussioni: la sentenza in chiaroscuro delle Sezioni Unite, in Responsabilità Civile e Previdenza, 3/2022, p. 822 ss.
[22] Cass., S.U., 30/12/2021, n. 41994, cit.
[23] Si v. anche Cass., S.U., 04/02/2005, n. 2207, reperibile su https://www.cortedicassazione.it, con nota di B. Inzitari, Abuso da intesa anticoncorrenziale e legittimazione aquiliana del consumatore per lesione alla libertà negoziale, in Danno e resp., 5/2005, p. 495 ss.
[24] Cass., 19/07/2024, n. 19900, cit.
[25] Dal punto di vista dogmatico, va evidenziata l’importanza della nozione di relevant market quale argine alla propagazione degli effetti anticoncorrenziali, al fine di evitare che i contratti conclusi in altri mercati, che non costituiscono attuazione di un accordo illecito, e verso i quali, dunque, non si indirizzano i bisogni di tutela su cui si fonda la normativa antitrust, possano essere direttamente interessati dalle possibili ricadute invalidanti.
Sul piano pratico, si deve rimarcare l’esigenza di garantire la stabilità del mercato e la certezza dei rapporti giuridici, che verrebbe pregiudicata da un’indiscriminata estensione degli effetti dell’illecito antitrust, con conseguente caducazione di ogni rapporto contrattuale che faccia riferimento, anche indirettamente, ad un parametro alterato.
[26] Cass., 19/07/2024, n. 19900, cit.
[27] Sul punto va segnalata la recente ordinanza della Corte d’appello di Cagliari, del 24/01/2025, con cui la questione relativa alla qualificazione dei contratti di mutuo parametrati all’Euribor manipolato, quali contratti a valle dell’intesa illecita, sanzionata dalla Commissione europea, è stata rimessa alla CGUE, chiamata a pronunciarsi sulla possibilità che, in virtù della normativa a tutela dell’integrità del mercato, la nullità derivata antitrust possa estendersi anche a settori di mercato diversi da quello in cui la violazione anticoncorrenziale ha prodotto i suoi effetti. Una sintesi dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale è reperibile su https://www.dirittobancario.it/art/manipolazione-euribor-rinvio-alla-corte-di-giustizia-ue/
[28] Cass., 13/12/2023, n. 34889, cit.
[29] A. Gentili, Sulla tutela del cliente nel ‘contratto a valle’ (il caso Euribor), in Rivista di Diritto Bancario, 1/2024, p. 23.
[30] E. Camilleri, Intesa sugli EIRD e finanziamenti indicizzati all’Euribor: il magnetismo resistibile della nullità, in Nuova giur. civ. comm., 5/2024, p. 9.
[31] Si v. le considerazioni svolte da E. Camilleri, Intesa sugli EIRD e finanziamenti indicizzati all’Euribor: il magnetismo resistibile della nullità, cit., p. 11.
[32] Il cliente dovrebbe provare in giudizio che la banca, non partecipante all’intesa, fosse consapevole di una condotta di altre banche volta all’alterazione dell’Euribor, assunto quale parametro esterno di calcolo.
[33] Cass., 03/05/2024, n. 12007, cit.
[34] L’affermazione contenuta nella sent. Cass., 03/05/2024, n. 12007, cit., intende evidenziare come l’alterazione illecita dell’Euribor abbia reso indeterminabile la pattuizione relativa al tasso di interesse previsto nel contratto, con conseguente impossibilità di ricostruire il parametro genuino, da cui discende la nullità della relativa clausola.
[35] S. Pagliantini – R. Pardolesi, Nullità da Euribor manipolato: alla fiera degli equivoci, cit., c. 1447.
[36] Si v. sul punto le considerazioni svolte da E. Camilleri, Contratti a valle, rimedi civilistici e disciplina della concorrenza, cit., p. 120-121, in cui si fa notare, a proposito della sostituzione con norme dispositive (relative al tipo contrattuale nel caso di specie), che “le norme che possono mettere capo al meccanismo della nullità parziale, con sostituzione di clausole, sono solo quelle inderogabili, siccome imperative: attributo questo che, salvo eccezioni, non può essere viceversa riferito alle norme integranti i tipi contrattuali”.
[37] Sul rilievo da attribuire alla volontà del cliente rispetto alla sostituzione della clausola nulla si v. C.A. Valenza, Mutui in valuta estera: sulla volontà del consumatore quale limite all’integrazione del contratto mediante norma suppletiva, in Nuova giur. comm., 5/2023, p. 1018 ss.
[38] Si v., ex multis, G.B. Ferri, Ordine pubblico e buon costume nel sistema del diritto privato attuale, Milano, 1970; G. De Nova, Nullità relativa, nullità parziale e clausole vessatorie non specificamente approvate per iscritto, in Riv. dir. civ., 1976, II, p. 487 ss.; M. Franzoni, Degli effetti del contratto, v. II, Integrazione del contratto. Suoi effetti reali e obbligatori, in Comm. Schlesinger, Milano, 1999, p. 22 ss. Sulle fonti della sostituzione della clausola nulla si v. G. Patti-S. Patti, Responsabilità precontrattuale e contratti standard, Milano, 1993, p. 249 ss.
[39] G. Guizzi, Manipolazione dell’Euribor e nullità dei contratti di finanziamento a tasso variabile: “ci risiamo!”, cit., p. 50, il quale sostiene che ove si invocasse, a suo avviso erroneamente, il rimedio della nullità parziale delle clausole che richiamano l’Euribor nei contratti a valle, si dovrebbe optare per l’applicazione dell’art. 117, co. 7, TUB, quale “norma generale di riferimento per l’integrazione dei contratti di finanziamento in presenza di qualunque tipo di nullità affligga le clausole determinative del tasso”.
[40] Si v., a titolo meramente esemplificativo, le motivazioni contenute nella decisione dell’ABF n. 9896 del 10 aprile 2019, reperibile su https://www.arbitrobancariofinanziario.it/decisioni/index.html
[41] Per approfondire lo studio relativo all’incidenza della manipolazione dell’Euribor sui contratti di mutuo nel periodo interessato dalla manipolazione, si v. A. Rodríguez López – H. Fernandez Abascal – J.J. Maté García – J.M. Rodríguez Fernández – J. L. Rojo García – J. A. Sanz-Gómez, Evaluating Euribor Manipulation: Effects on Mortage Borrowers, in Finance Research Letters, 2021.
[42] E. Camilleri, Intesa sugli EIRD e finanziamenti indicizzati all’Euribor: il magnetismo resistibile della nullità, cit., p. 11.
[43] Sull’operatività della tutela prevista all’art. 1440 c.c. nel caso di violazioni della disciplina a tutela della concorrenza si v., in generale, le considerazioni svolte da E. Camilleri, Contratti a valle, rimedi civilistici e disciplina della concorrenza, cit., p. 444 ss.
[44] Si v., ex multis, P. Gallo, I vizi del consenso, in E. Gabrielli (a cura di), Contratti, I contratti in generale, I, in Trattato Rescigno e Gabrielli, Torino, 2006, p. 465; R. Sacco, voce Dolo omissivo e obbligo di informazione, in Dig. dir. priv. Sez. civ., agg., VI, Torino, 2011, p. 357; M. Fazio, Dolo omissivo e doveri di informazione, in I Contratti, 1/2019, p. 62-71.
[45] S. Pagliantini – R. Pardolesi, Nullità da Euribor manipolato: alla fiera degli equivoci, cit., p. 1443.
[46] Per un’analisi approfondita della responsabilità aquiliana si v., ex multis, P. Schlesinger, Il problema del risarcimento del danno, in Jus, 1960, p. 336 ss.; S. Rodotà, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964; C. Salvi, Il danno extracontrattuale. Modelli e funzioni, Napoli, 1985; M. Libertini, Le nuove frontiere del danno risarcibile, in Contr. e impr., 1987, p. 105 ss.; G. Alpa, Il problema dell’atipicità dell’illecito, Napoli, 1979; M. Serio, Studi comparatistici sulla responsabilità civile, Torino, 2007; C. Castronovo, Responsabilità civile, Milano, 2018; G. Alpa, La responsabilità civile, Milano, 2018; F.D. Busnelli, Responsabilità aquiliana e diritto giurisprudenziale positivo, in Danno e responsabilità, 5/2022, p. 571 ss.
[47] Cass. Sez. U., 04/02/2005, n. 2207, reperibile su https://www.cortedicassazione.it, con nota di A. Nervi, La difficile integrazione tra diritto civile e diritto della concorrenza, in Riv. dir. civ., 2005, II, p. 495 ss.
[48] Sulla possibilità, per i clienti di banche estranee all’intesa che abbiano stipulato contratti di mutuo parametrati all’Euribor nel periodo dell’accertata violazione, di chiedere il risarcimento del danno alle banche aderenti all’accordo anticoncorrenziale, si esprime, ex multis, G. Guizzi, Manipolazione dell’Euribor e nullità contratti di finanziamento a tasso variabile: “ci risiamo!”, cit., p. 47-48, il quale richiama la fraud on the market theory di C. Angelici, Sul mercato finanziario, amministratori e responsabilità, in Riv. dir. comm., 2010, I, p. 1 ss.
[49] Questa la considerazione critica fatta da E. Camilleri, Il risarcimento del danno da violazione del diritto della concorrenza: ambito di applicazione e valutazione del danno, in Nuove leggi civ. comm., 2018, p. 153.
[50] E. Camilleri, Contratti a valle, rimedi civilistici e disciplina della concorrenza, cit., p. 158; inoltre, si v., in tema di risarcibilità del danno da illecito antitrust, l’analisi della direttiva 2014/104/UE, recepita con d.lgs. 3/2017, svolta da E. Camilleri, Il risarcimento del danno da violazione del diritto della concorrenza, cit., p. 143 ss. Sulla legittimazione degli acquirenti indiretti si v., ex multis, F. Mezzanotte, Il trasferimento del sovrapprezzo anticoncorrenziale, in Nuove leggi civ. comm., 2018, p. 215 ss.
[51] Per un approfondimento sull’illecito antitrust si v., senza pretese di completezza, A. Toffoletto, Il risarcimento del danno nel sistema delle sanzioni per la violazione della normativa antitrust, Milano, 1996; L. Delli Priscoli, Consumatori e danno derivante da condotte anticoncorrenziali, in Danno e resp., 2005, p. 49 ss.; E. Salomone, Il risarcimento del danno da illeciti antitrust: profili di tutela interna e comunitaria, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, p. 875 ss.; M. Libertini, La determinazione del danno risarcibile nella proposta di direttiva comunitaria sul risarcimento del danno antitrust. Alcune osservazioni preliminari, in Conc. e merc., 2014, p. 265 ss.; R. Pardolesi, Il nuovo corso del «private enforcement» del diritto della concorrenza: sovrapprezzo praticato da impresa estranea al cartello e risarcimento del danno, in Foro it., 2014, IV, p. 342-345; E. Camilleri, Il risarcimento per violazioni del diritto della concorrenza: ambito di applicazione e valutazione del danno, cit., p. 143 ss.; M. Barela, Percezione del danno e prescrizione del diritto al risarcimento nell’illecito antitrust, in Foro.it, 2020, I, p. 3612 ss.; G. Parodi, L’accertamento definitivo dell’illecito “antitrust” nella nuova disciplina del “private enforcement”. Su alcune questioni di rilievo costituzionale, in Contr. e impr., 2021, p. 1140 ss.; G. Guizzi, illecito concorrenziale, contratto e rimedi: notazioni critiche a margine delle Sezioni unite sulla nullità dei “contratti a valle”, in Europa e diritto privato, 2024, p. 170 ss.
[52] CGUE, 5 giugno 2014, C-557/12, reperibile su https://curia.europa.eu/jcms/jcms/P_106311/it/, con nota di C. Lombardi, E piovve anche sotto l’ombrello: umbrella effects e nesso di causalità in ambito antitrust secondo la Corte di giustizia, in Danno e Responsabilità, 7/2014, p. 707.
[53] CGUE, 12 dicembre 2019, C-435/18, reperibile su https://curia.europa.eu/jcms/jcms/P_106311/it/, con nota di A.P. Massaro, Private antitrust enforcement e legittimazione ad agire degli enti, in Giurisprudenza Italiana, 12/2020, p. 2693 ss.
[54] E. Camilleri, Intesa sugli EIRD e finanziamenti indicizzati all’Euribor: il magnetismo resistibile della nullità, cit., p. 1065 ss.
[55] La questione viene affrontata da M. De Poli, I contratti bancari nel diritto comunitario ed internazionale, in AA. VV., I contratti bancari a cura di E. Capobianco, in Trattato dei contratti, P. Rescigno-G. Gabrielli, Torino, 2016, p. 96.
[56] M. F. Campagna, Osservazioni a valle dell’intesa sull’Euribor, in Foro.it, 2024, I, p. 1457.
[57] La mancata partecipazione della banca all’intesa vietata comporta non soltanto che questa non possa “controllare” il parametro manipolato, ma anche che questa, salvo prova contraria, non sia a conoscenza dell’alterazione.
[58] CGUE, 13 luglio 2023, C-265/22 reperibile su https://curia.europa.eu/jcms/jcms/P_106311/it/
[59] CGUE, 3 marzo 2020, C-125/18 reperibile su https://curia.europa.eu/jcms/jcms/P_106311/it/
[60] Cass., 19/07/2024, n. 19900, cit., in cui si evidenzia come il mutuatario non possa essere sufficientemente consapevole delle modalità di formazione dell’Euribor, e dunque non sia in grado di valutare adeguatamente le conseguenze economiche sulla propria prestazione della clausola che richiama tale parametro.
[61] Si v. la sent. della CGUE, 18 novembre 2021, C-212/20, reperibile su https://curia.europa.eu/jcms/jcms/P_106311/it/, relativa ai mutui indicizzati in valuta estera, sempre più al centro del dibattito della giurisprudenza europea per la loro scarsa compatibilità con gli standard di chiarezza e comprensibilità imposti dalla disciplina consumeristica. Sulla prassi di indicizzazione in valuta estera si v., ex multis, A. Dalmartello, Trasparenza dei mutui in valuta estera, in La Nuova Giur. Civ. Comm., 9/2017, p. 1154 ss.; M. De Pamphilis, Profili di nullità nei mutui indicizzati in valuta estera, in Corr. giur., 2017, p. 1098-1109; F. Pistelli, Scelta del rimedio e sua convenienza: il caso dei finanziamenti in valuta straniera ai consumatori, in Jus civile, 2022, p. 1060 ss.; C.A. Valenza, Mutui in valuta estera: sulla volontà del consumatore quale limite all’integrazione del contratto mediante norma suppletiva, cit.
[62] Cass., 27/12/2023, n. 36026, reperibile su https://www.cortedicassazione.it, relativa al tasso Libor, per cui potrebbero essere svolte le medesime considerazioni fatte in ordine all’Euribor.
[63] Si v., a titolo meramente esemplificativo, CGUE, 30/04/2014, C-26/13 reperibile su https://curia.europa.eu/jcms/jcms/P_106311/it/
[64] Una volta inserito, in via sostitutiva, il tasso di interesse legale nel regolamento contrattuale, la banca sarebbe chiamata a restituire l’eccedenza tra la somma pagata dal cliente in virtù della clausola nulla e la somma che, invece, avrebbe dovuto corrispondere sulla base del tasso legale.
[65] Si vuole fare riferimento alla soluzione proposta dalla sentenza dello scorso Maggio, già brevemente esaminata in precedenza, in relazione alla nullità parziale sopravvenuta della clausola Euribor per indeterminatezza dell’oggetto a seguito dell’alterazione illecita del parametro esterno di calcolo del tasso di interesse, che renderebbe impossibile ricostruire il parametro “genuino”.